Aldo, ucciso in carcere
Chi ha ammazzato Bianzino non voleva lasciare segni sul corpo. Arrestato per
marijuana, l'uomo è morto in una cella d'isolamento del carcere di Perugia. La
procura indaga per omicidio volontario
Emanuele Giordana
Aldo Bianzino, trovato morto dieci giorni fa nella cella di un carcere di
Perugia, è stato ucciso. Ed è stato ucciso senza lasciar tracce esterne sul
corpo. L'ipotesi a cui sta dunque lavorando la procura di Perugia è quella
dell'omicidio, mentre sta vagliando la possibilità che le lesioni interne
riscontrate dagli esami autoptici possano essere dovute all'atto volontario di
persone al momento non identificate. Ignoti, che colpirono in modo da non
lasciare segni esterni. In due parole: omicidio volontario.
Particolari sempre più inquietanti emergono nel caso del quarataquattrenne
piemontese che da anni viveva pacificamente nel suo casale della campagna umbra
con la famiglia e che venerdì 12 ottobre fu arrestato con la compagna per
possesso di piante di canapa. E dopo oltre dieci giorni dalla sua morte,
rimasta confinata in prima lettura nella casistica delle «morti naturali» e
approdata soltanto nelle cronache delle edizioni locali, la vicenda sta
diventando un caso nazionale già oggetto di due interrogazioni parlamentari,
dell'interessamento diretto del sottosegretario alla giustizia Manconi e
dell'osservatorio che fa capo a Haidi Giuliani.
Tra gli amici di Aldo, che fin dal primo momento avevano avanzato più di un
sospetto sulla morte di un ragazzo che non aveva niente a che fare con giri di
mala e spaccio e che tutt'al più si fumava qualche spinello, la sensazione che
finalmente la procura abbia imboccato la via giusta è rafforzata dalle
assicurazioni che il sostituto procuratore Giuseppe Petrazzini, che si occupa
dal caso, ha dato personalmente alla famiglia: «Sarebbe mostruoso pensare che
io possa coprire qualcuno», ha detto alla compagna di Aldo, Roberta Radici, e
al figlio Rudra, accompagnati ieri dall'avvocato Massimo Zaganelli in procura.
«La giustizia farà il suo corso».
A questo punto non potrebbe fare altrimenti dopo che i risultati di una
prolungata autopsia, che ancora non si è conclusa, avrebbero evidenziato
lesioni profonde nella regione cerebrale che però non corrispondono a nessun
segno sul corpo di Aldo. A sorpresa ieri mattina, Zaganelli ha fatto assistere
alle prove autoptiche anche una consulente legale di parte, la dottoressa Laura
Paglicci Reattelli, una donna di lunga esperienza (che si occupò del
riconoscimento del corpo dell'estremista di destra Nardi). E il responso, non
ancora definitivo, conduce a due ipotesi scartandone ampiamente una. Quella
scartata riguarda la possibilità che le lesioni interne siano dovute e una
caduta accidentale (dal lettino della cella ad esempio): ci sarebbe infatti un
ematoma che però non c'è. Le due ipotesi possibili, entrambe riconducibili a un
atto violento contro il corpo di Aldo, potrebbero invece ricondurre o a un
violento sbatacchiamento del collo che ha prodotto emorragie interne o a
lesioni alla materia cerebrale causate con un'arma impropria, utilizzata in
modo da non far percepire i colpi (spranghe ricoperte da stracci bagnati ad
esempio). Una sorta di «codice rosso» utilizzato per punire Aldo cercando poi
di avvalorare la tesi del decesso per cause cardiache, come infatti era emerso
in un primo tempo. Ipotesi inquietanti e che rimandano a responsabilità,
individuali o collettive, che la magistratura dovrà chiarire.
Come che sia, l'ombra che grava sulla prigione perugina di Capanne, anche solo
per omessa sorveglianza, si allunga a vista d'occhio. Resa più oscura da almeno
due elementi. Il primo è che, come ancora ieri ha confermato la magistratura
umbra, Aldo in cella era solo, come richiede il regolamento. Il secondo è che
Aldo fu visto in buona salute, non solo dall'avvocato d'ufficio che lo incontrò
nel primo pomeriggio di sabato, il giorno prima del decesso, ma anche da altri
funzionari dei servizi sociali carcerari, come ieri si è saputo.
Il dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria per ora mantiene il silenzio
assoluto sulla vicenda ma una risposta è attesa dal ministero della giustizia
dopo le due interrogazioni depositate in Senato: quella del senatore Mauro
Bulgarelli e quella presentata dai parlamentari Giovanni Russo Spena, Haidi
Giuliani ed Erminia Emprin Gilardini nella quale, oltre a ben quattro
commozioni cerebrali, si citano lesioni al fegato e due costole rotte. I
senatori chiedono a Mastella quali «procedure urgenti» il ministro intenda
avviare per «fare completa chiarezza sulla vicenda».
Una vicenda dai contorni ancora tutti da chiarire e che richiederà tempo. Ciò
significa inoltre che il corpo di Aldo non potrà essere restituito agli amici e
soprattutto a Roberta e ai tre figli, dei quali Rudra è il minore. Un ragazzo
solo quattordicenne dai «tratti nobili e belli e di una grande compostezza e
serenità», come lo ha definito ieri l'avvocato di famiglia dopo l'incontro in
procura col magistrato.
*Lettera22
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/25-Ottobre-2007/art27.html