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TARANTO SERA
News da Economia & Lavoro
DIOSSINA. Si muove Bruxelles
Da aggiungere c’
è davvero poco. Soprattutto se le parole vengono da un pulpito
autorevolissimo quale è quello di Stavros Dimas, commissario europeo
all’ambiente. «Stando ai dati concernenti una stima delle emissioni
comunicati al Registro europeo delle emissioni inquinanti EPER
(European Pollutant Emission Register), le emissioni 2004 di diossina,
furani, piombo, benzene e mercurio nell’atmosfera provenienti dagli
impianti in parola (Ilva di Taranto) erano di gran lunga le più elevate
di tutti gli impianti soggetti alla direttiva IPPC esistenti sul
territorio italiano. Conseguentemente, la Commissione chiederà alle
autorità italiane di comunicarle quali provvedimenti sono stati o
saranno adottati per conformarsi agli obblighi posti dalla direttiva
IPPC sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento.
Negli ultimi anni, a Taranto, si è registrato il superamento dei valori
limiti giornalieri di PM10 entrati in vigore nel 2005 e dei valori
limite annui per il biossido di azoto che entreranno in vigore nel 2010
(...) Come disposto dall’articolo 8, paragrafo 3 della direttiva
96/62/CE, le autorità italiane avevano elaborato il piano contenente le
misure atte a raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo
stabilito, ma i provvedimenti volti a ridurre il particolato PM10 erano
insufficienti (...) Un procedimento di infrazione è attualmente
pendente nei confronti dell’Italia a motivo dell’incorretto recepimento
della direttiva 2000/60/CE. Nel giugno 2007, le autorità italiane hanno
ricevuto un ultimo avvertimento ai sensi dell’articolo 228 del trattato
CE affinché provvedessero a conformarsi integralmente alla sentenza
pronunciata dalla Corte (12 gennaio 2006). La prima relazione della
Commissione sull’attuazione della direttiva rileva gravi carenze e l’
incompletezza degli esami ambientali e dell’analisi economica nelle
relazioni (ai sensi dell’articolo 5) da parte dell’Italia. Un
procedimento di infrazione avente per oggetto l’obbligo di
presentazione di relazioni rimane tuttora pendente». Il “ministro dell’
ambiente” della Commissione Europea guidata da Josè Barroso ha risposto
così, in maniera decisamente chiara, all’interrogazione presentata al
“governo” dell’UE dall’europarlamentare pugliese (gruppo PPE, Partito
Popolare) Marcello Vernola. Un’altra interrogazione, dello stesso
tenore, è stata presentata dalla repubblicana Luciana Sbarbati.
«Ricordando che il danno ambientale, ha sottolineato Vernola, come
definito dalla direttiva 2004/35/CE, comprende anche il danno causato
da elementi aereodispersi, nella misura in cui essi possano causare
danni all’acqua, al terreno o alle specie e agli habitat naturali
protetti, non ritiene la Commissione che la persistente, mancata
adozione, da parte dell’ILVA SpA, di dispositivi per il controllo delle
emissioni nocive sia in contrasto con la suddetta direttiva, nonché con
la direttiva sulla qualità dell’aria, le direttive sulle emissioni
industriali e quelle sulla tutela dell’ambiente marino e delle acque di
balneazione? Può indicare la Commissione le sanzioni da applicare allo
Stato italiano e all’impresa in caso di accertata responsabilità
ambientale, in applicazione del principio “chi inquina, paga”, per
contrastare o ridurre i comportamenti industriali illeciti e al fine di
limitare la perdita di biodiversità?». Domande, quelle poste dall’
europarlamentare, alle quali Dimas ha risposto mettendo sul banco degli
imputati direttamente lo Stato italiano.
Giovanni Di Meo