[Consumo critico - Milano Social Forum] I:EMERGENZA SMOG

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Auteur: Rossana Papagni
Date:  
À: consumo-critico-msf@inventati.org
Sujet: [Consumo critico - Milano Social Forum] I:EMERGENZA SMOG

Subject: EMERGENZA SMOG

Anticipazione dal "Magazine" domani in edicola con tutti i test
Emergenza smog, città in ginocchio
Nell'aria di Milano abbiamo trovato di tutto: carbonio, zolfo, cromo, stagno
e arsenico
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Articolo di Sara Gandolfi per il Magazine
(nel numero del "Magazine" in edicola giovedì assieme al Corriere della Sera
ulteriori articoli, approfondimenti, dati e immagini sull'emergenza smog
nelle città italiane)

MILANO - I giapponesi sorridono nel cortile della Pinacoteca di Brera.
«Milano è bellissima. L'aria è pulita, fresca», guardano il cielo grigio.
«Stamattina era così azzurro...». Vengono da Hiroshima. Nessuna ironia, sono
davvero convinti che a Milano si respiri bene. I milanesi un po' meno. Pm10
oltre i limiti per 82 giorni nei primi sei mesi del 2007 contro i 35
consentiti in un anno, opere d'arte a rischio per l'aggressione di gas e
polveri «indossate» dai turisti - è allarme pure al Cenacolo di Leonardo da
Vinci - e il dubbio inquietante (per alcuni, certezza) di subire, giorno
dopo giorno, l'attacco letale di microscopici invasori. Cosa c'è dentro quel
pulviscolo che galleggia costantemente nell'aria intorno a noi? Cosa
respiriamo da mattino a sera? Biossido d'azoto e di zolfo, monossido di
carbonio e altri gas notoriamente tossici e ormai famigerati. Ma anche
polveri inorganiche e non biodegradabili, metalli pesanti e strane leghe,
sconosciute in natura e pure in metallurgia.


Misurazioni in piazza Duomo...
Giusto un anno fa, volontaria in un esperimento delle Mamme anti-smog di
Milano, avevo toccato con mano il problema: il rilevatore di polveri, in
giro per la città, mostrava picchi di Pm 2,5 ben oltre la norma ogni volta
che mi trovavo in mezzo al traffico, dietro un autobus in fase
d'accelerazione o in stanze chiuse con un fumatore. Quest'anno, con l'aiuto
di un microscopio elettronico a scansione ambientale, in grado di
individuare particelle nanometriche (più piccole di 1 micron)
caratterizzandole per forma, dimensione e composizione atomica, abbiamo
invece tentato di scoprire chi sono gli ospiti più segreti del particolato
urbano, le sostanze inorganiche che s'insinuano nel nostro organismo, ben
oltre le vie respiratorie. E lì restano. Nessuna pretesa scientifica, solo
la curiosità di capire, ad esempio, perché a Milano si tossisce tanto.
Partenza, ore 8 del mattino. Ritorno a casa, ore 19. Sul cappotto un sensore
adesivo raccoglie passivamente la polvere. Al bavero della giacca un filtro
«aspira-particolato», collegato alla pompa da portare a tracolla, simula il
respiro (in realtà un uomo inspira molta più aria: circa 20 m3 al giorno).
Tolta la pausa di «ricarica» a mezzogiorno, la pompa resta accesa 8 ore,
filtra 1680 litri d'aria e raccoglie 0,34 milligrammi di polveri.
«Quantitativo decisamente rilevante: 202 microgrammi a m3 d'aria contro i 40
prescritti dalla legge per le Pm10 (50 giornalieri da non superare più di 35
volte l'anno, ndr)», spiega Stefano Montanari, direttore scientifico del
centro Nanodiagnostics di Modena che ci ha fornito il macchinario e ha
svolto le analisi. «Il filtro può catturare anche polveri più grosse ma ne
abbiamo viste davvero pochissime. La stragrande maggioranza era decisamente
inferiore al micron, ovvero Pm1».

La sorpresa è scoprire che in quel pulviscolo, raccolto in un mercoledì
meneghino qualunque (bassa pressione, vento lieve, poco nuvoloso), s'annida
un po' di tutto. Carbonio e ossigeno, c'era da aspettarselo, «probabilmente
anidride carbonica» emessa dall'uomo ma anche derivante da attività
antropiche, come il traffico. Ferro in abbondanza, e poi piombo, calcio,
silicio, alluminio, zolfo, zinco, rame, cromo, stagno, manganese, arsenico,
argento, titanio. Particelle di metalli che si combinano e ricombinano in
atmosfera creando a volte leghe impreviste e imprevedibili. Nessuna di
queste sostanze è biodegradabile, «certo non in tempi biologici».

La giornata inizia col tragitto da casa alla scuola dei figli, pochi minuti
zigzagando tra autobus e macchine diesel (resta nel filtro molto carbonio,
«originato da combustioni organiche, quindi pure dalle auto», enormi
quantità di zolfo, «anche se il gasolio oggi dovrebbe contenerne
pochissimo», e leghe di argento e rame che potrebbero venire da vecchie
marmitte catalitiche). Ai Giardini pubblici di via Palestro, per la
passeggiata del cane (ecco spiegate le polveri di silicio e magnesio, cioè
terra), la metropoli sembra alle spalle. Eppure pochi metri più in là ci
sono i Bastioni, stabile sede d'ingorghi e mura invisibili oltre le quali,
da gennaio, scatta il ticket d'ingresso. Forse. Da via Manzoni,
sferragliante di tram (catturiamo frammenti d'acciaio provenienti da
frizione, probabilmente rotaie), passiamo alla paciosa piazza del Duomo. Poi
tappa al supermercato: i nostri vestiti, presumibilmente già pieni di
polvere, si agitano sui banchi del reparto ortofrutta. «Le bucce lisce si
lavano, quelle dure si tolgono. Ma in una fragola o un cavolo, il
particolato penetra profondamente i tessuti. E noi lo mangiamo», avverte
Montanari. «Almeno nei mercati di strada andrebbe evitata l'esposizione a
cielo aperto degli alimenti».


... e anche al supermercato
Sosta in redazione, quindi in metrò, con i milanesi che guardano curiosi e
annuiscono, rassicurati, quando spieghiamo che siamo a «caccia di smog».
Piazza Cadorna - «abbiamo i polmoni neri», si lamenta sottovoce un vigile -
e finalmente il Cenacolo. «Non c'è dubbio che le particelle di carbonio
contenute nel Pm10 alla fine danneggino l'affresco», ha avvertito giorni fa
il dipartimento di Chimica dell'Università statale. Ingressi esauriti per
due settimane, riusciamo a sgaiattolare fino alla saletta d'attesa dove si
concentra una comitiva di turisti, i cappotti frusti d¹inquinamento. «Lo
zolfo con l'umidità dell'aria si trasforma in vari tipi di acido, come
l'acido solforoso, che possono sciogliere la tinta dell'affresco ma il
pericolo maggiore è il respiro dei visitatori: emettiamo anidride carbonica
che con l'acqua fa acido carbonico e corrode il dipinto...».

A pochi metri, in corso Magenta, ancora sferragliare di tram e fumi di
scarico. Ma nell'aria c'è altro, pulviscolo d'intonaco (solfato di calcio,
bario...) che cade dai muri di una città che invecchia e sferule di
aggregati di ferro e altri metalli che secondo i ricercatori hanno
un'origine chiara: «Per dimensione e forma possono provenire solo da un
processo di combustione ad alta temperatura: acciaierie, fonderie,
cementifici o inceneritori». A Milano e dintorni, non ce ne sono... «Le
polveri ultrafini viaggiano con il vento per migliaia di chilometri, le
hanno trovate al Polo Sud». Finiamo alla Pinacoteca di Brera, negli angoli
delle sale le macchinine ticchettano: «Controllano temperatura e umidità.
Misuratori di particolato? No, niente», alza le spalle il custode. C'è il
condizionamento, però, che ripulisce un po' l'aria. Quali metalli fanno più
male? «Il piombo è tossico, il nichel causa allergie, l'arsenico non fa
bene. Ma anche il ferro, per natura utile all'organismo umano, quando
s'aggrega per formare particelle non è biodisponibile: il corpo non lo
riconosce più e scatena una reazione infiammatoria tentando di isolarlo. Se
inalo una polvere di ferro-cromo-nichel, la stessa lega della padella di
casa, non mi aiuta certo a produrre emoglobina. È un corpo estraneo e come
tale l'organismo lo tratta, col rischio di ammalarsi», spiega Antonietta
Gatti, responsabile del Laboratorio di Biomateriali all'università di Modena
e moglie-partner di Montanari a Nanodiagnostics, che sta coordinando il
progetto europeo Dipna per valutare i meccanismi d'aggressività del
particolato.

«Che le polveri fanno male si sa: sono capaci di entrare in profondità nelle
cellule, fin dentro al nucleo, interferendo con il Dna. Dobbiamo ora
scoprire qual è la dose letale tenendo sempre presente che la reattività è
individuale: chi è nato più debole in un organo, in quell'organo si ammala
prima. Bambini e anziani sono sicuramente più a rischio».Al di là del tipo
di sostanza inalata o ingerita, ciò che preoccupa di più i ricercatori sono
forma e dimensione delle polveri: «Una particella grossa si ferma anche
prima dei polmoni. Se è inferiore al micron, come molte di quelle raccolte
dal suo filtro, raggiunge gli alveoli polmonari e da lì entra nel sangue».
Il viaggio non si ferma qui: «Uno studio dell'Università di Lovanio, in
Belgio, ha dimostrato che particelle da 100 nanometri, Pm 0,1, in 60 secondi
passano la barriera polmonare e vanno nel sangue, in un'ora sono al fegato».
Più la particella è piccola, più facilmente penetra nei tessuti, in teoria
di qualsiasi organo. E a quel punto non esistono meccanismi biologici od
artificiali conosciuti capaci di eliminarla. «I tessuti dove le polveri
restano imprigionate reagiscono ad un materiale che non riconoscono e che
non è biodegradabile. Nel tentativo di distruggerlo, danno origine a
processi infiammatori, o granulomatosi, che possono diventare cronici e, ma
è solo una probabilità, trasformarsi in tumori».

20 novembre 2007(ultima modifica: 21 novembre 2007)




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