"Mena-pace" e "pratica guerra" ma per etica della responsabilità!
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Date : Fri, 23 Nov 2007 18:35:11 +0100
Subject : [Lecce-sf] la Menapace a padre Alex
> lettera aperta
> Caro Alex, ciò che serve è un paziente lavoro
> Lidia Menapace
>
> Caro Zanotelli, ti rispondo innanzitutto con le parole di Domenico
> Jervolino arrivate neanche a farlo apposta nella mia mail ieri: «Se ci
> contentiamo di salvarci l'anima, votare contro (e tutto resta come prima,
> anzi peggio) allora Alex ha ragione. Se invece la politica è un lavoro
> paziente e faticoso per spostare in avanti gli equilibri nella situazione
> data (etica della responsabilità) credo che difficilmente si potrebbe fare
> meglio di quanto stanno facendo oggi i compagni al Senato». «Naturalmente
> si può discutere politicamente sulla partecipazione al governo ma è
> profondamente ingiusto presentare quei compagni come se fossero dei
> traditori e additarli al pubblico ludibrio». Parole confortevoli e serie.
> La questione infatti non è - di volta in volta - rimanere esterrefatti
> perché la Tavola per la pace proprio quest'anno ha tolto la pace dalla
> piattaforma della marcia Perugia- Assisi, o perché la Finanziaria viene
> votata nel testo concordato in maggioranza, e che è già il frutto di un
> lavoro tenacissimo dei compagni e delle compagne che hanno lavorato nelle
> Commissioni: la questione è se ci si debba considerare legati al patto di
> sostenere questo governo o se invece si viene formalmente sollecitati a
> farlo cadere. E la stessa cosa mi sentirei di dire ai compagni del
> manifesto quando ci attaccano a sproposito come ieri anche a pagina 4, su
> quanto ha giustamente detto Napolitano dei rumeni, accusandoci di silenzio
> colpevole perché staremmo cedendo sul decreto sicurezza. Che non è vero e
> che è la Sinistra a battersi per ridurre il danno al minimo lo sanno anche
> i sassi. Perché fate finta di non saperlo voi? Ho già detto che mi
> considero legata al patto con gli elettori, ma sono aperta al dibattito su
> questo tema, purché fosse indicato così: bisogna buttare giù questo
> governo, e indicare quali vantaggi ne seguirebbero.
> Il nodo delle spese militari non è di oggi né di ieri. Abbiamo ereditato
> una situazione pressappoco così fatta: le fabbriche d'armi si chiamano
> «industrie della difesa» si trovano nel bilancio dello stato tra le spese
> produttive e le stesse fabbriche d'armi si considerano orgogliosamente la
> colonna portante del bilancio dello stato. Tutto ciò è conseguenza di una
> «interpretazione» dell'articolo 11 proposta anni fa dal generale Jean,
> secondo la quale la difesa deve intendersi non più come difesa del
> «territorio» nazionale, bensì degli «interessi» nazionali ovunque nel
> mondo, anche con forze di intervento rapide. Contro questa interpretazione
> si batté invano Raniero La Valle, il quale aveva proposto di definire
> meglio l'articolo 11 con legge ordinaria per riportarlo al suo significato
> autentico.
> Oggi (ma bisognerebbe interpellare dei costituzionalisti esperti)
> bisognerebbe forse aprire una controversia attraverso la Corte
> costituzionale. Di questo tipo mi pare potrebbero essere azioni di
> movimento, visto che appelli generici, anche se generosi, non ottengono
> nulla.
> Infatti, e questa è la seconda grave questione, si è largamente diffusa e
> anche ha messo radici una cultura che considera la guerra come una ratio
> nemmeno tanto extrema. Non è infatti un mistero che la destra fornirebbe
> voti in quantità sulle spese militari: in quantità, ma non gratuitamente e
> se il governo si fosse trovato in minoranza su quei capitoli, la sua
> caduta sarebbe stata molto probabile.
> Come si vede tutto ci rimanda alla questione fondamentale: chi giudica
> negative, immorali, vergognose le nostre posizioni, ci chiede di far
> cadere il governo? E allora lo dica chiaro e ci spieghi anche che tipo di
> appoggio ci darebbe e con quali argomenti in seguito. La situazione è
> serissima: personalmente credo che dobbiamo volere che il governo resista
> più a lungo di Bush, che consolidi rapporti in Europa per il rientro (ad
> esempio) dall'Afghanistan. Una volta raggiunti questi «obiettivi
> intermedi» si può discutere di modifiche del governo. E intanto si sarà
> visto quale sia la reale forza dei due grandi partiti virtuali che
> occupano un dilatatissimo «centro» tutto democratico, tutto moderato,
> tutto riformista. Se non siamo capaci di vedere lo spazio culturale,
> sociale, politico che resta a sinistra e non mettiamo in opera tutte le
> nostre capacità compositive e di raccordo, può capitarci - meritatamente -
> di scomparire dalla storia.
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