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(Tratto da "Liberazione")
G8, viva De Gennaro
Gigi Malabarba*
Se
dopo sette anni, passando attraverso quattro governi di differente
colore, fosse stato il governo Berlusconi a promuovere il capo degli
sbirri a capogabinetto del Viminale, avremmo gridato al golpe. Ma lo
ha
fatto Prodi e solo i prefettizi scavalcati hanno protestato, mentre
nella
sinistra di governo si sono persino levate voci per dire che
Gianni De
Gennaro era stato messo in disparte.
L'obnubilamento
governista impedisce di comprendere la gravità della
promozione da
capo operativo a capo politico all'indomani - e in risposta!
-
all'iscrizione nel registro degli indagati del capo della polizia per
la
regia occulta delle testimonianze degli agenti al processo per il
G8 di
Genova. Questo è il punto.
Ma c'è qualcuno che vuol cominciare a
mettere in relazione la
partecipazione dell'Italia alla guerra con
l'uso dei carabinieri (quarta
forza armata, grazie al governo D'Alema)
sia nelle missioni militari che
nelle piazze? Che conseguenze hanno
l'arruolamento dei poliziotti
esclusivamente tra i reduci dai teatri
di guerra e la formazione di corpi
speciali nella polizia locale per
dare la caccia a migranti e graffitari
da parte di giunte di destra e
di sinistra? Che cosa si insegna al posto
della Costituzione nelle
scuole di polizia, se Digos e Ros vanno
ufficialmente a Guantanamo a
interrogare detenuti sotto tortura (e nessun
parlamentare della
sinistra di governo presenta neppure un'interrogazione
al riguardo)?
I
pogrom che cominciano a profilarsi nei confronti di rumeni e rom,
conseguenza delle leggi razziali emanate dal centrosinistra con
qualche
timida obiezione di un ministro, danno tristemente l'idea che
proprio il
paventato pericolo per la democrazia rappresentato da un
possibile ritorno
di Berlusconi era uno spauracchio per far digerire
il peggio del peggio.
Solo Stefano Rodotà, autorevolmente e da tempo,
continua a mettere
giustamente in relazione le politiche
antiterrorismo partorite dopo l'11
settembre con l'involuzione dello
stato di diritto. Chi pensava di stare
in guerra sì ma un po' meno, di
accettare il liberismo sì ma un po' meno,
si è trovato come
l'apprendista stregone a dare alimento a un'opposizione
sociale di
destra e a fomentare rigurgiti razzisti e xenofobi. Questo
significa
la sinistra radicale al governo: la sparizione anche di un punto
di
vista critico sulla guerra e il liberismo, in nome della filosofia del
meno peggio.
La Commissione d'inchiesta sul G8 per far luce sulla
catena di comando che
ha ordito la repressione a Genova (e prima a
Napoli) è stata dapprima
stoppata dal centrosinistra al Senato, dove
doveva essere votata già nel
giugno 2006, e poi bocciata in
commissione alla Camera nei giorni scorsi:
chi ha promosso il capo
della polizia, come si vede, è parte del problema.
Il rischio che, con
il clima securitario che ci circonda, la Commissione
d'inchiesta - se
mai ci sarà - possa andare in direzione opposta da quella
desiderata
dal movimento è tutt'altro che peregrina. Il 17 novembre a
Genova
vanno messe sotto critica l'insieme delle politiche sull'ordine
pubblico e sull'immigrazione, di cui le destre sia di opposizione che
di
governo sono insieme protagoniste. O si rovescia la logica
dominante,
ricostruendo i rapporti di forza adeguati nella società, o
non ci sarà
giustizia né per Genova, né per Aldro, né per le vittime
di fascisti e
razzisti di ogni sorta. Liberismo e guerra affossano
anche la democrazia.
Sempre.