Repubblica Genova
Pericu: "Le zone buie del mio G8"
Tutto quello che la giustizia penale non può chiarire
Perché non hanno controllato i black bloc e chi ha deciso le irruzioni?
Solo la commissione parlamentare chiarirebbe le decisioni politiche
Intervista all´ex sindaco che da quei giorni chiede la verità e la
giustizia
FRANCO MANZITTI
Nel giorno in cui il G8 finiva nella scia di sangue dell´assalto alla
Diaz, dopo la morte di Carlo Giuliani e quando ancora non si sapeva delle
torture a Bolzaneto, ma si erano appena viste le scene dei pestaggi e
delle devastazioni in tutta la città, il sindaco del G8 aveva chiesto
giustizia e chiarezza. Era il più legittimato, non solo per la carica ma
per il ruolo di grande equilibrio dimostrato in quei giorni terribili,
indimenticabili e quando in maniche di camicia, con il megafono in mano,
aveva chiesto ai dimostranti di non sfondare la zona rossa in Piazza
Dante, di evitare uno scontro che avrebbe provocato una tragedia, dopo
quella, per lui e per la sua città incancellabile, della fine del ragazzo
Giuliani.
Genova sanguinava e Beppe Pericu, il sindaco che il G8 lo aveva preparato
e vissuto con tutti i suoi momenti drammatici, era severo e fiero nel
rivendicare verità e giustizia, mentre le gru incominciavano a tirar su le
macerie delle distruzioni e le cancellate della zona rossa. Oggi che la
verità politica sui fatti del luglio 2001 si allontana ancora con le
divisioni del governo che affondano la commissione parlamentare
d´inchiesta, il professor Giuseppe Pericu, non più sindaco da sei mesi, ha
lo stesso tono e la stessa forza nel denunciare i vuoti di democrazia di
fronte al no alla commissione di inchiesta parlamentare. E lo fa in questa
intervista, seduto come un cittadino qualsiasi in un angolo di palazzo
Tursi, dove la sua successora Marta Vincenzi sta tenendo la sua Conferenza
Strategica sul futuro del porto.
Cosa significa il no alla commissione parlamentare per lei che ha vissuto
quei giorni, quelle ore drammatiche, cariche di dubbi e di domande?
«I processi penali non sono in grado di accertare le responsabilità
politiche complessive di quanto accadde. I magistrati penali lavorano
sulle singole responsabilità. Potranno scoprire chi sono i manifestanti
che hanno devastato, i poliziotti che hanno picchiato, attribuendo singole
responsabilità. Ma la commissione d´inchiesta potrebbe rispondere a ben
altre domande che l´accertamento delle singole responsabilità.»
A quali per esempio?
«Perché il Governo aveva costruito in quel modo il piano di presidio della
città, come aveva funzionato la rete di prevenzione per fermare i più
violenti, prima che arrivassero in città. I giudici del Parlamento
potrebbero verificare se veramente l´obiettivo politico era che il vertice
andasse a buon fine, al suo fine o se, invece, sul piano dell´ordine
pubblico si intendeva un´altra conclusione.»
E quali sono le zone buie di quei giorni, quelle nelle quali lei da
sindaco e poi in seguito non ha mai visto accendersi una luce di verità?
«Ce ne sono almeno tre che mi hanno sempre tormentato e sulle quali la
giustizia penale non poteva fare luce. Primo: perché non c´era mai stata
una verifica sulla reale conoscenza dei movimenti eversivi terroristici e
anche di no global estremisti che potevano prendere Genova come pretesto
per le loro azioni criminose? Chi ne è responsabile? Secondo: chi aveva
deciso la tattica di preparazione per contrastare le azioni di sabotaggio?
Perché quei container messi nelle strade di cui neppure io che ero il
sindaco sapevo nulla? Ricordo che sapevamo bene, invece, che nello stadio
Carlini c´erano delle cellule eversivi pronte a colpire duramente la città
e lo avevamo segnalato fino dal martedì senza che fosse fatto nulla.
Terzo: durante tutto il vertice era emersa la non conoscenza investigativa
dei black bloc. Eppure venivamo da Goteborg. Perché non li contrastarono
efficacemente? Infine, e questo è il punto più buio, la Diaz e Bolzaneto
sono stati frutto dell´iniziativa di qualche singolo o rispondevano a una
strategia a una tattica? In questo caso chi l´aveva ordinata?
Domande che riguardano l´azione del governo di allora?
«Certamente. Ora la città ha in qualche modo metabolizzato quei traumi e
anche quei dubbi, ma le ferite restano aperte e anche io mi chiedo se ci
furono allora reali sospensioni delle garanzie costituzionali. La
commissione dovrebbe verificare. Non avevamo la libertà di circolare, per
esempio, ma ciò era per un´emergenza....Insomma le domande senza risposte
sono tante. Per questo io spero ancora che il Parlamento possa vararla
quella commissione d´inchiesta. Ripeto non si può chiedere ai giudici di
risolvere quanto non possono risolvere. Non è in grado di farlo neppure il
più capace Pubblico Ministero che ci sia»
Secondo lei cosa resterà nei libri di Storia del G8 genovese?
«Che è stato un momento di grande maturazione della città, che ha preso
coscienza della globalizzazione, dei suoi problemi, emersi a Seattle e poi
proprio qua maturati con ampi dibattiti, con le tragedie che conosciamo ma
in un percorso nel quale noi siamo stati una tappa. Non si può negare che
grazie a quel G8 Genova è tornata sulla cartina geografica. Con tanti
dubbi, con tante domande, per le quali si aspetta una risposta fin´ora non
pervenuta.»
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Commissione c´è ancora tempo per rimediare
WALTER VELTRONI
CARA Marta, ieri, interpretando i sentimenti della tua città, hai detto
che Genova sta vivendo la battuta d´arresto subita dalla Commissione
d´inchiesta sui fatti del G8 con profondissima delusione, come un´offesa,
con il dolore che viene da ferite profonde che non si sono ancora
rimarginate. Hai perfettamente ragione ed io da Sindaco sento il bisogno
di esprimere innanzitutto la mia solidarietà a te e, attraverso te, alla
tua città, a tutti i genovesi. Nessuno di loro, nessuno di noi, può
dimenticare quei giorni. Furono un incubo: scontri tra manifestanti e
polizia, ragazzi picchiati, la città devastata da bande di black bloc.
Luoghi di Genova strappati alla vostra serena consuetudine e consegnati
alle cronache di tutto il mondo con immagini di violenza e purtroppo anche
di morte, di una giovane vita spezzata: la scuola Diaz, la caserma di
Bolzaneto, piazza Alimonda e Carlo Giuliani. Sono passati sei anni, ma
sono davvero ferite non ancora rimarginate. Ferite private, dolorosamente
personali, per le quali serviranno il tempo e la fatica di un percorso
necessariamente individuale. Ferite più ampie, pubbliche e collettive, per
le quali non c´è che una cura: l´accertamento della verità, di tutta la
verità su quanto accadde in quei giorni. E´ questa l´unica strada, questo
l´unico modo. Lo disse già allora il presidente Ciampi, chiedendo si
facesse ‘piena luce su quanto accaduto a Genova´, sottolineando come a
volerlo non fosse solo lui, ma ‘tutti gli italiani, senza distinzione
alcuna´. Hanno chiesto verità, in tutti questi anni, le persone che si
sono rivolte alla Magistratura denunciando di aver subito violenze e
soprusi da parte di esponenti delle forze dell´ordine, sottoposti a
giudizio insieme a coloro che sono accusati di avere, in quegli stessi
giorni, devastato e saccheggiato la città. La Magistratura sta portando
avanti il suo lavoro, che come è giusto non può che essere incentrato su
precisi episodi e su singole persone.
La Commissione d´inchiesta avrebbe dovuto, dovrebbe, fare altro:
ricostruire i fatti, tutti, e chiarire le responsabilità, quelle che ci
furono e quelle che vennero meno. Non dobbiamo avere paura dei fatti.
Nella storia di questo Paese per troppo tempo, e per troppe volte, la
verità su alcune delle pagine più delicate e oscure della nostra vita
pubblica non è mai arrivata, o è arrivata frammentata, distorta, opaca.
Per confondere, non per chiarire. Per conservare, non per cambiare e
crescere. Oggi, anche su questo, dobbiamo voltare pagina. Si può fare, ci
sono le condizioni per farlo. La trasparenza, il rapporto di fiducia tra
istituzioni e cittadini è interesse di tutti. E´ interesse delle autorità
di pubblica sicurezza, delle forze dell´ordine, delle tantissime persone
serie e preparate che ogni giorno lavorano per il bene comune, al servizio
dei cittadini, per la nostra sicurezza, per il rispetto della legalità.
Molte di queste persone sono quotidianamente in prima linea, rischiano la
vita. Lo sanno, eppure continuano a farlo, come hanno fatto nel corso
degli anni più duri e difficili che l´Italia ha conosciuto, tutti coloro
che la vita l´hanno sacrificata. Per servire le istituzioni, per la
collettività, per tutti noi. Non sono certo persone così a temere la
ricostruzione dei fatti, al contrario. Non è un caso che appena nominato
Capo della Polizia, pochi mesi fa, Antonio Manganelli diceva proprio al
giornale di Genova non solo di non aver timori, ma di auspicare,
‘qualunque mezzo, qualunque, possa servire a stabilire la verità, a capire
che cosa è accaduto in quei giorni. C´è ancora tempo per rimediare, per
istituire quella Commissione d´inchiesta della quale hai detto, cara
Marta, Genova non può fare a meno. E´ così, e vale per tutti gli italiani.
Non per perseguire meri intenti punitivi, ma per avere verità. Ne ha
bisogno chi ha subito offese e deve ritrovare fiducia nella giustizia del
suo Paese. E´ importante per la nostra democrazia, che dalla verità dei
fatti e dalla trasparenza delle istituzioni ha solo da guadagnare».
VALTER VELTRONI
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Carlo
Forum Per La Sinistra Europea - Genova
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Coordinamento Genovese contro l'Alta Velocità
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