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Processo G8, i conti non tornano
Lorenzo Guadagnucci, 26 ottobre 2007
Centomila euro a testa chiesti ai 25 imputati di devastazione e saccheggio
a Genova. Ma come si fa a giudicare il danno d'immagine subito dall'Italia
nel mondo durante il G8 del 2001, senza includervi il comportamento delle
forze dell'ordine?
Centomila euro a testa per i danni d'immagine subiti dallo Stato italiano:
la richiesta di Ernesto De Napoli, avvocato dello Stato, al processo
contro 25 persone accusate di devastazione e saccheggio per il G8 di
Genova, è così sorprendente da apparire grottesca. Ma non è uno scherzo, e
merita d'essere presa sul serio.
Le ragioni principali addotte dall'avvocato De Napoli sono sostanzialmente
due. Primo: "le gesta scellerate dei violenti", ha spiegato, hanno avuto
"risonanza planetaria", diffondendo quindi un'immagine negativa del paese.
Secondo: l'operato delle forze dell'ordine, che secondo le difese è stato
una delle cause dei disordini, non è pertinenza del processo, e in ogni
caso, dice l'avvocato, questa eventualità "non può infirmare in alcun modo
le devastazioni poste in atto dai violenti, colpevoli dei delitti contro
l'ordine pubblico".
I due punti, in realtà, sono strettamente collegati, e la valutazione di
De Napoli andrebbe ribaltata. Come si fa a giudicare il danno d'immagine
subito dall'Italia nel mondo durante il G8 del 2001, senza includervi il
comportamento delle forze dell'ordine? Che cosa scandalizza di più: un
teppista che fa il suo mestiere e lancia una molotov, una squadra del
black bloc venuta dall'estero a compiere azioni di vandalismo, o forze di
polizia che caricano un corteo non autorizzato, che inseguono e pestano
manifestanti inermi, che massacrano decine di persone in un dormitorio,
che maltrattano detenuti in una caserma, che sparano venti colpi di
pistola e infine uccidono un ragazzo 'armato' di un estintore a quattro
metri di distanza da una camionetta?
Basta fare un giro su Google per scoprire che le parole chiave del G8 -
Diaz, Bolzaneto, Alimonda, Carlo Giuliani - compaiono nelle lingue più
impensabili e hanno davvero scandalizzato il mondo. Allora, che
risarcimenti dovrebbe chiedere l'avvocatura dello Stato alle nostre forze
dell'ordine?
Quel che sorprende, in queste prese di posizione, e in altre analoghe,
tutte protese a mettere sui piatti di un'immaginaria bilancia le "violenze
dei manifestanti" e "la risposta delle forze dell'ordine", è l'assurda
ricerca di un equilibrio fra cose che non possono essere equiparate. Le
violenze di strada a Genova ci sono state e andrebbero giudicate per
quello che sono, con tutti i distinguo del caso, perché un conto è reagire
a una carica ingiusta e ingiustificata, lanciando qualche sasso, un conto
è organizzarsi, come ha fatto il 'blocco nero', per distruggere bancomat,
vetrine e incendiare automobili. Per gli uni e per gli altri, c'è un
giudizio da articolare e un codice penale da applicare, senza mai
dimenticare il contesto. Ma non si possono 'giustificare' le violenze e
gli abusi degli agenti come risposta a questi episodi. Gli agenti non
devono rispondere a niente e nessuno, se non alla legge e alla
Costituzione. Se salta questo principio, saltano le garanzie democratiche.
Perciò la richiesta di risarcimento per i danni d'immagine è paradossale.
E' bene dirlo e ribadirlo con forza: la questione centrale, quando
parliamo di Genova, è la violazione dei principi costituzionali perpetrata
in più occasioni, per più giorni, da apparati dello Stato.
Quelli in corso a Genova sono processi politici e la tentazione di
arrivare a sentenze esemplari e vendette preventive è molto forte. Così si
spiega l'applicazione del reato di devastazione e saccheggio nel caso dei
25 imputati, con le pene esagerate che ne conseguono, così si spiega anche
l'esorbitante richiesta di risarcimento dell'avvocato dello Stato. Si
stanno creando dei capri espiatori e degli inutili polveroni, nel
tentativo di coprire la cruda realtà dei fatti.