[movimenti.bicocca] VIVERE LA DEMOCRAZIA, COSTRUIRE LA SFERA…

Delete this message

Reply to this message
Autor: Tommaso Vitale
Data:  
Para: ML movimenti Bicocca
Assunto: [movimenti.bicocca] VIVERE LA DEMOCRAZIA, COSTRUIRE LA SFERA PUBBLICA


Inizio messaggio inoltrato:

> Da: "pennacchi laura" <laura.pennacchi@???>
> Data: 15 ottobre 2007 22:02:31 GMT+02:00
> A: <"Undisclosed-Recipient:;"@???>
> Oggetto: scuolademocrazia
>
>
> Caro/a,
> la "scuola di democrazia/scuola per la buona politica" della
> Fondazione Basso, il cui decollo l'anno scorso è stato molto
> promettente (a partire dal titolo che si è rivelato assai
> lungimirante), inizia a gennaio il suo secondo anno di vita. Perchè
> tu possa farlo girare fra le persone della tua cerchia e che
> immagini interessate, ti mando il bando e il programma per il
> nuovo semestre di attività (con inizio il prossimo gennaio 2008) .
> Il tempo previsto per aderire va dal 15 ottobre al 30 novembre.
> Un caro saluto, Laura
> Pennacchi

Gli incontri di studio del 2008



1. Cittadinanza, identità, riconoscimento (giovedì 24 gennaio 2008,
ore 14-19)



Il ruolo di una cittadinanza attiva e partecipata è andato cambiando
nel corso della storia recente non solo oggettivamente, ma
soprattutto per il senso che ad essa attribuiscono i soggetti. Dal
piano strettamente giuridico- politico il dibattito ed i conflitti
investono sempre di più il piano culturale. Ciò che si richiede alle
istituzioni, alla politica e alle politiche, è il riconoscimento
delle diversità, il rispetto delle persone nelle loro individualità
e capacità. Al tempo stesso il manifestarsi del “diventare
persone”, nella pluralità delle sue componenti, retroagisce sulle
istituzioni, sui confini pubblico/privato, sull’articolazione
della “sfera pubblica”. Questa nuovissima richiesta di rispetto e
riconoscimento investe soprattutto il livello delle pratiche sociali
ed interazionali nella vita quotidiana. L’estensione dei diritti di
cittadinanza sul piano strettamente formale non è più ritenuta
sufficiente se non accompagnata dal rispetto della persona in tutta
la sua complessità. Ad esempio, le politiche di assistenza e di
welfare devono tener conto del rispetto della dignità della persona e
non possono dare luogo a forme di erogazione che comportino il
disconoscimento di questa dignità. Così come l’estensione dei
diritti di cittadinanza non può essere limitata ai diritti formali,
ma deve puntare a far sì che i nuovi soggetti immessi nell’ arena
pubblica vengano pienamente riconosciuti attraverso pratiche e
trattamenti egualitari sul piano sostanziale. Accanto a questa nuova
sensibilità sui diritti si è sviluppata una rinnovata attenzione per
la “sfera pubblica”, come luogo in cui i cittadini esercitano
l’autonomia politica, articolano esigenze e bisogni, fanno maturare
nel confronto discorsivo le proprie concezioni etico-politiche. Nella
sfera pubblica possono aver luogo processi di apprendimento
collettivo, ma anche fenomeni di degrado della cultura politica, come
si è mostrato soprattutto in anni recenti. Da qui l’esigenza di
pensare una “politica della sfera pubblica”, che si interroghi su
come tutelare la qualità discorsiva dei processi collettivi di
formazione dell’opinione e della volontà.





Introduzioni: Pietro Costa, Walter Privitera

Seminario:    Gabriella Bonacchi, Antonella Besussi






2. Passioni, emozioni, felicità e “sfera pubblica” (giovedì 21
febbraio 2008, ore 14-19)



L’irruzione del mondo emozionale, ad iniziare dalla metà degli anni
sessanta, ha portato alla ridefinizione sia del privato che del
pubblico, soprattutto grazie ai movimenti delle donne e a quelli
antiautoritari, svelando la natura pubblica di molte tematiche che
venivano ritenute esclusivamente private (divisione dei ruoli
sessuali, violenza domestica, aborto, legami familiari, ecc.) e
richiedendo pratiche e politiche adeguate a questa ridefinizione. Al
tempo stesso coltivare emozioni e passioni civili - quali l’
indignazione per le ingiustizie, la preoccupazione per le generazioni
future, “l’ illuminato amore di sé” – si è rivelato la fonte
di nuovi tipi di mobilitazioni, di movimenti e di conflitti, i quali
hanno portato all’ attenzione pubblica la richiesta di rispetto e di
affermazione della dignità della persona. Anche in economia si è
manifestato un crescente interesse per criteri, come la
“felicità”, in grado di rendere maggiormente conto della
complessità dei fattori da cui dipende il “ben-essere” delle
persone (accendendo perfino l’illusione che la felicità possa
costituire un criterio sostitutivo della giustizia sociale per
dirimere eventuali conflitti tra valori come uguaglianza e libertà).
D’altro canto negli ultimi anni il proliferare dell’attitudine
emozionale ha prodotto, insieme ad una mercificazione delle emozioni,
un’invasione da parte della sfera privata del discorso pubblico e
della sfera pubblica, generando una privatizzazione del pubblico, un
azzeramento dell’argomentazione razionale e una strisciante e
pervasiva passivizzazione della cittadinanza, la quale viene sempre
più esposta a varie forme di manipolazione soprattutto attraverso la
comunicazione politica e mediatica. In questo seminario vogliamo
provare ad analizzare il giusto ruolo delle emozioni nella sfera
pubblica, sottolineando al tempo stesso i pericoli insiti in una
deriva culturale e politica che, piuttosto che valorizzare le
emozioni, le mercifica e ne fa strumento per annullare ogni confine
fra sfera pubblica e sfera privata.



Introduzioni: Gabriella Turnaturi, Maurizio Franzini

Seminario:     Lea Melandri, Chiara Giorgi






3. Opulenza e nuove disuguaglianze (giovedì 20 marzo 2008, ore14-19)



Gli ultimi decenni hanno registrato un incremento significativo delle
disuguaglianze economiche, dei redditi e della ricchezza all’interno
dei paesi più ricchi. Rispetto al confronto fra paesi ricchi e paesi
poveri, i dati sono, invece, più incerti. L’entità del divario
resta, ad ogni modo, profonda. Anche limitandosi ai paesi più ricchi,
molte sono le questioni da approfondire. Emerge con crescente
chiarezza che la povertà è una condizione estrema di disuguaglianza,
che la disuguaglianza interessa anche la parte centrale (i cosiddetti
ceti medi) della articolazione sociale, che al top della
distribuzione migliora talmente la condizione dei già benestanti da
dare luogo a vere e proprie forme di opulenza. Ma quali sono oggi i
soggetti a maggior rischio di trovarsi nella parte più bassa della
distribuzione e quali i soggetti con le maggiori aspettative di
trovarsi nella parte più elevata? Esiste o meno una corrispondenza
fra i dati “oggettivi” di disuguaglianza (tutte le misure di
disuguaglianza hanno, comunque, una componente normativa) e le
percezioni diffuse nella popolazione? Ancora, quale peso attribuire
alle diverse possibili cause alla base delle dinamiche inegualitarie,
dalla globalizzazione al passaggio all’economia post-fordista, dal
cambiamento demografico ad una diminuita capacità/volontà degli
stati sociali di redistribuire? Infine, reddito e ricchezza sono
approssimazioni inevitabilmente carenti del benessere individuale. A
quale concezione di benessere, però, rivolgersi? Ad una concezione di
standard di vita come opportunità di accedere ad alcuni funzionamenti
ritenuti per tutti centrali (come essere istruiti e curati) oppure,
secondo quanto in molti auspicano, ad una concezione in termini
addirittura di felicità? Se si considerano indicatori di
quest’ultimo tipo, quale è la corrispondenza con la dinamica della
disuguaglianza economica?



Introduzioni: Elena Granaglia, Nicola Negri

Seminario:    Andrea Brandolini, Michele Raitano






4. I beni comuni nella globalizzazione (giovedì 17 aprile 2008, ore
14-19)



Le logiche asimmetriche e disugualitarie con cui avanza la
globalizzazione hanno forti ripercussioni sui beni comuni, sia che
essi siano trattati come global commons o come creative commons, sia
che riguardino beni comuni pubblici “statali” o beni comuni
pubblici “non statali”, sia che si definiscano su base locale o su
base nazionale o su base mondiale. L’esplosione della povertà
mondiale – i poveri assoluti sono oggi circa tre miliardi – i
cambiamenti climatici, la penuria d’acqua, il rischio di scomparsa
di molte specie vegetali e animali fanno dei beni/servizi comuni la
maggiore sfida che grava sulle società umane per la sopravvivenza
stessa della vita sul pianeta. Si pongono molteplici problemi, dalla
prevenzione dell’esaurimento dei beni comuni, al mantenimento della
loro qualità originaria, all’accesso universale, alla difesa della
proprietà comune, al controllo democratico sulla loro destinazione
d’uso e sulla loro gestione. Il che rende urgente una riflessione
sulle politiche di governo da attuare. Diversi sono i temi al
riguardo sui quali troppo debole appare la sensibilità
dell’opinione pubblica e del mondo politico. Innanzitutto si pongono
questioni di politica istituzionale: può essere sufficiente una
governance senza government ? A quali livelli di governo e sulla base
di quali procedure affidare le scelte in materia di beni comuni?
Inoltre si pongono innumerevoli questioni relative al contenuto delle
singole politiche: da quelle più modeste, benché cruciali, relative
alla valutazione comparata dei diversi sistemi di regolamentazione/
tassazione/introduzione di “quasi mercati”, a quelle più
complesse relative alla compatibilità o meno dell’estensione ai
paesi in via di sviluppo dei modelli di crescita tipici dei paesi
industriali avanzati.



Introduzioni: Franco Cassano, Maria Rosaria Ferrarese

Seminario:      Gianni Tognoni, Catia Papa






5. Massificazione dei mezzi di comunicazione e democrazia (giovedì 29
maggio 2008)



Nel corso del Novecento si è realizzata una rivoluzione tecnologica e
culturale del sistema dei media che, in stretta relazione con
l’affermazione della società di massa, ha reso sempre più
dominanti e problematici i processi comunicativi che plasmano le
percezioni e i comportamenti individuali e collettivi. Il sistema dei
media, elemento fondante della sfera pubblica, si presenta oggi come
una opportunità e insieme un pericolo per i processi di affermazione
e di consolidamento della democrazia. Da una parte come prezioso
strumento di diffusione delle informazioni e di principi
organizzativi di rete per una democrazia partecipativa, dall’altra
come rischio di controllo e di manipolazione, all’insegna della
disuguaglianza e di un individualismo omologato sui segni del
consumo. La società dell’informazione sembra spesso una società
della confusione anche perché la sovrabbondanza delle informazioni si
accompagna alla carenza di strumenti e metodologie con cui sottoporle
a verifica e a controllo. La creazione di grandi imperi mediatici, la
pervasività della videocrazia, la spettacolarizzazione mediatica
delle relazioni pubbliche e private, la manipolazione dei linguaggi,
rendono più complesso il funzionamento della democrazia. In che modo
l’apparizione e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa ha
rimodellato i luoghi e le forme della politica e ha ridisegnato i
confini della democrazia? Quali le forme che minacciano la sua
sopravvivenza? E quali, invece, le nuove opportunità per il suo
concreto esercizio? Un crinale sottile, intessuto di rischi e di
potenzialità, di possibili guadagni e di perdite, lungo cui si
attesta l’attuale sistema integrato dei media. Un sistema che, con
le recenti innovazioni in termini di dispositivi, strutture e
tecnologie (dalla convergenza all’interattività, dalla realtà
virtuale alla rete), è divenuto una vera e propria estensione della
nostra quotidianità. Un “luogo” che chiede di essere attraversato
con attenzione e disincanto, senza adesioni preventive al partito
degli apocalittici o a quello degli integrati.







Introduzioni: Franco Rositi, Giovanna Grignaffini

Seminario:      Giancarlo Monina, Enrico Giovannini






6. Sovranità, sovranazionalità, istituzioni internazionali (giovedì
19 giugno 2008, ore 14-19)



Delle tante questioni che si pongono quando si vogliano capire le
varie dimensioni della globalizzazione, e come esse influiscano sulla
vita delle imprese, i lavoratori, le istituzioni pubbliche, cruciale
è il destino degli stati nazione a fronte della crescita del potere
di soggetti economici transnazionali e dell’avanzata di soggetti
politici diversi dagli stati territoriali. In molti ambiti la
mondializzazione tende a sostituire allo stato altri soggetti
istituzionali, spostando funzioni di governo verso l’alto
(istituzioni sovranazionali e internazionali) e verso il basso
(istanze territoriali di vario livello). A ciò si aggiungono fenomeni
assai significativi di spostamento di potere e capacità decisionale
dal settore pubblico al settore privato. Soggetti economici
transnazionali condizionano non solo la disciplina dei loro settori
di intervento (con il rinascere della cosiddetta lex mercatoria), ma
anche l’agire quotidiano dei poteri pubblici, fin nelle loro
attribuzioni più tipiche. In discussione non vi è dunque solo una
diversa articolazione del potere pubblico, ma anche la
determinazione del suo ambito, e dunque, dei confini tra il diritto
e la politica da un lato, l’economia dall’altro. Il processo
dell’unificazione europea rappresenta un evento di portata storica,
ma si muove oggi tra crescenti difficoltà istituzionali. Rischia
così di arrestarsi lo sviluppo verso un adeguato assetto
costituzionale. Il crollo del Muro di Berlino aveva suscitato grande
aspettative, prima tra tutte quelle che dalle ceneri della Guerra
Fredda potesse sorgere un’organizzazione internazionale più attenta
ai bisogni dello sviluppo e alle regole della convivenza pacifica tra
gli stati. Le vicende di questi anni hanno bruscamente riportato ad
una realtà diversa, caratterizzata dalle crescenti tensioni e
dall’aumento dei conflitti. In discussione è il ruolo del sistema
di governo globale, a cominciare dalle Nazioni Unite e, ancor più
radicalmente, dallo stesso diritto internazionale. Rispetto a tutti
questi fenomeni le categorie classiche del pensiero politico e
giuridico necessitano di un profondo ripensamento. Gli scenari
attuali presentano molti rischi per le sorti della democrazia
rappresentativa, ma aprono anche prospettive nuove. E’ possibile che
negli spazi giuridici sovranazionali (a cominciare da quello
europeo) si sviluppino nuove forme di partecipazione sociale e
politica? E’ possibile un diritto internazionale che difenda la
sovranità popolare, regoli e controlli i nuovi poteri transnazionali
non statuali, promuova principi di legalità globale? E’ possibile
che la circolazione dei modelli giuridici permetta la nascita di
nuove forme di diritti e di garanzia e la loro espansione in altre
aree del mondo?



Introduzioni: Maurizio Fioravanti, Luigi Ferraioli

Seminario:     Cesare Pinelli, Valentina Bazzocchi