Con la sua solita certezza, e persino con l'aria annoiata di chi si è stufato
di insistere sulle ovvIetà, interrogato qualche giorno fa da Lucia Annunziata
sul problema dell'energia, l'on. Casini ha risposto: «sono anni che dico che
occorre tornare al nucleare. Non ci sono altre soluzioni». Come lui la pensano
in molti, purtroppo anche autorevoli esponenti del governo di centro sinistra.
Siccome non si tratta di persone che abbiano interessi nell'industria del
settore, quanto consigliano dipende solo dall'ignoranza.
All'Assemblea Mondiale sulle Energie Rinnovabili - promossa nei giorni scorsi
da Eurosolar e dal World Council for Renewable Energy, che ogni anno, nel suo
appuntamento a Bonn, fa il punto sui problemi energetici, contando sulla
partecipazione di esperti e legislatori provenienti da tutti i continenti - per
scartare l'ipotesi del nucleare sono state necessarie poche parole: non è una
soluzione, non solo per via della sicurezza che non può essere assicurata; non
solo perché non si è ancora riusciti a individuare il modo di disfarsi delle
scorie radioattive; non solo perché per costruire una centrale ci vogliono più
di due decenni e un investimento gigantesco. Non solo per tutto questo, che
sarebbe già di per sé abbastanza, ma per la semplicissima ragione aggiuntiva
che se il numero delle centrali nucleari funzionanti resterà quello attuale, le
risorse di uranio saranno esaurite entro 70 anni. Se se ne costruiscono altre,
la data è naturalmente anticipata. *
Se dunque l'Italia seguisse i consigli che l'on. Casini elargisce con l'aria
di chi è il solo ad essere dota¬to di buon senso, impegnerebbe una quantità di
risorse economiche per fare qualche centrale che, una volta entrata in funzione
intorno al 2025, troverebbe che l'uranio necessario a funzionare costa in modo
spropositato perché ormai scarsissimo. E dopo qualche altro decennio non ce ne
sarebbe più nemmeno a carissimo prezzo. Un progetto davvero di buon senso.
Che fare dunque? Il pregio della Assemblea di Bonn è che, a differenza di
moltissime altre che si occupano del problema, a tenere banco non sono le
grandi società che operano nel settore energetico tradizionale e che pur avendo
dovuto oramai assumere qualche iniziativa nel settore delle rinnovabili,
con¬tinuano a lavorare affinché nulla davvero cambi. I protagonisti sono quelli
che possono parlare di esperienze "concrete. Non si tratta più dunque di
inseguire progetti teorici o fantastiche utopie: basterebbe oramai seguire gli
esempi di chi quei progetti ha realizzato e ne sta sperimentando il
funzionamento.
Ce ne sono per fortuna parecchi in giro per il mondo, dal Canada alla
Germania, agli stessi Stati uniti. Ma c'è sopratutto la Cina che, pro¬prio
perché povera di energia e affamata di combustibile per via del suo rapido
sviluppo, è stata indotta a prendere coscienza del fatto che non avrebbe potuto
mai rispondere alla crescente domanda ricorren¬do solo alle fonti energetiche
tradi¬zionali, visto anche lo scenario apocalittico disegnato dai suoi disastri
ambientali. E perciò si è messa a lavorare seriamente ad un gigantesco progetto
di riconversione del proprio sistema energetico.
Il «rinnovamento» cinese
«Abbiamo capito che il proble¬ma che avevamo di fronte era così grosso che ne
saremmo potuti usci¬re solo ripensando tutto» - ha detto Dinghua Shi,
consigliere per l'energia nel Consiglio di Stato cinese. A partire dal 2002 -
ha raccontato - è stato creato un quadro legale adeguato secondo linee che
abbiamo derivato dalle «best practices» degli altri paesi, e allocato una parte
consistente di fondi per la ricerca nel settore e per attuare le prime fasi di
un programma di lungo periodo: il progetto «Grande muraglia». Gli obiettivi per
il 2020 sono i se¬guenti: fonti idriche dagli attuali 130 GW a 300 (anche se le
grandi di¬ghe rischiano di avere enormi con¬traccolpi sociali e ambientali);
eolico da 2,6 GW a 30; biomasse da 2,0 GW a 30; fotovoltaico da 0,08 GW a 1,8
GW. Complessivamente l'obiettivo è di passare dall'attuale 8% di rinnovabili al
15 %. E davanti a Pu-dong (la nuova città costruita den-t ro la stessa
Shanghai) è già sorta una nuova città di 50.000 abitanti, interamente solare.
È il mondo rutto, del resto, che ha cominciato a muoversi. Lo prova il corposo
studio del 2007 della Ren21 (Renewable Energy Policy Networks for thè 21st
Century) presentato alla Conferenza da uno scienziato americano che insegna
all'Università Tsinghua di Pechino, Eric Martinot. Solo alcuni dati indi¬cativi
per dare un'idea di cosa acca¬de nel mondo:
1) tendenze degli investimenti per le energie rinnovabili nel 2006: 12
miliardi di dollari la Germania; 10 la Cina; 5 gli Usa (di cui il 43 %per
l'eolico, il 30% per il fotovoltaico, il 10% per il termosolare).
2) I primi cinque paesi nella graduatoria dell'incremento di capacità nel
corso del 2006. Per settore eolico: Usa, Germania, India, Spagna, Cina; nel
2007 la Cina ha «aggiunto» una capacità di riscaldamento dell'acqua pari al
79,6% (segue l'Unione europea con un più 12,2 %, l'India con il 2%, gli altri
al di sotto); tasso di crescita annuale della capacità energetica da fonti
rinnovabili fra il 2000 e il 2004: per il fotovoltaico collegato alla rete
+60%, eolico +28%, biodiesel +25 solare termico +18%, fotovoltaico non
collegato alla rete +25%, etanolo+15%, piccole idrocentrali +8;
3) D numero di posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili ha
raggiunto i 2 ' milioni e500.000. L'industria eolica ha avuto un tale
sviluppo che non è riuscita a rispondere alla domanda di turbine.
4) una legislazione intesa a promuovere la conversione verso lefonti
rinnovabili esiste ormai in 56paesi.
Oltre alla Cina e alla Germania, il cui impegno dura da più tempo, è la Spagna
a collocarsi fra i primi paesi. E in particolare la città di Barcellona. Qui
dal 2000 è obbligato-rio per tutti i nuovi edifici disporre
dell'approvvigionamento per l'acqua calda con termosolare (altre 60
municipalità spagnole hanno seguito l'esempio).
Il dibattito sull'etanolo
Quanto al problema etanolo, all'Assemblea se ne è molto discus¬so, convergendo
sulla considerazione che i biocombustibili non sono buoni o cattivi di per sé
ma a secon¬do delle modalità in cui vengono prodotti. Poiché, se si esclude la
canna da zucchero che non desta preoccupazioni perché la sua coltivazione non
necessita di fertilizzan¬ti, non esistono ancora dati suffi¬cienti a misurare
le possibili conseguenze (non solo dal punto di vista dei bisogni nutritivi ma
per il saldo negativo che potrebbe risultare dal calcolo fra energia investita
per pro¬durre questo tipo di combustìbile e energia ricavata) e dunque sarebbe
necessario chiedere una moratoria (non per le piccole produzioni comunitarie).
Naturalmente le esperienze posi¬tive sono ancora gocce nell'oceano.
Interessante è verificare il fatto che vi è ormai una riflessione a livello
politico. Anche se molti sono i casi riportati di paesi in via di sviluppo,
particolarmente bisognosi di energia, piegati dagli insostenibili costi del
petrolio, cui istituzioni internazionali e multinazionali del settore
energetico tradizionale con¬tinuano a consigliare di ricorrere al nucleare,
senza nemmeno spiega¬re che, oltre a tutti i problemi che sappiamo, per farle
funzionare oc¬corre una quantità di acqua che in Africa o in Asia non c'è.
«La presa di coscienza del dramma climatico - ha detto il presidente di
Eurosolar internazionale, Her-mann Scheer, nelle sue conclusioni - ha
certamente accelerato la ricerca sulle fonti energetiche alternative. Ma non è
affatto detto che se ne traggano le giuste conclusioni. C'è anzi una foltissima
pressione lobbistica perché si adottino false soluzioni, contando
sull'ignoranza dell'opinione pubblica e degli stessi legislatori».
In molti alla Conferenza, in particolare i rappresentanti dei paesi del Sud,
hanno insistito sulla necessità di una più intensa azione divul¬gativa e sul
sostegno tecnico-politico che dovrebbe essere fornito alla riconversione verso
le energie rin¬novabili a chi vuole impegnarsi nella riconversione. Di qui il
rilancio della proposta Irela, la creazione di un'Agenzia internazionale,
analoga, ma con opposto orientamento, a quella che esiste per l'energia
atomica.
LUCIANA CASTELLINA
fonte "il manifesto"
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Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal
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Ugo Beiso