[Lecce-sf] la Menapace a padre Alex

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Author: Silverio Tomeo
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To: social forum
Subject: [Lecce-sf] la Menapace a padre Alex
lettera aperta
      Caro Alex, ciò che serve è un paziente lavoro
      Lidia Menapace


      Caro Zanotelli, ti rispondo innanzitutto con le parole di Domenico 
      Jervolino arrivate neanche a farlo apposta nella mia mail ieri: «Se ci 
      contentiamo di salvarci l'anima, votare contro (e tutto resta come prima, 
      anzi peggio) allora Alex ha ragione. Se invece la politica è un lavoro 
      paziente e faticoso per spostare in avanti gli equilibri nella situazione 
      data (etica della responsabilità) credo che difficilmente si potrebbe fare 
      meglio di quanto stanno facendo oggi i compagni al Senato». «Naturalmente 
      si può discutere politicamente sulla partecipazione al governo ma è 
      profondamente ingiusto presentare quei compagni come se fossero dei 
      traditori e additarli al pubblico ludibrio». Parole confortevoli e serie. 
      La questione infatti non è - di volta in volta - rimanere esterrefatti 
      perché la Tavola per la pace proprio quest'anno ha tolto la pace dalla 
      piattaforma della marcia Perugia- Assisi, o perché la Finanziaria viene 
      votata nel testo concordato in maggioranza, e che è già il frutto di un 
      lavoro tenacissimo dei compagni e delle compagne che hanno lavorato nelle 
      Commissioni: la questione è se ci si debba considerare legati al patto di 
      sostenere questo governo o se invece si viene formalmente sollecitati a 
      farlo cadere. E la stessa cosa mi sentirei di dire ai compagni del 
      manifesto quando ci attaccano a sproposito come ieri anche a pagina 4, su 
      quanto ha giustamente detto Napolitano dei rumeni, accusandoci di silenzio 
      colpevole perché staremmo cedendo sul decreto sicurezza. Che non è vero e 
      che è la Sinistra a battersi per ridurre il danno al minimo lo sanno anche 
      i sassi. Perché fate finta di non saperlo voi? Ho già detto che mi 
      considero legata al patto con gli elettori, ma sono aperta al dibattito su 
      questo tema, purché fosse indicato così: bisogna buttare giù questo 
      governo, e indicare quali vantaggi ne seguirebbero. 
      Il nodo delle spese militari non è di oggi né di ieri. Abbiamo ereditato 
      una situazione pressappoco così fatta: le fabbriche d'armi si chiamano 
      «industrie della difesa» si trovano nel bilancio dello stato tra le spese 
      produttive e le stesse fabbriche d'armi si considerano orgogliosamente la 
      colonna portante del bilancio dello stato. Tutto ciò è conseguenza di una 
      «interpretazione» dell'articolo 11 proposta anni fa dal generale Jean, 
      secondo la quale la difesa deve intendersi non più come difesa del 
      «territorio» nazionale, bensì degli «interessi» nazionali ovunque nel 
      mondo, anche con forze di intervento rapide. Contro questa interpretazione 
      si batté invano Raniero La Valle, il quale aveva proposto di definire 
      meglio l'articolo 11 con legge ordinaria per riportarlo al suo significato 
      autentico. 
      Oggi (ma bisognerebbe interpellare dei costituzionalisti esperti) 
      bisognerebbe forse aprire una controversia attraverso la Corte 
      costituzionale. Di questo tipo mi pare potrebbero essere azioni di 
      movimento, visto che appelli generici, anche se generosi, non ottengono 
      nulla. 
      Infatti, e questa è la seconda grave questione, si è largamente diffusa e 
      anche ha messo radici una cultura che considera la guerra come una ratio 
      nemmeno tanto extrema. Non è infatti un mistero che la destra fornirebbe 
      voti in quantità sulle spese militari: in quantità, ma non gratuitamente e 
      se il governo si fosse trovato in minoranza su quei capitoli, la sua 
      caduta sarebbe stata molto probabile. 
      Come si vede tutto ci rimanda alla questione fondamentale: chi giudica 
      negative, immorali, vergognose le nostre posizioni, ci chiede di far 
      cadere il governo? E allora lo dica chiaro e ci spieghi anche che tipo di 
      appoggio ci darebbe e con quali argomenti in seguito. La situazione è 
      serissima: personalmente credo che dobbiamo volere che il governo resista 
      più a lungo di Bush, che consolidi rapporti in Europa per il rientro (ad 
      esempio) dall'Afghanistan. Una volta raggiunti questi «obiettivi 
      intermedi» si può discutere di modifiche del governo. E intanto si sarà 
      visto quale sia la reale forza dei due grandi partiti virtuali che 
      occupano un dilatatissimo «centro» tutto democratico, tutto moderato, 
      tutto riformista. Se non siamo capaci di vedere lo spazio culturale, 
      sociale, politico che resta a sinistra e non mettiamo in opera tutte le 
      nostre capacità compositive e di raccordo, può capitarci - meritatamente - 
      di scomparire dalla storia.