[NuovoLab] Indagine G8, l'Unione ci riprova

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secolo xix

Indagine G8, l'Unione ci riprova
dopo l'affondamento della commissione
Interviene Prodi: «È un impegno che abbiamo preso e che non intendiamo
disattendere»
Roma. La partita non è ancora chiusa: la possibilità che il Parlamento
istituisca una commissione di inchiesta per accertare "responsabilità
politiche ed istituzionali" di quei terribili giorni del G8 di Genova, c'è
ancora.
I partiti di maggioranza, che solo martedì non erano riuscite a trovare
un'intesa (Mastella e Di Pietro hanno votato assieme alla Cdl),
ricominciano daccapo. La sinistra protesta e chiede rispetto degli
impegni: «I patti sono stati violati: Prodi deve intervenire subito»
intima il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero. «Di Pietro e
Mastella vogliono farci saltare i nervi» accusa anche il sottosegretario
Paolo Cento, Verdi.
Prodi prova a metter pace: «La commissione d'inchiesta sul G8 di Genova è
un impegno preso con il programma del governo che non intendiamo
disattendere. Il voto parlamentare non deve fermare il lavoro degli
inquirenti e di tutti coloro che esigono chiarezza e giustizia a 360
gradi». I moderati dell'Unione vogliono costituire la commissione: ieri
mattina, il sindaco di Roma e neo segretario del Pd, Walter Veltroni ha
scritto una lettera di solidarietà al primo cittadino di Genova.
«Cara Marta - inizia il messaggio diretto al sindaco Vincenzi - c'è una
sola cura per le ferite che non sono rimarginate: l'accertamento della
verità, di tutta la verità su quanto accadde in quei giorni. La
Commissione avrebbe dovuto fare questo: ricostruire i fatti e chiarire le
responsabilità, quelle che ci furono e quelle che vennero meno».
Ma anche il vicepremier, Massimo D'Alema parla di un'occasione perduta:
«E' la maggioranza che sta male, non il governo. Lo scopo della
Commissione di inchiesta non era affatto quella di criminalizzare le forze
di polizia, quanto di accertare responsabilità precise». Ed anche i due
partiti che la maggioranza mette sul banco degli imputati, Idv ed Udeur, a
mente fredda, spiegano. «Non è affatto vero che tra noi e Rifondazione
siano volati gli stracci - ha spiegato, con una punta di veleno, il
Guardasigilli Clemente Mastella - anche se tante volte sono io a rimanere
male per cose che hanno fatto loro: guardate cosa è accaduto sul pacchetto
sicurezza, ad esempio. Non mi piaceva l'idea che una Commissione di
inchiesta potesse essere rivolta contro le forze di polizia in generale».
«Noi non abbiamo affatto tradito - ha spiegato, al Secolo XIX, il
capogruppo dell'Udeur a Montecitorio, Mauro Fabris - e ha ragione Mastella
a dire che "nel programma non c'è traccia" di quanto volevano approvare
ieri. Basta guardare il testo dei progetti di legge, dove si parla di
"individuare i responsabili dell'irruzione nella scuola Diaz". Ma questa è
materia di indagine della magistratura! Una commissione di indagine, come
recita il programma dell'Unione, dovrebbe accertare le eventuali
responsabilità politiche ed istituzionali, non certo quelle individuali.
Cosa facciamo? Ci sovrapponiamo all'inchiesta della Procura di Genova che,
sinora, si è comportata in maniera ineccepibile, mostrando di non guardare
in faccia nessuno. E poi: avremmo dovuto avere anche accesso a notizie
tuttora coperte da segreto? E vi figurate cosa sarebbe accaduto in
Parlamento? E ancora: come si può pensare di fare una commissione
parlamentare, che dovrebbe vedere coinvolta l'opposizione, se tutta la Cdl
ci ha ripetuto più volte che, sulla base di quel progetto di legge non
avrebbe mai partecipato ai lavori?».
Ma è ancora possibile "recuperare" la commissione di inchiesta, appena
bocciata da Montecitorio? «L'Ulivo è pronto a portare il tema in aula -
annuncia, a metà pomeriggio, Dario Franceschini, vicesegretario del Pd -
perché la verità non è né di destra né di sinistra, e, soprattutto, non
è"contro" qualcuno. Il voto non preclude che l'iter del provvedimento
prosegua».
Dal punto di vista procedurale nulla vieta che la questione arrivi
egualmente a Montecitorio. Ma certo, le ferite del voto di martedì in
commissione Affari Costituzionali, non saranno certo rimarginate a fine
anno. «Io al G8 c'ero - ha spiegato Franca Rame, senatrice appena uscita
dal gruppo dell'Idv - Ho vissuto quei giorni spaventosi, e trovo uno
scandalo che si voglia indagare su cosa ha fatto la polizia. Non capisco
perché Di Pietro ha detto "no": non era lui l'uomo della legalità? A
questo punto sono proprio contenta di aver lasciato il suo gruppo
parlamentare».
Angelo Bocconetti

Il sospetto di una trama del "dottor sottile"
C'È CHI si stupisce della posizione dei "socialisti" nella votazione che
ha bocciato la commissione d'inchiesta sul G8. Chi sospetta che, al di là
delle reazioni di rito, questo voto abbia fatto comodo a chi, nel governo
Prodi, non vuole conflitti con la polizia. Il ministro dell'Interno
Giuliano Amato si è precipitato a dire in tv che «ci sono i tribunali per
la verità degli uomini». I tribunali, e non le commissioni parlamentari.
Ma qual è il ruolo del "Dottor Sottile" nella vicenda G8? Nel dicembre
1999 il sindaco di Genova Giuseppe Pericu propone a Massimo D'Alema,
presidente del consiglio, la candidatura della città per ospitare il G8.
La conferma ufficiale giunge nel febbraio dell'anno successivo. A scucire
i cordoni della borsa, con una cifra allora annunciata di 75 miliardi di
lire, il ministro del Tesoro Giuliano Amato. Ma l'esecutivo di D'Alema
capitombola e, nell'aprile 2000, tocca ad Amato sostituirlo. È questo
dicastero a organizzare la gran parte del G8.
Il 26 maggio 2000 il governo Amato nomina Gianni De Gennaro capo della
polizia. De Gennaro viene confermato dal governo Berlusconi. Quando
l'esecutivo del Cavaliere si insedia (l'11 giugno 2001) mancano solo 40
giorni al summit dei Grandi.
Dopo il disastro De Gennaro rimane saldo al suo posto. Il mondo
antagonista protesta, perché molti degli imputati nelle fila della polizia
vengono promossi. Il 17 maggio 2006 entra in carica il governo di Romano
Prodi. Il ministro dell'Interno è Giuliano Amato. Due personaggi simbolo
(al di là delle responsabilità, che dovranno essere accertate dai
processi) dell'inchiesta sul blitz della polizia nella scuola Diaz, la
sera del 21 luglio 2001, vengono promossi quando il governo Prodi è già in
carica. Il 16 giugno 2006 Spartaco Mortola, ex capo della Digos di Genova,
diventa questore vicario (il numero due) della questura di Torino. Il 27
dicembre Francesco Gratteri direttore della direzione anticrimine. Al G8,
era responsabile dello Sco.
Nel giugno scorso De Gennaro viene indagato dalla procura di Genova,
sospettato di pressioni sull'ex questore Francesco Colucci. È evidente che
la sua parabola al vertice della polizia è finita. Il nuovo capo è Antonio
Manganelli, l'ex numero due. Amato offre un'ancora di salvezza a De
Gennaro e lo colloca in una posizione ancor più invidiabile: capo di
gabinetto del ministro.

I pm del G8 smontanoil mito bertinottianodel pacifismo non violento
gianni baget bozzo
Dal 2001 una grande narrazione corre per l'Europa: la storia dei giovani
del mondo che, per reclamare il diritto alla pace di fronte ai G8
convocati a Genova, vengono affrontati con violenza e brutalità dalla
polizia nella caserma di Bolzaneto. Questa immagine è scesa come martirio
sulla memoria di Carlo Giuliani, un giovane ucciso dalla furia di un
carabiniere che obbediva agli ordini ricevuti. Colpa in particolare di
Silvio Berlusconi e di Claudio Scajola, ma in sostanza, simbolo del
carattere drammatico della lotta per la pace e per la giustizia, in cui la
gioventù mondiale testimoniava la sua libertà di fronte a uno Stato di
polizia.
Oggi la posizione dei pubblici ministeri al processo del G8 ci dice verità
contrarie, sfidando il peso della grande narrazione cui tutta la sinistra,
non solo Rifondazione comunista, è rimasta legata. Ci fu un assalto alla
città, ci furono atti violenti, non contro singoli, ma contro l'intera
città, una violenza politica straordinaria. E le grandi pene richieste dai
pubblici ministeri e dall'Avvocatura dello Stato sono costruite su questo
modello che rovescia, con le parole della magistratura, la grande
narrazione del pacifismo disarmato, violato dai manovali della violenza: i
poliziotti e i carabinieri.
La valutazione del reato e le pene prescritte saranno decise dai giudici:
ma ora il quadro è interamente diverso. Esiste una contronarrazione. Che
cosa dirà Fausto Bertinotti, presidente della Camera dei deputati, del
fatto che il suo partito, autore della grande narrazione, ha ritenuto che
a Genova l'unico fatto reale sia stata la violenza dei manovali
dell'anticrimine? O il presidente della Camera, guardiano pubblico delle
istituzioni, critica la posizione dei pubblici ministeri che contrasta il
mito dei Movimenti dei movimenti, su cui Bertinotti ha fondato la
differenza antagonista e il vigore di una sinistra anticapitalista, che
mette in luce le contraddizioni tra la realtà degli uomini e il rigore del
sistema borghese? Ma forse il miglior testimone del vero senso della
narrazione è proprio lui, che, dopo Genova, è divenuto fautore della non
violenza e l'ha introdotta di autorità nella storia postcomunista
contraddicendola tutta. Egli mostra di aver compreso che a Genova la
violenza c'era tutta. Che la grande narrazione del G8 era violenta.
Per la prima volta le posizioni dei giudici non si incrociano con le
posizioni della sinistra in una questione che riguarda il mito fondatore
di Rifondazione comunista.O forse si può sostenere Luigi De Magistris e
Clementina Forleo e condannare come devianti i pubblici ministeri genovesi?
Se i giudici confermassero la tesi dei pubblici ministeri, sarebbe un
problema per Bertinotti. Vorrebbe dire che, nel suo mito fondatore, vi è
la violenza contro una città. Il che non si addice a un presidente della
Camera. Se non sostenendo che tutto ciò che appartiene all'estrema
sinistra è, in sua natura, innocente perchéè di sinistra; e che la
violenza politica appartiene alla storia del fascismo e dei manovali
dell'anticrimine. Quanto lontani sono i tempi in cui Bertinotti si recava
nel Chiapas a incontrare il subcomandante Marcos: e Fidel Castro gli
chiedeva ironicamente, se anche lui, Bertinotti, voleva diventare
guerrigliero.
Come è bello cancellare il passato, diventare Sinistra europea, voce
dell'anticapitalismo nelle istituzioni, ribelle al centro del potere,
privilegiato perché anticapitalista, elogiato perché comunista. Ma i fatti
hanno testa dura, Bertinotti riconoscerà in questo il suo Marx che egli ha
esemplarmente abbandonato. La narrazione continuerà, Giuliani sarà ancora
un martire dei manovali dell'anticrimine, della polizia, volto reale del
capitalismo. La narrazione della non violenza che assorbe una storia
violenta richiede le condizioni del martire. I rifondatori comunisti di
siederanno compunti a Montecitorio nella sala dedicata al martire
qualunque sia l'esito del processo di Genova. La narrazione ha precedenza
sulla realtà.
Gianni Baget Bozzo (bagetbozzo@???), sacerdote e teologo, è
consigliere di Forza Italia.


--
Carlo
Forum Per La Sinistra Europea - Genova
http://versose.altervista.org/
Coordinamento Genovese contro l'Alta Velocità
http://notavgenova.altervista.org/

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