[NuovoLab] liberazione sul 17 novembre

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La lettera
«I carabinieri vogliono la commissione»

«In riferimento alle dichiarazioni rese dall'onorevole Agnoletto - spiega in una lettera Amedeo Berdozzo, tenente colonnello dei carabinieri - nel corso della trasmissione televisiva "Anno zero", intendo rappresentare le riflessioni delle migliaia di carabinieri che non si riconoscono nella brutalità delle azioni mostrate in televisione né in quella delle infelici e distaccate parole, a proposito del "morto ammazzato", pronunciate dal generale di turno. Anch'io mi pongo quelle tristi domande: chi ha armato i loro animi sereni? Chi non ha sopito la naturale aggressività umana? Chi ha riempito i loro occhi di paura? Chi ha determinato quelle azioni così feroci? No. Io non posso riconoscere i nostri carabinieri!». «Le strane circostanze - continua Berdozzo - meritano di essere approfondite. Compreso la presenza di alcuni parlamentari nelle centrali operative delle caserme dell'Arma, aree riservatissime, ove l'accesso è consentito solo a poche persone previamente individuate. Ritengo che Genova abbia aperto una breccia fra il Paese ed i suoi carabinieri. E per murarla, nell'interesse di tutti, è ora necessaria quella Commissione parlamentare d'inchiesta di cui i carabinieri non hanno timore. Anzi, una indagine accurata potrà finalmente chiarire che i carabinieri in piazza non costituivano una indisciplinata accozzaglia di picchiatori reazionari, ma ragazzi timorosi di fronteggiare qualcosa più grande di loro, e che mai avrebbero potuto concepire che fra gli amici si celasse qualcuno in grado di determinare e poi strumentalizzare un feroce scontro di piazza».



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A Genova sfilano in 50mila
per la verità e la giustizia

Grande corteo colorato, preceduto da uno striscione con la scritta "La storia siamo noi". Sei anni
dopo il G8 del luglio 2001, migliaia di persone invadono pacificamente il capoluogo ligure

Checchino Antonini
Genova nostro inviato
Dal camion della comunità di S.Benedetto al Porto, che guida lo sfilamento, prende la parola Andrea Gallo, splendida figura di prete di strada, fondatore della comunità, orgoglioso dei suoi ragazzi che tengono lo striscione: "La storia siamo noi". «Vi parla don Gallo - avverte dal microfono come se parlasse a Radio Londra, quella che ascoltava da partigiano - non lasciatevi provocare, ‘fanculo ai profeti di sventura!». E, ancora: «Sono stato incaricato di leggervi un messaggio di Alex Zanotelli».
"Anarchico cristiano", definizione di don Gallo, anche il comboniano che interroga la piazza: «Ma se 25 persone diventano i capri espiatori mentre i responsabili delle violenze vengono promossi ad alte cariche dello Stato, che democrazia è questa?». E che cos'è la democrazia? «Questa manifestazione offre alla sinistra l'opportunità di ridurre la frattura tra istituzioni e pezzi di giovani generazioni. Punti dirimenti la commissione d'inchiesta, cambio dei vertici della polizia, evitare la prescrizione dei reati commessi alla Diaz e Bolzaneto. Oggi è la prima volta dalla vittoria dell'Unione che siamo in piazza insieme fuori dal dilemma con Prodi o contro, con una piattaforma autonoma». «Vedo una straordinaria dinamica di movimento, è come rivedere via Tolemaide - sembra rispondere a don Gallo, Luca Casarini, ex tuta bianca del Nordest facendo notare la composizione del corteo: in testa le moltitudini, in fondo gli spezzoni dei partiti - è una risposta che rimette in gioco la riflessione a sinistra: l'unità è per il movimento o per il governo?». «E' un segnale forte - commenta Piero Bernocchi, portavoce Cobas - tantissimi sono venuti per conto proprio, c'è voglia di movimento e nessuna fiducia per una commissione d'inchiesta che sarebbe gestita da chi ha avallato la deriva sicuritaria». «Non abbiamo governi amici, né un amico al governo», insiste dal camion palco anche Luchino, cantante degli Assalti frontali, che suoneranno a De Ferrari con Roy Paci, Zulu, Bisca. «Penso che il 9 giugno è mancata una parte della sinistra, il 20 ottobre, invece, ne è mancata un'altra. Questa manifestazione segna una discontinuità e la possibile riapertura di un percorso che rimetta al centro il metodo che costruì il Gsf e quindi la contaminazione. Ho visto una manifestazione carica di emozione, come non succedeva da tempo», spiega Federico Tomasello, coordinatore nazionale dei Giovanin comunisti.
«Ma la commissione è necessaria per far luce sulla strage del diritto di quei giorni - dice Giuliano Pisapia, può servire a chiedere ad un Amato sotto giuramento perché De Gennaro è diventato il suo capo di gabinetto, perché i suoi sono stati tutti promossi». E passano No Tav, No Tir, No Dal Molin, dinamiche rese possibili da Genova 2001, altrimenti impensabili. Sfilano i comitati di memoria, verità e giustizia, il supporto legale, i mediattivisti. Parlano di Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino, Renato Biagetti, Carlo Giuliani, con gli occhi e le voci dei loro compagni, genitori, amici. Parlano delle vittime della Diaz e di Bolzaneto. E' contenta e sdegnata Enrica Bartesaghi, la mamma di Sara, desaparecida a Bolzaneto dov'era stata portata dalla Diaz. Contenta della piazza, «tutti insieme, oltre ogni aspettativa», non certo del processo «indegno» ai 25, e del «silenzio delle istituzioni». Intanto il sole tramonta, anzi «si uccide tra le onde» per citare De André, poeta e genovese, che citerà anche don Gallo alla fine di tutto, scegliendo i versi della Storia di un impiegato e di una bomba: «E se credete che tutto sia come prima, perché avete votato ancora la sicurezza e la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare, verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte: per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti». Versi dedicati alla sua città. Giulia, che studiava alla Diaz sei anni fa, dice che «hanno vinto loro», «che è un mortorio». Il lillipuziano Alberto Zoratti dice che è «una città difficile dopo la fine del movimento operaio, la società civile fatica a costruire reti, come se il 2001 non fosse accaduto». «Città spaventata ad arte - ammette Simone Leoncini, dirigente locale del Prc - ma pezzi importanti hanno risposto: è la più grande manifestazione dal 2002».
Arci, Attac, antifascisti, antagonisti, anarchici, ambientalisti, lillipuziani, comunisti rifondati o italiani, critici o ortodossi, cattolici, cobas, centri sociali, redskin della Sharp con le sciarpe del tifo. Ci sono tutte le anime del social forum e tutti i portavoce di quei giorni e gran parte dei manifestanti sono reduci, recidivi. E ci sono anche delle new entry: Sinistra democratica, ad esempio, e pezzi di Cgil che disobbediscono agli ordini e scendono in piazza col simbolo della confederazione, come la Rete 28 aprile di Cremaschi. Più tardi don Gallo dirà dal palco che avrebbe dovuto esserci Epifani a concludere la manifestazione e non «due poveri preti» (don Vitaliano e lui) nella stessa piazza dove, a soli 17 anni, festeggiò la liberazione dal nazifascismo e 15 anni dopo vide i ragazzi con le magliette a strisce scontrarsi con la polizia per impedire il congresso dei neofascisti del Msi.
Ciascuno rinarra la sua Genova mentre ripercorre i passi del corteo dei migranti che aprì quei giorni di sei anni fa e riuscì a non essere violentato dal "blue bloc". Ironia della sorte, il 90% di quei migranti rischia l'espulsione «se dovesse tramutarsi in legge il decreto sulla sicurezza che attribuisce ai prefetti, sulla base di valutazioni discrezionali, la facoltà di espellere anche i parenti di chi commette un crimine», ha avvertito Giuliano Pisapia, ex presidente della commissione Giustizia della Camera al convegno del mattino in un auditorium del centro storico. Perché da Genova 2001 in poi, segnala Pisapia, ogni decreto contro il terrorismo o contro la violenza negli stadi, è diretto in realtà anche contro i movimenti sociali limitandone l'agibilità, la possibilità stessa di azioni di disobbedienza civile non violenta.
Ma molti, nel 2001, nemmeno c'erano. Perché troppo giovani. Come Greta, diciottenne, liceale di Voltri, attiva nell'Uds che ieri ha manifestato anche al mattino nella giornata mondiale per il diritto allo studio, una sorta di primo maggio studentesco. Come Giorgio, romano dei collettivi della Sapienza, 16 anni nel 2001- La politica, nella sua vita, sarebbe arrivata l'anno dopo. Per loro Genova furono tre giorni in cui si cercò di spezzare le gambe a un movimento appena nato a Seattle. «Per chi è venuto dopo quella cicatrice era ben presente, del social forum Firenze - dice Giorgio - mi ricordo anche la tensione e la paura».


18/11/2007

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Allarmismo
Smentito dai fatti l'attacco batteriologico

La tenda gialla dell'Unità di Decontaminazione NBCR (nucleare, batteriologico, chimico e radiologico), montata dagli uomini del 118 di Genova nel piazzale antistante l'ospedale San Martino per soccorrere le persone eventualmente colpite da gas lacrimogeni durante la manifestazione sul G8, ieri è rimasta vuota.
La struttura è grande sei metri per dodici ed è costistituita - spiegano i militari - in «materiale aeronautico», leggero ma molto robusto e stabile sul terreno anche in condizioni di vento. Durante il G8 del 2001 non furono usate attrezzature simili, preferendo "zone di decontaminazione" interne agli ospedali.


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Prc in piazza, ma il resto
della sinistra "latita"

Unanime la richiesta di una commissione d'inchiesta sul G8. Franco Giordano con i movimenti:
«Critico sia le pesanti condanne ai 25 noglobal, che la mancata istituzione della commissione»

Angela Mauro
Genova nostra inviata
La piazza, si sa, non è la prova che riesce meglio alla sinistra unita. Qualora non fosse bastato il 20 ottobre, un'ulteriore dimostrazione di diversità di approcci verso chi sceglie di manifestare in strada, da parte dei quattro partiti interessati al percorso unitario avviato dopo la nascita del Pd, l'ha fornita la manifestazione indetta dal Genoa Social Forum ieri a Genova.
Le parole d'ordine di chiedere verità e giustizia sui fatti del G8, dopo le pesanti condanne per 25 noglobal e dopo lo stop all'istituzione della commissione parlamentare d'inchiesta, non sono evidentemente bastate per convincere Prc, Sd, Pdci e Verdi a marciare uniti al fianco dei movimenti, presenti invece in massa.
Per lo meno, non sono state sufficienti per spingere i quadri nazionali di tutti e quattro i partiti ad attraversare le strade di Genova. Se Rifondazione non ha avuto dubbi sin dal primo momento, scegliendo di rinviare a metà dicembre il comitato politico nazionale convocato per questo weekend per presentarsi nel capoluogo ligure con la massima dirigenza (il segretario Giordano, il capogruppo alla Camera Migliore, parlamentari ed europarlamentari, segretari regionali, Giovani Comunisti…), la stessa cosa non si può dire del Pdci, i Verdi o Sinistra Democratica, rappresentati in piazza perlopiù da quadri locali (fatta eccezione per la Palermi dei Comunisti Italiani, la Balducci dei Verdi, mentre Sd ha mantenuto la convocazione del proprio direttivo nazionale a Roma).
Poco o nulla di diverso rispetto a sei anni fa, si potrebbe dire, quando nella sinistra istituzionale fu Rifondazione a investire a pieno nei movimenti noglobal e anti-G8 e a farne fattore di linea politica anche congressuale.
Nel 2001 Sd non esisteva ancora (era però "correntone" Ds) e, allargando il ragionamento, si potrebbe anche riflettere sul fatto che nemmeno la Cgil c'era a Genova sei anni fa, anche se ieri ha scelto di esserci, accanto alla sempre presente Fiom, seppure non in massa. Ad ogni modo, le diverse distanze tra i partiti della sinistra e i "movimenti di Genova" sono palpabili, se è vero che le presenze-assenze fisiche tradiscono differenze di "vocazioni".
Da parte sua, per esempio, Giordano si dice convinto del fatto che sia «doveroso stare qui per chiedere di far luce su quei giorni di sospensione della democrazia e dei diritti a Genova». Equidistante l'atteggiamento del segretario del Prc rispetto alle condanne per i 25 noglobal e alla mancata istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul G8. «Critico tutt'e due - sottolinea - e il Parlamento deve istituire la commissione d'inchiesta per non essere complice di quanto avvenne a Genova nel 2001 e anche perché, solo individuando le responsabilità di quella che un funzionario di polizia ha definito una "macelleria messicana", le forze dell'ordine possono recuperare credibilità». Pdci e Verdi invece non condividono la critica all'operato della magistratura, fattore scatenante che ha spinto in piazza i movimenti. «La magistratura deve restare autonoma - dice Palermi - quello che pesa del G8 è che non si conosca il livello politico delle responsabilità: ecco il perché della commissione d'inchiesta». Balducci, responsabile Giustizia del Sole che Ride, precisa: «Non siamo qui per manifestare contro le forze dell'ordine, né contro la magistratura.
Vogliamo che si faccia chiarezza a 360 gradi con la commissione d'inchiesta». Suona un po' come le dichiarazioni di Idv, che dopo aver affossato la commissione, oggi dichiara di non essere contraria a patto che «si indaghi in tutte le direzioni». Più radical Paolo Cento: «Gran bella manifestazione che ripropone il protagonismo e l'autonomia dei movimenti. Ora dobbiamo rompere il muro di omertà sul G8 con la commissione d'inchiesta». Facile per chi, come Cento, è sempre stato tra i Verdi la parte più vicina ai movimenti esplosi a Genova.
Al di là delle differenze di approccio, «siamo tutti qui», nota ottimista Haidi Giuliani, dalla maratona sulla Finanziaria in Senato a quella con i movimenti in piazza a Genova. E la senatrice del Prc non sta nemmeno a sottilizzare sulle diversità di opinione tra partiti e movimenti a proposito della commissione d'inchiesta. «Dipende da cosa si intende - spiega - deve indagare sulle responsabilità politiche della mattanza, non su un ragazzo che ha lanciato un sasso. Quello anche Carlo lo ha fatto, ma l'avrei fatto anch'io in quella situazione: era legittima difesa». Pure Gennaro Migliore non si scompone rispetto alle critiche di chi, nei movimenti, considera inutile la commissione parlamentare d'inchiesta sul G8. «Pretendiamo la verità e non la vogliamo barattare con i politicismi di palazzo - spiega il capogruppo di Rifondazione alla Camera - E come denunciamo i politicismi della maggioranza in Parlamento, così facciamo con chi ci imputa una volontà strumentale».
L'europarlamentare Roberto Musacchio si guarda intorno e nota con soddisfazione «la continuità dei movimenti, e noi con loro, a Genova come al G8 di Rostock».
Ma lui opera a Strasburgo, dove la sinistra dei partiti non ha il governo per le mani e riesce a muoversi unita con maggiore facilità. E' invece amaro il commento di Michele De Palma. «A sei anni di distanza, il movimento di Genova non è stato ancora compreso - dice il responsabile Movimenti del Prc - La sinistra istituzionale poteva presentarsi unita in piazza anche soltanto per interrogarsi sul fatto che tra i movimenti c'è chi ritiene inutile la commissione d'inchiesta. La sinistra dovrebbe chiedersi il perché di questa sfiducia nelle istituzioni».





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