Un'altra sicurezza è possibile

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Un'altra sicurezza è possibile
[30 Ottobre 2007]

Pubblichiamo l’appello inviato ai ministri del governo Prodi e ai capogruppo dell’Unione in parlamento da alcune associazioni [Per adesioni e informazioni: fratucello@???].

Il tema della sicurezza ha assunto una crescente centralità nella discussione politica italiana e influenza sempre più le scelte e gli orientamenti delle amministrazioni pubbliche, degli enti locali e dei governi.
I mezzi di informazione hanno riservato a questo tema uno spazio enorme, determinando vere e proprie campagne di allarme sociale che, partendo da singoli episodi, descrivono le nostre città come invivibili e insicure.
L’insicurezza e la paura viene quasi sempre ricondotta alla presenza di emarginati, poveri e migranti, associando in maniera discutibile i comportamenti illegali alle categorie socialmente più deboli e ai soggetti che vivono in condizioni di disagio abitativo e sociale.
Siamo molto preoccupati per la tendenza a individuare nei più emarginati, rom e migranti in primo luogo, i facili capri espiatori di questo crescente sentimento di insicurezza.
Da anni le organizzazioni sociali laiche e religiose partecipano con impegno e competenza alla individuazione e alla sperimentazione di percorsi di inclusione sociale per superare in maniera positiva le tante situazioni di disagio nelle città, collaborando con le amministrazioni pubbliche e mettendo a disposizione il proprio radicamento territoriale e il lavoro di tanti operatori e di tante operatrici.
Occorre costruire opportunità e spazi di cittadinanza per tutte e tutti. Un welfare adeguato significa rendere i diritti esigibili e universali, indipendentemente dalle condizioni sociali, dai comportamenti e dalle possibilità di ogni individuo C’è bisogno di un intervento che metta al centro le persone, con i loro percorsi e i loro diritti, senza rinunciare a dare risposte alle paure di tante e tanti nostri concittadini, ma ricercando soluzioni concrete, seppur più difficili e complesse, anziché limitarsi a fare semplici dichiarazioni.

La repressione di comportamenti illegali non può tradursi in persecuzione del disagio sociale. Accanto a una giusta attività di repressione, che deve però svolgersi nel rispetto dell’art.3 della nostra Costituzione e prevedendo le giuste garanzie per le persone più deboli, va messa in campo una attività diffusa e radicata, di mediazione sociale e accompagnamento per la risoluzione dei conflitti, che impedisca la crescita di razzismo e frammentazione sociale.
L’impegno straordinario di personale di pubblica sicurezza per affrontare il disagio sociale e abitativo si traduce in minori forze impegnate contro la grande e la piccola criminalità e un progressivo intasamento del sistema giudiziario.

Chiediamo alle forze politiche, al Parlamento, al Governo e a tutti coloro che hanno responsabilità di governo del territorio di riportare la discussione sul disagio sociale e sulla sicurezza su un terreno costruttivo e di confronto che veda protagoniste tutte le forze sociali, i cittadini e le cittadine, compresi migranti e minoranze, ricercando soluzioni condivise e sostenibili che abbiano il segno della giustizia e della solidarietà.
Le città aperte sono più sicure.
Il razzismo rende tutte e tutti più insicuri.

Primi firmatari: Paolo Beni (ARCI), Stefano Rodotà, Don Luigi Ciotti (Libera), Livio Pepino (MD), Lorenzo Trucco (ASGI), Sergio D’Angelo (DROM)

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