[Badgirlz-list] Un'intervista del buon Massimo ad Alba Monto…

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Autore: Errata
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To: badgirlz-list
Oggetto: [Badgirlz-list] Un'intervista del buon Massimo ad Alba Montori
Salve,
un doppio omaggio: a Massimo (che non c'è piu') e ad
Alba (che lotta insieme a noi).

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Tra le militanti storiche del movimento gay italiano
martedì 21 febbraio 2006 , di Massimo Consoli


Intervista a cura di Massimo Consoli

Ompo N° 275, Febbraio 2006

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Alba Montori e’ una delle militanti di piu’ lunga
data, nel nostro paese. E questo nonostante sembri
ancora poco piu’ di una ragazza irrequieta, con un
forte senso artistico della vita, ed in continua
effervescenza. E’ nata a Roma il 17 marzo 1947. Ha
insegnato storia dell’arte ed e’ stata organizzatrice
culturale e “giornalista” di Radio Radicale, dai suoi
primi inizi fino al 1978, dove insieme al marito
Claudio Mori ha inventato e condotto le trasmissioni
del FUORI! Ci siamo conosciuti una quarantina di anni
fa, nel 1965 o ’66. Per chissa’ quale misterioso
motivo, legammo subito e cominciammo a frequentarci.
Nel 1968 (il “favoloso” ’68) passo’ anche lei in quel
localino scalcinato che avevo aperto a via Ettore
Rolli 47, proprio all’inizio del mercato di Porta
Portese, e dove, come carbonari, tenevamo le nostre
riunioni della ROMA-1 (Rivolta Omosessuale dei Maschi
Anarchici – Prima fase), l’associazione con la quale
volevamo cambiare la societa’ e recuperare il nostro
spazio. Venne anche spesso a via dei Pettinari, dove
abitavo insieme a Dario Bellezza e, ancora oggi, si
ricorda benissimo del ragazzo che amavo in quei tempi,
Enrichetto, e di Edoardo Vercellino, che erano i miei
due “bracci” (destro e sinistro), nella ROMA-1.



Poco piu’ tardi andai in Olanda, e li’ pubblicai prima
la “Carta di Amsterdam” (novembre 1969) e poi il
“Manifesto Gay” (novembre 1971). Ma in Italia la
situazione stava rapidamente evolvendo, soprattutto a
Milano, Torino e Roma. E, di quel periodo, Alba e’
molto miglior testimone di me. Per questo le ho
rivolto alcune domande, affinche’ non vada perduto un
ricordo che considero importantissimo per tracciare
una piu’ completa storia del nostro movimento.







Consoli) Alba, io sono tornato in Italia, alla fine
del 1971, perche’ avevo saputo che quello ch’era
sempre stato il mio sogno piu’ grande si stava
realizzando e, finalmente, stava nascendo un vero e
proprio movimento gay a livello nazionale. Ma com’era
successo, tutto questo?



Montori) Dobbiamo tornare un po’ indietro nel tempo,
all’estate del 1970. Un nutrito gruppo di gei (come
scriveva la Phonola...) venne invitato da un amico a
festeggiare il suo compleanno (14 agosto) in quel di
Sabaudia, nella prestigiosa villa (ancora non so di
chi) di un suo amico assente. Gli arrivi cominciarono
il 10 agosto e le partenze si conclusero il 20/22.



C) Ti ricordi qualche nome?



L'amico si chiamava Adamo (sono anni che non so che ne
e’) e del gruppo facevano parte, per quel che mi
ricordo, Franco Caracciolo (1943-1992), Stefano
Bianchi, Dominot, Gianni Romoli (1949), Cesare
Domenici, Maurizio Millenotti (1946), oltre me e molte
altre persone (gente di spettacolo, e diversi giovani
amici romani).



C) E cosa avete fatto, in quei giorni?



M) Tutti assieme realizzammo, nella pratica della
convivenza come un'unica "famiglia" assolutamente
allargata (avete visto Le Fate Ignoranti?), una sorta
di happening durato circa una settimana, durante la
quale vivemmo in assoluta e totale liberta’ di
movimento, tutti assieme appassionatamente e
gaiamente: un'esperienza che penso sia stata cosi’
unica che in un certo senso forse ancora la sentiamo
"privata".



C) Ci fu qualcosa di straordinario, di “fuori del
normale”, in quell’esperienza?



M) Naturalmente, cioe’ in modo naturale, l'abito e il
travestimento o no, come il genere sessuale, furono
tra gli elementi (variabili) principali di questa
specie di gioco di ruolo collettivo, ma anche le
occasioni del cibo comune e l'improvvisazione di
racconti e fiabe (una specialita’ di Gianni) e la
messa in scena delle stesse in vario modo ebbero la
loro parte nella nostra vita assieme.



Altrettanto naturalmente ci siamo ritrovati in piccoli
gruppi a recarci in citta’ a far la spesa, con gli
abiti che usavamo e senza nessuna tentazione di
nascondere le nostre identita’ di genere del momento o
di sempre...



C) Tutto questo a Sabaudia, nel 1970! Avete fatto
scandalo...



M) Mah, ci furono alcune sgradevoli situazioni con la
gente (un po' omofoba) e anche con la locale PS, che
tuttavia intervenne solo per calmare gli animi, e non
certo i nostri.



In un certo senso fu una sorta di Pride prima che ci
venisse in mente di fare un Pride. E la gente locale
non reagi’ comunque nel complesso in modo (troppo)
aggressivo.



In ogni caso fu un'esperienza davvero importante, che
credo abbia segnato la vita di tutti noi, in un modo o
nell'altro.



C) Un’esperienza che ha avuto delle conseguenze... Che
cosa e’ successo, poi?



M) Tornati dalla casa dov’eravamo ospiti, ci rendemmo
conto che quel che avevamo vissuto e il come, poteva
essere considerato un esperimento di vita quotidiana
in forma di "diversita’" e che potevamo tentare, anzi,
avevamo in un certo senso il dovere morale, di
trasferire direttamente l'esperienza nella realta’
dell'Italia.



Il nostro paese e la sua gente, mantenuti in uno stato
di sottosviluppo da un potere politico-clericale
sostanzialmente omofobo, esprimevano la loro risposta
sociale e politica alle questioni poste
dall'omosessualita’ e in generale dalla diversita’
(rispetto allo schema
eterosessuale-monogamico/procreativo) di comportamento
sessuale in modo violento, con la criminalizzazione,
la discriminazione, l'emarginazione sociale.



Nel migliore dei casi (e a molti di noi sembrava pure
una conquista) venivamo considerati e trattati come
malati, suddivisi in curabili e incurabili.



C) Che influenza ha avuto, su di voi come singoli
individui, quella particolare esperienza?



M) La psichiatria (con tutte le sue forma di cura) e i
manicomi, allora venivano considerati un valido
rimedio (alternativo al carcere) alle nostre
"stranezze di comportamento", e un prezioso modo per
ricondurre gran parte di noi nella "normalita’". Ma
noi eravamo perfettamente consapevoli del fatto che i
nostri cervelli non erano affatto malati, e neanche i
nostri corpi, e cominciammo a chiederci se non fosse
invece vero il contrario. Proprio in questa esperienza
di vita in comune trovammo molte delle risposte a gran
parte delle nostre perplessita’, perche’ riuscimmo
finalmente ad avere l'occasione di confrontare i
nostri stili di vita diversi tra loro con la realta’
della vita quotidiana tutti assieme, e per giunta a
presentarci davanti a una comunita’ "normale" con le
nostre diversita’ in un contesto solidale e
quotidiano.



Ci rendemmo conto che passato l'effetto "sorpresa" la
comunita’ nella quale ci eravamo casualmente trovati a
confrontarci ci aveva accettato per quel che
apparivamo, che era molto vicino a cio’ che eravamo,
di turisti in vacanza.



C) E com’e’ andata a finire? C’e’ stato un seguito a
questa avventura?



M) Decidemmo di passare parola, proseguire a vivere
apertamente (nei limiti della prudenza di ciascuno) e
d’incontrarci di li’ a un mese per vedere di costruire
un movimento o un'associazione per socializzare,
allargare e politicizzare la nostra esperienza.



La storia del gruppo romano, ma non solo, e’
cominciata li’ visto che, come previsto, le riunioni
sono iniziate verso la fine di settembre e l’inizio di
ottobre. Io non sono riuscita ad andarci, perche’ ero
incasinata con un nuovo incarico di lavoro e con le
mie relazioni personali, ma ero tenuta al corrente di
ogni sviluppo dai miei amici. Cosi’ ho saputo della
pensata di pubblicare un annuncio su “Men” per
estendere il gruppo ad altri fuori del giro.



C) Ricordo che gli animatori di quel gruppo, che poi
diventera’ il “Fuori” romano, erano Gianni Chilanti e
Bruno Fiorentino. Ma visto che non li hai nominati, mi
sembra di capire che non ci fossero, in quella vacanza
a Sabaudia.



M) No, non c’erano. Gianni Chilanti e’ arrivato forse
addirittura solo alla prima riunione a Roma. Io sono
andata a quella del 27 novembre a casa di Wijnand van
de Pool, dove erano presenti, tra gli altri, Giorgio
S. e Claudio Mori, che conobbi allora (o meglio mi ci
scontrai), venuto proprio in seguito all'annuncio
pubblicato su “Men”.



Bruno non e’ mai venuto alle nostre riunioni
politiche, per quel che ricordiamo io e Claudio,
almeno finche’ non ci cominciammo ad appoggiare al
Partito Radicale. E stiamo parlando del 1972.



Ma ci frequentavamo, per via delle mie
innumerevolissime amicizie pre-post sessantottine,
FGC, PCI ecc. L'ho presentato io a Claudio intorno al
Natale del 1970, e conosceva probabilmente vari amici
del gruppo, quelli "intellettuali", e soprattutto
quelli che avevano il pallino della psicologia, anche
se era chiuso come un'ostrica.



Me lo ricordo anche troppo bene, perche’ mi ha
“afflitto” di telefonate “monstre” notturne quando ha
saputo che mi sposavo con Claudio, predicendoci immani
tragedie e disperazioni degne di un'epopea omerica.
Claudio ancora sostiene che ha fatto tutto quel casino
perche’ era interessato a me!



C) E invece?



M) E invece, dopo 35 anni, io e Claudio siamo ancora
felicemente sposati e litigiosi come il primo giorno
in cui ci siamo conosciuti



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