31.10.07
il manifesto
Anche il G8 spacca l'Unione
Bocciata l'indagine su Genova 2001: assenti i socialisti e contrari Idv e Udeur. Il Prc: «Intervenga il governo». Amato: «Vedremo, lasciamo fare i processi»
Sara Menafra
Roma
Il tifone della crisi di governo s'era appena placato che ieri la commissione parlamentare di inchiesta sul G8 ne ha nuovamente gonfiato le nuvole. Con un blitz neppure troppo originale, centrodestra, Italia dei valori, Udeur e socialisti (assenti) hanno messo al tappeto la proposta presentata dalla maggioranza. Almeno per il momento, la legge che propone di indagare sui fatti del G8 non esiste più: il testo elaborato dal relatore Gianclaudio Bressa (Pd) è stato bocciato e, fino a ieri sera, non era chiaro se l'aula potrà ugualmente discutere dell'istituzione di questa commissione o se la partita si sia chiusa così.
Più dei parlamentari del centrodestra che si sono presentati in massa al momento del voto, a sorprendere i sostenitori della proposta è stata l'assenza dei due parlamentari socialisti, Cinzia Dato e Angelo Piazza. In teoria, il centrosinistra avrebbe potuto contare su una maggioranza solida: su quarantanove membri, ventidue sono dell'opposizione e ventisei della maggioranza, escluso il presidente Luciano Violante che s'è dato la regola di astenersi dinnanzi a tutte le proposte. Idv e Udeur hanno sempre detto di essere contrari, ma anche senza di loro il testo sarebbe dovuto passare, per un voto appena. Decisivi i socialisti, che fino all'altroieri sembravano convinti del testo presentato da Bressa: «Nei mesi passati - spiega lui - Angelo Piazza mi aveva spiegato di essere contrario ad una proposta che si sovrapponesse ai processi in corso. E infatti il mio testo parlava di "ricostruzione dell'accaduto", senza riferimenti a fatti specifici. Una formulazione che, mi aveva detto, lo convinceva». Invece, ieri mattina Angelo Piazza non s'è presentato in commissione e Cinzia Dato ha spento il cellulare spiegando poi, tramite agenzie di stampa, di essere poco convinta della proposta avanzata. Un fulmine inaspettato per la maggioranza, che a quel punto ha subito l'assalto dei parlamentari della destra senza poter reagire.
Le ragioni dello smacco paiono essere molteplici. Secondo alcuni c'entra anche il tira e molla per un rimpasto di governo. Nell'ipotesi che, passata la finanziaria, Prodi si metta a capo di un governo bis, le due metà della Rosa nel pugno vogliono entrambe un posto a tavola. I radicali non intendono mollare lo scranno della Bonino e i socialisti, per ora senza dicasteri, reclamano una posizione altrettanto prestigiosa.
Ma poi, c'entra il G8, col suo carico di accuse agli attuali vertici delle forze armate. Se Antonio Di Pietro («Un'inchiesta sui fatti del G8 deve essere fatta tenendo conto dei comportamenti di tutti coloro che erano parti in causa; le questioni sono due: i comportamenti dei manifestanti e quelli della Polizia») e Clemente Mastella («La commissione era nel programma? Non l'avevo letta») rivendicano la propria contrarietà, un ampio pezzo della maggioranza preferisce che la discussione su quel che accadde nel 2001 si svolga altrove. Anche se questo vuol dire archiviare una proposta che, per la verità, vede parecchi pareri contrari anche tra ex manifestanti e avvocati delle vittime dei pestaggi. «Non ho mai pensato che sul G8 non si dovesse indagare e in passato ho chiesto anche le dimissioni dell'allora capo della polizia, ma non voglio che questa commissione diventi un processo alle forze dell'ordine», dice il capogruppo della Rosa nel pugno socialista, Roberto Villetti.
Rifondazione, che della commissione ha fatto una bandiera, è andata su tutte le furie. «E' un atto gravissimo, si preferisce l'insabbiamento alla ricerca delle responsabilità per quanto accaduto», ha sbottato, duro, Paolo Ferrero. L'ira del ministro, e del presidente della Camera Bertinotti, potrebbe non bastare a riesumare la commissione. Anche perché palazzo Chigi ha fatto sapere di non voler intervenire. Il ministro degli interni Giuliano Amato l'ha detto meglio di tutti: «Qualcosa di veramente grave allora è successo. C'è un tribunale che sta accertando la verità, ed è stata la giustizia ciò che iddio ha inventato per accertare la verità degli uomini».
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movimento
Il popolo di Genova punta sul 17 novembre
Simone Pieranni
Sulla commissione d'inchiesta parlamentare si discute da tempo anche all'interno del movimento. Una sorta di pro e contro che si è sviluppato intorno all'oggetto dell'indagine. Non una polemica contrapposta, quanto un invito al dibattito su quanto rimarrebbe ancora da scoprire di quel luglio 2001. I rischi della commissione parlamentare di inchiesta, evidenziati anche sul manifesto, vertevano su un'analisi di quanto già si conosce del G8 e sulla necessità che ad essere indagate fossero le volontà politiche di chi determinò quelle giornate, piuttosto che una semplice inchiesta sulle operatività degli uomini delle forze dell'ordine. O la commissione punta in alto - sosteneva il fronte interno critico sulla commissione, come ad esempio Supporto Legale, la rete di attivisti che segue i processi genovesi - ai vertici politici e di polizia e carabinieri che si adoperarono in quei giorni, oppure rischia di essere un boomerang, visto che la maggioranza, si pensava, non sarebbe stata in grado di arginare chi al suo interno avrebbe spinto per mettere ancora una volta sotto inchiesta i manifestanti. Oppure si segnalava il rischio che la commissione si limitasse a una attività spuria, come già fatto dal governo di centrodestra, che la aprì e chiuse a tempo di record subito dopo i fatti. E' più importante sapere, ci si chiedeva, quante volte Mortola o Dominici (imputati per la Diaz) hanno toccato il sacchetto con le molotov false, oppure chiarire il ruolo dell'ex capo della Polizia De Gennaro? Occorre, si diceva, fare pesare le responsabilità politiche, non solo penali e operative: per le strade e anche in piazza Alimonda.
Il fronte del sì insisteva sulla necessità che il Parlamento si facesse carico di quanto accaduto a Genova, sottolineando come l'impostazione dei lavori andasse proprio nella direzione di indagare sulle responsabilità più alte di politici e polizia. Agnoletto, ancora ieri, sottolineava questo aspetto: «Il popolo di Genova chiede dal 2001 che si individuino i mandanti delle violenze commesse al G8, sia tra i vertici delle forze dell'ordine che tra i vertici politici di allora». Insieme ad Haidi Giuliani, anche il Comitato Verità e Giustizia ha ribadito la propria richiesta: «Per le vittime degli abusi è un'ulteriore umiliazione».
Il dibattito è durato un anno e mezzo ed è destinato ormai a morire. Restano i processi e la manifestazione del 17 novembre, quando il popolo di Genova tornerà nel capoluogo ligure per dimostrare che Genova è ancora una ferita aperta e non il teatrino per subdole manovre politiche.
La posta in palio, del resto, è alta e lo dimostrano le frecce avvelenate già lanciate da maggioranza e opposizione, prima che la Commissione venisse respinta. Edmondo Cirielli, di Alleanza nazionale - nonché ufficiale dei carabinieri in aspettativa per incarico parlamentare e padre della omonima legge che rischia di salvare molti esponenti delle forze dell'ordine sotto processo a Genova - aveva battuto il primo colpo, chiedendo che la commissione vertesse sui black bloc e non su polizia e carabinieri. Gli aveva risposto Luigi Li Gotti, dell'Italia dei Valori, chiedendo di togliere la parte del provvedimento che a suo parere emetteva un giudizio di condanna delle forze dell'ordine. Luigi Li Gotti è anche l'avvocato difensore di Francesco Gratteri, imputato alla Diaz, ex capo dello Sco, ex questore a Bari e oggi a capo della direzione centrale anticrimine.
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Haidi Giuliani: «Se non si fa mi dimetto»
La senatrice del Prc, mamma di Carlo: «Non temo una indagine che parli anche del movimento»
Sa. M.
Roma
Senatrice Giuliani, qual è stata la sua prima reazione alla notizia che la commissione d'inchiesta sul G8 2001 è stata bocciata dalla commissione Affari costituzionali?
Le dimissioni. Sono arrivata in senato per fare questa commissione, è quello di cui ho parlato durante tutta la mia campagna elettorale. Se il parlamento si rifiuta di costituirla è giusto che me ne torni a casa.
E poi?
Poi mi hanno spiegato che c'è ancora la possibilità di portare il progetto in aula. Ho deciso di aspettare, sono sei anni che mi batto per fare questa commissione che potrebbe chiarire anche come è morto mio figlio, Carlo (ucciso in piazza, l'inchiesta giudiziaria è si è conclusa con un non luogo a procedere ndr). Posso aspettare ancora, figuriamoci se mi arrendo.
Di chi è la colpa per quel che è accaduto in commissione?
La destra ha sempre parlato della difesa dell'onorabilità delle forze dell'ordine. Nel centrosinistra, invece, sono in molti ad essere contrari alla commissione, ad aver paura di quel che può venir fuori.
C'è anche chi teme che questa indagine parlamentare possa essere un boomerang per «il movimento». Sono in molti a proporre di indagare sulle violenze messe in atto dai manifestanti...
Facciamolo. Scopriremo che molti dei cosiddetti black bloc sotto la maglia nera indossavano una divisa. L'inchiesta dovrà spiegare perché 80.000 agenti non sono stati in grado di fermare quattro ragazzini.
La procura di Genova ha appena chiesto pene durissime per 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio.
Se non fosse una cosa devastante per le vite degli imputati di quel processo, sarebbe risibile. Venticinque persone che neppure si conoscevano tra loro sarebbero state in grado di mettere in crisi le nostre forze dell'ordine? Come facciamo a fidarci di chi gestisce la sicurezza dei cittadini?
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liberazione 31.10.07
Mentre il governo vara il pacchetto sicurezza, i voti di Idv e Udeur
affossano la commissione. Mascia: «Ora sarà l'aula a dover decidere»
Di Pietro & Mastella
(ancora con le destre)
affossano la verità
sul G8 di Genova
Anubi D'Avossa Lussurgiu
Autore: l'Unione. Titolo: Per il bene dell'Italia. Sottotitolo: Programma di governo 2006-2011. Pagina 77, capitolo sesto, titolo: Un Paese sicuro. Sottotitolo: Una strategia per la sicurezza. Dalla premessa: «La politica del centrodestra al riguardo si è mostrata del tutto indifferente: a vuoti annunci si sono affiancate misure che contrastano con il rispetto della legalità, l'inerzia rispetto alla criminalità economica, un abbassamento della guardia nel contrasto alla criminalità organizzata, l'utilizzo delle forze di polizia per operazioni repressive del tutto ingiustificate». E poi: «Basti pensare ai fatti di Genova, per i quali ancora oggi non sono state chiarite le responsabilità politica e istituzionale (al di là degli aspetti giudiziari) e sui quali l'Unione propone, per la prossima legislatura, l'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta».
Questa premessa del capitolo sulla sicurezza del programma dell'Unione ieri è stata cassata, cancellata, sepolta dal voto della commissione Affari Costituzionali della Camera, presieduta da Violante. Commissione nella quale l'Unione è in netta maggioranza, come nell'intero ramo parlamentare di Montecitorio. Ma di tale maggioranza, ieri, alcune parti hanno sputato sul programma che in Parlamento le ha portate. E hanno votato con l'opposizione delle destre. Contro la sudatissima istituzione della commissione d'inchiesta sul G8.
Lo ha fatto il deputato Costantini dell'Italia dei Valori di Tonino Di Pietro, mentre il capogruppo alla Camera, Donadi, al voto non si è presentato. E ha votato no anche l'unico componente dell'Udeur. Assenti i due socialisti della Rosa nel Pugno nell'organismo. Risultato, 22 sì contro 22 no. Proposta respinta. I presenti erano 45 su 49, contando il presidente Luciano Violante non votante come «da consuetudine». Quattro assenti, tutti della maggioranza. Tre con motivazioni politiche: Donadi rivendica (ed estende al no di Costantini) e lo fanno anche i due socialisti, «perché non ci ha mai convinto una sovrapposizione tra una commissione d'inchiesta con i poteri dell'autorità giudiziaria e lo svolgimento di ben quattro processi in corso». E il quarto assente? Del gruppo misto, legato a Follini.
Proprio ieri, a Palazzo Chigi, è stato varato il "pacchetto sicurezza" criticato dalle sinistre ma voluto da Amato in nome di ciò che segue in quel capitolo 6 del programma dell'Unione. Così, mentre il governo forza su un versante del compromesso elettorale, l'altro viene affondato in Parlamento. Ulteriore dimostrazione che il compromesso è bruciato: non da ignoti, bensì con motivazione e disegno precisi.
In questo caso è uno schiaffo alla coscienza civile, alla memoria collettiva cui, ben al di là di "noi che siamo stati Genova", si rivolgevano gli impegni stracciati. Basta leggere la firma di Haidi Giuliani, la madre di Carlo - senatrice indipendente del Prc proprio in nome della battaglia di verità - accanto a quella di Graziella Mascia, deputata di Rifondazione nella Prima Commissione della Camera, sotto queste parole: «Chi nella maggioranza ha votato contro la commissione d'inchiesta sul G8, ora condivide con la Cdl una responsabilità gravissima: la volontà di negare la verità a chi la chiede nel Paese».
Ma nella Affari Costituzionali proprio Mascia è stata aggredita dall'alleatonazionale La Russa al grido «voi li avete armati, i manifestanti violenti!». La stessa cosa che dice Fini, nel suo proclama di vittoria col quale ringrazia gli affossatori, anche «della maggioranza», della commissione d'inchiesta, per lui «cambiale che si pagava agli amici del black blokers, alla sinistra più radicale», con le sue «coperture e amicizie in Parlamento e al governo» agli «aggressori» contro «le forze di Polizia».
Nel governo, piuttosto, il problema è che arrivano echi fedeli al verbo finiano. Arrivano dai due "ladri di Pisa", Mastella e Di Pietro. L'ultimo riscrive il programma e dice di difenderlo rifiutando «l'uso strumentale della commissione», che starebbe nell'indagare «limitatamente ai comportamenti della Polizia». Il guardasigilli, a sua volta, semplicemente dice su quella pagina 77: «Io non l'ho letta». Certo: come quella sui Dico.
Ora si vede tutta la posta gioco della battaglia per la commissione d'inchiesta. Che non c'entra coi processi in corso, dove a rischiare materialmente sono i 25 manifestanti imputati dell'abnorme "devastazione e saccheggio". Ma tanto più perché chi ha posto il veto vuole lasciare la parola solo a quelle aule, escludendo la verifica dello Stato su se stesso, non può finire qui. Giuliani e Mascia annunciano: «Ora sarà l'Aula a dover decidere». Lo stesso per Pdci e Verdi, ma anche per i deputati radicali che condannano la linea dei due socialisti, come pure fa il socialista Crema. Spiazzato, tutto l'Ulivo stavolta - compresa la sindaca di Genova, Vincenzi - difende la proposta. E se il ministro Ferrero definisce «atto gravissimo» la bocciatura, il capogruppo del Prc alla Camera, Migliore, chiede: «Deve intervenire il presidente del consiglio Prodi, che è anche il capo della coalizione».
Palazzo Chigi risponde solo ufficiosamente: «È stata una decisione del Parlamento, ci sarà una valutazione del governo». Per Amato, ieri sera al Tg1 , è questa: «C'è un tribunale che sta accertando la verità ed è stata la giustizia ciò che iddio ha inventato per accertare la verità degli uomini». Le dimissioni, invece, sono ciò che iddio ha inventato per i governanti che spregiano gli impegni.
31/10/2007
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