Noi, nazisti della porta accanto
dal nostro inviato PAOLO BERIZZI
VARESE - La bambina ha sei anni e il braccio teso nel
saluto nazista. I capelli biondi che le accarezzano le
spalle, la frangetta, un vestito bianco, il sorriso
inconsapevole come se stesse giocando alle belle
statuine. In un'altra immagine è in piedi accanto al
padre. Riproduce il gesto che le ha insegnato papà,
camerata varesotto e nostalgico regimista. Poi ci sono
i politici. Gente che ricopre incarichi istituzionali,
che siede nei consigli comunali di importanti comuni
lombardi. Nelle file di Alleanza Nazionale o del
Movimento nazionalsocialista dei lavoratori (la
riproduzione del partito nazista di Adolf Hitler,
attivo dal 2002, tre seggi tra Nosate e Belgirate alle
ultime elezioni amministrative).
Le foto di cui Repubblica è entrata in possesso li
ritraggono a volto scoperto, sprezzanti di fronte
all'obiettivo, in pose ardite. La più truce è a metà
tra una parata delle SS e un'istantanea di terroristi
Nar. I quattro nazisti, giubbotto e occhiali scuri,
uno di fianco all'altro, le mascelle serrate, salutano
romanamente. Con una mano. Con l'altra impugnano
pistole semiautomatiche. Sono puntate verso il
fotografo. Uno la brandisce inclinandola in
orizzontale; un altro la tiene appoggiata al petto.
Sono nazisti d'Italia. Soldati delle nuova ultradestra
del nostro Paese, una galassia che, tra partiti
ufficiali, movimenti e sigle minori, conta qualcosa
come 15 mila tra iscritti e simpatizzanti. Ben 97
episodi criminali del 2006 sono riconducibili a gruppi
neofascisti, quasi il doppio di quelli registrati nel
2005. Un centinaio tra indagati, denunciati e
arrestati solo negli ultimi sei mesi di quest'anno, in
un'escalation di aggressioni e attentati soprattutto
contro immigrati e avversati politici.
I nazi che vi stiamo raccontando abitano nelle
provincie di Varese e Milano. E' il nuovo laboratorio
degli aspiranti resuscitatori del Terzo Reich. La
Procura varesina li ha indagati per istigazione
all'odio razziale. Una cinquantina di persone. Non
solo e non tanto ragazzotti dai bicipiti gonfi e
tatuati.
Piuttosto professionisti, 40-50 anni, commercianti,
antiquari, gioiellieri, politici noti, ben inseriti
nel ricco tessuto sociale brianzolo. Tutti con una
passione comune: il culto del Fuhrer e del Ventennio
nazifascista. Li vedete immortalati in momenti di vita
quotidiana: il giorno del matrimonio e assieme ai
figli, in gita in montagna. Impegnati in parate
militari nei boschi del varesotto, davanti a svastiche
e falò. O al pub, tutti insieme, uniti dal "Sieg
Heil!" e dal "Me ne frego!". Di fronte all'immagine di
Hitler a grandezza naturale. Avvolti in bandiere con
croci celtiche e uncinate e con il simbolo della
Repubblica sociale italiana. Sono prodotti di un vento
nero e denso che spira sull'Italia democratica del
terzo millennio. Un vento che s'introduce nelle pieghe
dell'antipolitica, punge le memorie e si insinua,
infestandoli, in molti luoghi, e lì deposita una
crosta sempre più spessa. Nelle curve degli stadi e
nei consigli comunali. Nei pub di provincia e nelle
sezioni dei partiti istituzionali (Fiamma tricolore,
Forza Nuova, Fronte Nazionale). Nelle borgate e nei
pensatoi della droite ezrapoundiana, lepeniana e
franchista. Nei campi hobbit dove si formano i moderni
balilla e in quelli rom presi di mira a colpi di
molotov.
La galassia nera è in fermento, sempre più nostalgica,
sempre più violenta, sempre più sdoganata. In un hotel
di Brescia sabato scorso è nato il Partito fascista
repubblicano, fondatore tal Salvatore Macca, già
combattente della Rsi e presidente emerito della Corte
d'appello bresciana. A Sassari hanno varato il
collettivo Azione fascista nazionalsocialista. A
Latina è venuta al mondo Rifondazione fascista. E
questo per dire solo i battesimi. Poi c'è tutto il
resto: i raduni, i campi d'azione, i pestaggi
rivendicati, i pellegrinaggi nei campi di
concentramento per farsi ritrarre con l'accendino
sotto le immagini delle sinagoghe bruciate (come i
nazi-irredentisti altoatesini raccontati da L'Espresso
in gita nel lager di Dachau). I negozi che vendono le
felpe con il soldato SS che spara da sdraiato e i
convegni come quello promosso il 29 settembre a Roma.
Titolo: "Il passaggio del testimone - Dalla Rsi ai
militanti del terzo millennio".
Ai nazisti piacciono le birrerie. 24 febbraio 1920:
nella birreria Hofbrauhaus di Monaco si proclama il
manifesto del Partito nazionalsocialista tedesco dei
lavoratori. Un anno dopo la guida del partito viene
affidata a Adolf Hitler. 23 aprile 2007: al pub
Biergarden di Buguggiate, Varese, si celebra la
nascita del Fuhrer. Sono un centinaio a sbronzarsi di
birra per festeggiare il compleanno del Capo. Intonano
cori contro ebrei e comunisti, decantano la
superiorità della razza ariana sui tavoli di legno del
locale di Francesco Checco Lattuada, capogruppo di An
a Busto Arsizio. "Sì, quella sera c'ero, ma solo
perché il locale era mio" (ora è chiuso), si difende
con qualche imbarazzo Lattuada. C'erano anche due suoi
colleghi di partito, alla festicciola, Roberto Baggio
e Alessandro Stazi, consiglieri aennini
rispettivamente a Legnano e Rieti. Quest'ultimo
accompagnato da un folto gruppo di camerati saliti dal
Lazio. Sono stati tutti denunciati a piede libero, ma
restano politicamente in carica.
Sembrava di stare a Braunau (paese natale di Hitler)
quella sera a Buguggiate. Ma il nazismo che andava in
scena, spiato dalle cimici della Digos di Varese, era
tutto italiano. Odorava di periferia, tracimava di
odio contro gli immigrati. La bile che smuove il
naziskin 25enne che incontriamo in un bar di Busto
Arsizio. Sta piantato sugli anfibi con postura
mussoliniana. "Di cosa parliamo...?", taglia corto.
Cranio lucido, jeans aderenti, maglietta Blood and
Honour (organizzazione internazionale per la difesa
della razza ariana, simbolo una svastica nera in campo
rosso). Solo la esse moscia lo umanizza un po',
Andrea, il nome è inventato. Il resto è trucidismo
puro. "Gli immigrati? Sono come gli ebrei, schifosi.
Sterminarli tutti! Porco...", e giù una bestemmia, il
motore dell'odio a pieni giri.
Varese un po' più su. Gavirate. Agriturismo vista
lago. Davanti a una tavola apparecchiata con salumi e
formaggi, il padrone di casa Rainaldo Graziani,
romano, figlio "orgoglioso" di Clemente, fondatore di
Ordine Nuovo, leader degli ultradestricattolici di
Compagnia Militante, prova a volare alto. "La nostra è
una destra pensata, come dire: colta, che va sui
contenuti". Quali siano questi contenuti un'idea se la
sono fatta Maurizio Grigo e Luca Petrucci, procuratore
capo e sostituto procuratore di Varese, titolari
dell'inchiesta che ha stroncato, almeno per ora, il
Movimento nazionalsocialista dei lavoratori. In
cambio, tante lettere di minaccia. Graziani, pure
indagato, se ne frega, atteggiamento che in fondo ha
una sua coerenza storica. Dice: "Qui abbiamo ospitato
due edizioni dell'Università d'estate, un forum di
tutte le destre radicali europee. Non mi importa se mi
danno del nazista. A me interessano altre cose: i
valori naturali, la Fede, la patria, l'onore del
nostro popolo".
Altre parole, altri orizzonti. "Questo è l'avamposto
dal quale partire alla conquista dell'Italia" confida
a un amico il "generale" Pierluigi Pagliughi. 45 anni,
commerciante da tempo convertito al nazismo, Pagliughi
è il leader del Movimento lavoratori, di cui è
consigliere comunale a Nosate. Secondo gli
investigatori è lui l'ideologo della nuova culla
nazista brianzola. Il programma politico? Un impasto
di proposte di facile presa ("Tagliare i costi della
burocrazia") e slogan di ammirazione per Hitler
("Avrebbe dato una Volkswagen gratis a tutti i
tedeschi!"). Ma chi si muove alle spalle di Pagliughi?
Solo giovani teste rasate o anche padri di famiglia
con la camicia bruna nel cassetto? "Quello dei
neonazisti è un ambiente molto eterogeneo", dice Fabio
Mondora, dirigente della Digos di Varese. "Hanno
un'organizzazione ben strutturata e collegata con
gruppi estremisti stranieri" - aggiunge il sostituito
procuratore Luca Petrucci.
Dalla Brianza al Veneto. Anzi, al Veneto Fronte
Skinhead. Vi ricordate il movimento nero più duro
d'Italia, fondato nel 1986 e capace di intercettare e
amalgamare giovani squadristi curvaioli e reduci
repubblichini? Se lo davate per morto e sepolto, vi
siete sbagliati. Il Fronte c'è, e lotta. Giordano
Caracino, 27 anni, di lavoro fa il corriere. Guida il
furgone dieci ore al giorno, poi, al motto di "Mai
domi!", riunisce i suoi, 200 sparsi in tutto il
Veneto, nei locali dell'hinterland vicentino. "Oggi il
coraggio vero è affrontare la vita come gli arditi del
Piave - dice - Arrivare a fine mese con i salari bassi
e i mutui alti. Siamo noi i rappresentanti della
working class".
In passato il Fronte ha collaborato "in piazza" con il
partito egemone della destra radicale italiana: Forza
Nuova. Diecimila iscritti, il partito di Roberto Fiore
ha messo il cappello sul "movimentismo" nero anti
immigrati: "Ormai non ci picchiamo più coi "compagni",
è più facile che ci siano risse con le compagnie
interetniche - dice Paolo Caratossidis, nel direttivo
nazionale forzanovista - Dove ci sono problemi di
immigrazione, noi ci siamo". Se volano calci e pugni,
fa niente. "Calci e pugni" d'altronde è anche il nome
di una linea d'abbigliamento da stadio. La indossano i
picchiatori neri delle curve romane e i militanti
milanesi di "Cuore Nero". Alessandro "Todo" Todisco,
34 anni, operaio, ultrà interista, è il leader: "Ci
hanno incendiato la sede prima che la inaugurassimo.
Pensavano che avremmo sparato. Invece abbiamo fatto
una festa. Vuole sapere cosa penso del nazismo? Sono
stati nostri alleati, per questo dobbiamo
rispettarli". Milano, Varese, Italia. I nazisti al
tricolore.
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