[Lecce-sf] Fw: Sentenza di appello per i fatti dell'11 marzo…

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著者: Rosario Gallipoli
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To: forumlecce
題目: [Lecce-sf] Fw: Sentenza di appello per i fatti dell'11 marzo 2006 a Milano: confermate le condanne a 4 anni per 15 antifascisti.
Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo (CARC)

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Direzione Nazionale



Comunicato del 12/11/2007



Sentenza di appello per i fatti dell'11 marzo 2006 a Milano: confermate le condanne a 4 anni per 15 antifascisti.



Il processo di appello per gli antifascisti che l'11 marzo 2006, in corso Buenos Aires a Milano, tentarono con coraggio di impedire una parata fascista di Fiamma Tricolore autorizzata dalle autorità cittadine, si è concluso con la conferma, per 15 di loro, delle pene inflitte in primo grado dal "moderno tribunale speciale". Assolte (per non avere commesso il fatto) due compagne, mentre ad un altro antifascista è stato derubricato il reato di devastazione e saccheggio e condannato a 4 mesi per possesso di arma impropria. I giudici Veronelli, Bellerio e Ruggieri della corte di appello confermano quindi anche la logica politica con la quale parte della magistratura si è di fatto posta al servizio dello sdoganamento del fascismo e della protezione dei suoi apologeti. Confermato anche il metodico utilizzo, da parte della magistratura serva della borghesia, delle accuse di devastazione e saccheggio e di concorso morale al fine di scongiurare la partecipazione popolare alle sempre più frequenti mobilitazioni di protesta contro i soprusi e le angherie che i padroni e i loro servi della politica mettono in atto nei confronti dei lavoratori e delle masse popolari del nostro "democratico" paese.

La conferma della condanna per gli antifascisti che si sono resi responsabili, questo sì, di avere tentato di evitare che si consumasse una grave violazione costituzionale tramite l'autorizzazione di una manifestazione marcatamente neofascista nella città medaglia d'oro della Resistenza, rientra nel quadro più generale dell'eliminazione delle libertà democratiche e dell'agibilità politica per gli antifascisti e i comunisti. Arresti, inchieste, perquisizioni contro i comunisti, le avanguardie operaie e gli onesti e sinceri sindacalisti, stanno diventando pratiche sempre più frequenti come, in ultimo, l'apertura del nono procedimento giudiziario per terrorismo contro il nostro Partito e i compagni del (nuovo)PCI e le inchieste che hanno coinvolto i compagni dello Slai Cobas per il sindacato di classe della FIAT di Melfi. La borghesia imperialista non può attuare il suo programma di rapina contro le masse popolari senza il consenso di una parte significativa di esse. Non riuscendo ad ottenere il consenso che le favorirebbe il perseguimento dei propri obbiettivi, la borghesia imperialista deve violare sempre più spesso le proprie stesse leggi utilizzando accuse, come quella al processo contro gli antifascisti milanesi, del concorso morale, in netta violazione dell'articolo 27 della Costituzione che prevede la responsabilità personale in materia penale, il massacro e le torture del G8 genovese e le dure condanne richieste dal PM Canepa contro i 25 manifestanti o mettendo in atto veri e propri atti di rappresaglia come quello compiuto dal "democratico di sinistra" Valter Veltroni nei confronti di centinaia di immigrati Rom a seguito dell'omicidio di una cittadina italiana di cui è stato accusato un singolo membro della comunità Rom. Per questo motivo la borghesia e il suo governo Prodi-D'Alema-Bertinotti devono fomentare la mobilitazione reazionaria delle masse popolari, devono mettere masse contro altre masse, operai contro altri operai, italiani contro immigrati e immigrati contro altri immigrati. La destra xenofoba e razzista e il fascismo trovano campo libero e terreno fertile e vengono favoriti, rafforzati e sponsorizzati dalle politiche antipopolari del Centro Destra e del Centro Sinistra.

Questo inquietante scenario di mobilitazione reazionaria, di fascistizzazione, di repressione e di controrivoluzione preventiva, non lascia dubbi sulla difficoltà in cui versa la borghesia imperialista nel cercare di assoggettare le masse popolari ai propri interessi. Dobbiamo approfittare di questa difficoltà e rompere definitivamente con concezioni concilianti tra gli interessi della borghesia e quelli delle masse popolari. La conferma in appello delle condanne per gli antifascisti di corso Buenos Aires ha mostrato ampiamente questa necessità. Di fronte all'azione dei "moderni tribunali speciali" simili a quelli che durante il ventennio fascista condannavano al confino, al carcere e alla morte migliaia di comunisti, anarchici e antifascisti, non possiamo tenere una linea conciliante tesa a sperare nella clemenza di magistrati al servizio della reazione in cambio dell'attenuazione della mobilitazione conflittuale delle masse popolari. Dobbiamo invece coniugare la più ampia e determinata mobilitazione di massa e popolare con linee di difesa processuali che rompano con il falso concetto borghese di uguaglianza ("la legge è uguale per tutti") e mettano in luce invece, utilizzando le contraddizioni proprie dell'ordinamento sociale e giuridico borghese, la disparità di giudizio che la magistratura utilizza per giudicare gli appartenenti alle diverse classi sociali (forte con i deboli e debole con i forti) e le motivazioni di alto profilo sociale e politico che muovono le lotte delle masse popolari, degli antifascisti e dei comunisti, come ha brillantemente sostenuto l'avvocato Giuseppe Pelazza difensore del nostro compagno Valter Ferrarato.

La conferma delle condanne in appello ci ha mostrato che la linea conciliatoria, sostenuta dalla maggioranza degli avvocati difensori dei 18 antifascisti, non paga (due assolti e un derubricato su 18 non rappresentano certo una vittoria), mentre la mobilitazione messa in atto durante la sentenza di primo grado, malgrado la criminalizzazione dei media e di tutto l'arco politico borghese contro gli antifascisti fosse ancora in atto, ha costretto il giudice Barbuto ad assolverne ben nove. La conferma delle condanne ha anche mostrato i nostri limiti nel mobilitare orientare e dirigere le masse popolari. Sono limiti da ricercare principalmente nel non avere messo al centro della battaglia la mobilitazione delle masse popolari e il non essere intervenuti adeguatamente nella mobilitazione delle forze sinceramente democratiche.

Non abbiamo sfruttato l'esperienza acquisita con la battaglia contro l'ottavo procedimento durante la quale abbiamo intercettato un gran numero di elementi delle masse popolari raccogliendo quasi 5000 firme in solidarietà con i compagni e contro la persecuzione dei comunisti. Questo lavoro tra le masse popolari, affiancato alla condotta di rottura processuale, si è dimostrato efficace ed ha scongiurato l'estradizione dei compagni del (n)PCI dalla Francia, ha prodotto la derubricazione del reato di 270 bis avanzato nei loro confronti e l'archiviazione del procedimento giudiziario.

Dobbiamo rimandare le accuse al mittente e utilizzare gli attacchi rivolti al movimento antifascista e comunista in attacco contro il nemico di classe e i suoi degni servi e rappresentanti superando i principali limiti di cui sopra.

Ci auguriamo anche che questa riflessione possa contribuire a interrompere lo scoramento e la sfiducia che si è mostrata, in tutta la sua concretezza, sui volti e nelle espressioni della cinquantina di compagni e compagne intervenuti a sostegno dei processati all'udienza della sentenza di appello.

L'acuirsi della repressione, la persistente violazione delle elementari regole democratiche, l'accanimento con il quale vengono perseguiti i comunisti, gli antifascisti, gli anarchici e i movimenti di lotta, dimostrano che la borghesia imperialista è in grande difficoltà nel perseguire i suoi scopi e il suo programma di soprusi e di rapina. Le difficoltà della borghesia rappresentano un nostro punto di forza se, grazie ad una corretta concezione riusciamo a mettere in pratica una linea efficace che trasformi i suoi disperati attacchi in armi che possiamo rivolgerle contro.



Se la borghesia ci attacca è perché ci teme. Trasformiamo i suoi attacchi in un nostro punto di forza