Autore: ugo Data: To: aderentiretecontrog8, forumgenova Oggetto: [NuovoLab] PACCHETTO SICUREZZA
Solamente i quotidiani "AVVWENIRE", l'UNITA' "LIBERAZIONE" "IL MANIFESTO" E "LA
STAMPA" oggi aprono la prima pagina con la notizia dell'uccisione di Antonio
e ora anche di Roberto i due giovani operai morti nell'acciaieria ThyssenKrupp
di Torino. Per loro nessun "pacchetto sicurezza".Stavano lavorando da 12 ore in
quella logica che ormai è stata inculcata nella mente dei giovani lavoratori
che lo straordianario è l'unico modo per poter portare a casa uno stipendio
che gli permetta di sopravvivere.
La parola straordinario ha ormai perso il suo significato in quanto è prassi
giornaliera delle nostre moderne industrie metalmeccaniche .
I metalmeccanici, nel silenzio più totale, stanno facendo una lotta per poter
arrivare alla conclusione del loro contratto nella cui piattaforma la parte
normativa e sopratutto sulle gestioni dell'orario di lavoro edella sicurezza
rappresentano il nodo principale. Non sono certo i pochi euri di aumento che
per altro sono dovuti in quanto adeguamenti all'iflazione reale di questi
ultimi anni che impediscono la firma di questo contratto, ma è propio la
questione della regolamentazione 'orario di lavoro e degli straordinari che i
padroni si vogliono avvocare in modo unilaterale al massimo scambiandola con un
piatto di lenticchie.
Riporto qui di seguito l'editoriale di Loris Campetti sul manifesto di oggi
FLESSIBILI DA MORIRE
Era molto flessibile Antonio un giovane di 36 anni ucciso ieri alla
Thyssenkrup Torino. Ucciso non da un incidente, non da un infortunio: ucciso
dallo sfruttamento selvaggio che fa tirare a mille gli impianti fino a
esplodere le macchine e costringe a un lavoro bestiale gli operai. Al momento
in cui quel maledetto tubo che trasportava olio bollente è stato colpito da una
scintilla sprigionata dal quadro elettrico sè spezzato, trasformandosi in un
lanciafiamme, Atonio e una decina di ragazzi come lui sono stati colpiti. Tutto
e tutti hanno preso fuoco, gli estintori non funzionavano, la linea 5 delle ex
Fernere sembrava una città bombardata con il napalm, raccontano i
sopravvissuti. Quando si è trasformato in una torcia umana, alle due di notte,
Antonio era alla quarta ora di straordinario. Dunque era alla dodicesima ora di
lavoro in quell’inferno. Antonio era molto flessibile, come tutti gli altri
ragazzi della Thyssenkrupp. Alle 12 ore dì lavoro ne a aggiungeva ogni giorno
due o tre viaggio da casa, nel Cuneese, alla fabbrica, e ritorno. Non è che gli
restasse molto tempo per la sua compagna e i suoi tre bambini, la più gran de
di 6 anni e il più piccolo di 2 mesi Antonio era proprio il tipo di operaio di
cui ha bisogno un padrone tedesco che decide di chiudere la fabbnica di Torino
per portare la produzione in Germania, ma prima di mettere i sigilli agli
impianti vuole tirare fino all’ultima goccia di sangue alle macchine e agli
uomini, ai ragazzi Per questo una decina di loro ha preso fuoco, nel 2007, nell’
occidente avanzato, sotto il comando cli Thyssenkrupp, un nome che se scomposto
in due rimanda ad altri fuochi, un altro secolo, a un’altra guerra. C’è la
fila, adesso, di quelli che si lamentano per la mancanza di sicurezza sul
lavoro. Forse tutti si erano distratti: presi com’erano a combattere l’
insicurezza provocata dai ru meni si sono dimenticati della guerra quotidiana
in fabbrica, nei campi nei cantieri. Chi oggi dice che servono maggiori misure
di sicurezza su lavoro dovrebbe aggiungere che il modello sociale ed economico
dominante è criminale. Chi chiede di produrre di più, per più ore nel giorno
per più anni nella vita è corresponsabile dei crimini quotidiani sul lavoro. La
sicurezza è incompatibile cm l’accumulazione selvaggia, togliendo dignità e
diritti ai lavoratori siau menta l’insicurezza, sul lavoro e nella vita.
I teorici del liberismo, della fine del welfare, di quella che spudoratamente
chiamano flessibilità ma che per noi è precarietà, hanno tutti i diritti nella
nostra società. Ma uno almeno non ce l’hanno: quello di piangere i morti sul
lavoro perché quei morti sono vittime della loro cultuia e della loro fame di
danaro e di potere. I tre bambini di quel paesino del cuneese che si chiama
Envie non sanno che farsene delle loro lacrime. E noi con loro. Probabilmente i
cancelli della fabbrica torinese della Thyssenkrupp non riaprirà mai più.
Speriamo che non riapra più, il prezzo da pagare per tenerla aperta è troppo
alto.
fonte "il manifesto"
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Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal
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