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Nasce il Patto contro la precarietà. Verso il 9 novembre


      L'assemblea che si è tenuta domenica al Frentani di Roma è stata
 importante. Nata dall'insieme di associazioni, sindacati, centri
 sociali, collettivi studenteschi, organizzazioni politiche che hanno
 organizzato il 9 giugno il corteo contro Bush, ha rappresentato la prova che
 questo arcipelago ha qualche chance, sicuramente la voglia, di proseguire
 un lavoro collettivo. Nasce infatti il "PAtto contro la Precarietà e
 per i diritti sociali". Appuntamento il 9 novembre per lo sciopero
 generale e generalizzato e poi, se le verifiche che faremo andranno bene, il
 24 novembre manifestazione a Roma. 
      Leggi il testo dell'introduzione e la mozione conclusiva.


      Questa assemblea nasce dentro il percorso che sindacati di base,
 centri sociali, reti e associazioni, organizzazioni politiche hanno
 compiuto insieme, in particolare nella importante manifestazione del 9
 giugno contro la presenza in Italia di Bush.L'assemblea del 12 settembre
 scorso che si è tenuta qui a Roma ha rappresentato un primo passaggio
 collettivo che ha fatto scaturire la necessità di articolare passaggi
 comuni per raggiungere il massimo di mobilitazione e iniziativa contro
 politiche liberiste e di guerra che abbiamo combattuto all'epoca di
 Berlusconi e che ci ritroviamo a fronteggiare anche con il governo Prodi.
      L'accordo sulle pensioni raggiunto da governo e sindacati
 concertativi, il famigerato Protocollo del 23 luglio, è emblematico e conferma
 la natura politica dell'attuale governo: un governo legato al grande
 capitale, sordo alle ragioni dei lavoratori, in continuità con il
 liberismo e pronto a rispondere ai poteri forti finanziari e alle loro
 politiche antisociali. Il Protocollo è un accordo bidone che peggiora la
 stessa Legge Maroni, innalza l'età pensionistica, riduce le aspettative
 future con i coefficienti ogni tre anni, mette i lavoratori gli uni contro
 gli altri, ribadisce la logica finanziaria che aveva affermato già con
 l´operazione scippo sul Tfr (per ora fallita). Un accordo che riesce a
 compiere un'operazione indecente: stabilizzare la stessa riforma
 Maroni e la legge 30 - oggetto di mobilitazioni sociali e contro le quali
 tutto il centrosinistra aveva fatto appello al voto - renderle
 strutturali e digeribili ai lavoratori con l'avallo di Cgil, Cisl e Uil e delle
 forze della cosiddetta sinistra radicale, rendendo così più forte il
 padronato dopo il regalo del cuneo fiscale dello scorso anno e quello
 contenuto nella Finanziaria di quest'anno. La legge 30, che doveva essere
 "superata", viene totalmente confermata facendo compiere ai
 lavoratori/trici, ai precari, ai giovani un ulteriore arretramento nelle loro
 condizioni e nelle loro aspettative di vita. 
      E dopo la sostanziale conferma della reiterazione dei contratti a
 termine, delle tipologie più odiose della legge 30 e dell'antesignana
 legge Treu, come i contratti a progetto, lo "staff leasing", il lavoro
 interinale, oggi si detassa il lavoro straordinario rendendo sempre più
 improbabili nuovi posti di lavoro. Un disastro sociale che si aggiunge
 alle gravissime scelte politiche di destrutturazione del pubblico
 impiego, di incentivazione della precarietà del lavoro e dei salari, di
 subalternità dei diritti sociali alle priorità del capitale.
      Come se non bastasse questo attacco si inserisce in un più
 generale clima securitario e autoritario che punta a isolare e intimidire il
 conflitto sociale, a sobillare nuove guerre tra poveri a creare un
 ambito favorevole per tendenze razziste e xenofobe, comprimendo e limitando
 diritti acquisiti. L'ignominia delle "multe ai lavavetri" ,
 l'arroganza e la tracotanza autoritaria dei sindaci-sceriffi, il cinismo dei vari
 Veltroni e Amato e, fatto più recente, la condanna per "estorsione
 aggravata" da parte del Tribunale di Napoli contro quei compagni rei di
 un'iniziativa dimostrativa, pubblica e trasparente - compagni ai quali
 esprimiamo la nostra solidarietà - sono tasselli di una strategia di
 attacco ai movimenti, di limitazione delle libertà, di rincorsa delle
 destre sul piano che è loro più congeniale. E in questo modo si apre la
 strada alle scorribande razziste e fasciste che hanno ripreso vigore
 proprio negli ultimi mesi.
      La Finanziaria costituisce ancora una volta il quadro favorevole
 a politiche disastrose con l'ennesimo regalo alle imprese, la riduzione
 dei diritti dei lavoratori, in questo caso nel pubblico impiego, e il
 taglio di servizi essenziali come la scuola, la costituzione di risorse
 inadeguate per la casa. Sulla questione delle abitazioni, nel nostro
 paese continuano infatti a farla da padroni la rendita fondiaria e la
 speculazione immobiliare alle quali vengono consegnate le priorità di
 sviluppo delle principali aree metropolitane, la decisionalità sull´uso
 delle aree pubbliche (vedi le caserme) e sulle aree industriali dismesse.
 Le spese sociali per l´edilizia popolare e per sottrarre gli affitti
 ai prezzi proibitivi del mercato restano infime e continua a essere
 vigente la liberalizzazione degli affitti che ha contribuito al boom della
 speculazione sulle case.
      Infine, la destinazione delle spese sociali continua ad essere
 subordinata ai voleri e agli orientamenti strategici dei poteri forti e
 del militarismo. Cresce la quota destinata alle spese militari e alla
 crescita del complesso militare-industriale italiano, crescono i
 finanziamenti per le missioni militari all´estero che hanno reintrodotto in
 questo capitolo anche il ritorno dei Carabinieri italiani in Iraq oltre al
 mantenimento delle missioni in corso in Afghanistan, Libano, Balcani.
      Noi vogliamo opporci a tutto questo. Vogliamo costruire una nuova
 occasione per un movimento di lotta, ampio, unitario e plurale di
 opposizione alle politiche liberiste e di guerra del governo Prodi.
 Vogliamo opporci innanzitutto al Protocollo del 23 luglio che il governo si
 appresta a presentare al Parlamento e sul quale Cgil, Cisl e Uil hanno
 indetto una consultazione truccata. Questo Protocollo va respinto in
 tutte le forme possibili. Proponiamo poi a questa assemblea di rilanciare,
 costruire e generalizzare lo sciopero generale indetto dal sindacalismo
 di base e anticoncertativo per il 9 novembre. Quella giornata, in cui
 svolgeremo iniziative e cortei in tutti i capoluoghi di regione ed
 eventualmente in altre città, deve rappresentare l'occasione per la
 mobilitazione di centinaia di migliaia di persone, per opporsi al governo nel
 modo più diretto ed efficace possibile, lo sciopero di massa. Ma
 sarebbe un vero salto di qualità se, oltre a bloccare un numero elevato di
 posti di lavoro, riuscissimo ad incidere sulla vita e sulla circolazione
 di merci e profitto nelle principali città con una vera e incisiva
 generalizzazione dello sciopero.
      Proponiamo dunque di attivarci fin d'ora per costruire a livello
 locale le forme migliori di coordinamento e lavoro collettivo in vista
 del 9 novembre: assemblee, coordinamenti e quant'altro si riuscirà a
 costruire.
      Vi proponiamo poi di discutere della proposta di svolgere una
 grande manifestazione nazionale per il prossimo 24 novembre a Roma contro
 il Protocollo del 23 luglio e le politiche sociali del governo Prodi
 sulla base di una piattaforma unitaria e condivisa, basata su punti che,
 ovviamente, rimettiamo alla discussione dell'assemblea.


      Vorremmo manifestare per dire No al Protocollo del 23 luglio tra
 governo, padroni e Cgil-Cisl-Uil, che smantella ulteriormente il
 sistema previdenziale e rende permanente la precarietà; abrogazione della
 legge 30 e del pacchetto Treu;e
      No alla politica economica e sociale del governo Prodi, no alla
 Finanziaria
      Vorremmo andare in piazza per il diritto al lavoro e al reddito;
 per un lavoro stabile e tutelato, per garantire i diritti acquisiti ed
 estendere i diritti sociali a tutti/e, nel lavoro e oltre il lavoro;p
 er la difesa ed il potenziamento del sistema previdenziale pubblico e
 delle strutture sociali pubbliche, scuola, sanità, casa, trasporti;
 contro la guerra e l'economia di guerra, taglio drastico delle spese
 militari; Per pari diritti lavorativi e sociali tra migranti e stanziali;
 Contro le politiche securitarie, il razzismo, la repressione politica e
 sociale; Per il libero accesso al sapere e alle tecnologie; Per dire no al
 monopolio dei diritti sindacali da parte di Cgil-Cisl-Uil, per la
 democrazia nei luoghi di lavoro per i lavoratori/trici e per tutte le
 organizzazioni sindacali 
      Ovviamente le forze promotrici dell'assemblea, le cui prime tappe
 di percorso unitarie si sono sperimentate sulla lotta contro la
 guerra, ritengono assolutamente centrale la mobilitazione contro le politiche
 di guerra, contro la presenza delle basi militari e contro le spese
 belliche. Ma vi proponiamo di discutere a fondo le iniziative contro la
 guerra in una apposita assemblea nazionale da svolgersi il 25 novembre a
 Roma. In quella data, vorremmo organizzare nei dettagli la
 partecipazione nazionale, che diamo per scontata fin d'ora, alla "tre giorni"
 indetta dal movimento No Dal Molin a Vicenza il 14-15-16 dicembre, e in
 particolare alla manifestazione internazionale del 15. Vorremmo in quella
 sede anche discutere della proposta che ci viene dal Forum sociale
 mondiale di fare del 26 gennaio una giornata globale di inziativa contro il
 liberismo, la guerra, il razzismo, dedicandola in Italia alla lotta
 contro la guerra, dando vita al maggior numero possibile di iniziative
 locali sul tema:
      Questa assemblea è il primo appuntamento dopo tanto tempo in cui
 cerchiamo di far incontrare esperienze diverse, di coordinare le nostre
 iniziative, di mettere in atto il massimo di sforzo per la difesa dei
 nostri diritti. Vorremmo oggi anche discutere se sia possibile dare
 continuità alle iniziative di questi mesi, non proponendo impossibili
 unificazioni politiche e neanche accordi onnicomprensivi e a tutto campo,
 su tutto il possibile programma politico. Pensiamo, a proposito dei temi
 che vogliamo discutere oggi, ad un "Patto contro la precarietà e per i
 diritti sociali", dentro cui darsi un programma minimo comune, delle
 modalità di lavoro e di riunione, criteri decisionali a larghissimo
 consenso, e appuntamenti comuni di lotta. 


      MOZIONE CONCLUSIVA DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL 7 OTTOBRE


      Abbiamo fatto il possibile in questa assemblea per raccogliere la
 spinta unitaria di opposizione emersa, almeno a partire dal 9 giugno,
 di fronte al totale allineamento al grande capitale da parte del
 governo Prodi, alla sua gestione del potere liberista, securitaria e bellica,
 in perfetta continuità con quella berlusconiana, e rispetto alla resa
 che si profila nella "sinistra radicale" alle linee dominanti nel
 governo. Riteniamo tutti/e che il nostro prossimo grande appuntamento
 unitario, lo sciopero generale e generalizzato del 9 novembre, sia un
 passaggio cruciale nell'opposizione al famigerato Protocollo del 23 luglio,
 firmato dal governo e dai padroni con i sindacati concertativi
 Cgil-Cisl-Uil, alla Finanziaria, alla precarizzazione, alla politica sociale ed
 economica del governo Prodi: una giornata fondamentale nella lotta per
 la garanzia del lavoro e del reddito, per la difesa dei diritti
 acquisiti e per l'estensione di essi a tutti/e, per la conquista di nuovi
 diritti sociali nel lavoro e oltre il lavoro.
      Giudichiamo di grande importanza che il 9 novembre non solo
 scioperi la più grande quantità di lavoratori dipendenti, ma che lo sciopero
 si generalizzi nella vita metropolitana, che blocchi o ostacoli i
 flussi del profitto e delle merci nelle città. Per questo è decisivo che le
 forze presenti nell'Assemblea, e quelle che condividono lo sciopero,
 diano vita insieme - sindacati di base, centri sociali, reti e strutture
 politiche - ad una gestione comune dello sciopero, con assemblee e
 riunioni su tutto il territorio nazionale che lo preparino e lo
 articolino, dando vita anche ad un gruppo di lavoro-informazione, per valorizzare
 al massimo ciò che faremo il 9.
      In merito alla proposta di manifestazione nazionale per il 24
 novembre, avanzata nella relazione introduttiva, c'è stato largo consenso
 nell'Assemblea sia sulla piattaforma delineata sia sulla necessità
 dell'iniziativa. E' stata, però, anche preoccupazione comune quella di
 garantirci una effettiva partecipazione di massa a tale iniziativa, che la
 renda adeguata al rilievo che per noi assumono gli obiettivi della
 piattaforma. Perciò verificheremo in tempi rapidi, nelle strutture di
 movimento e sui territori, quanto sia larga la condivisione della proposta,
 costituendo un gruppo di lavoro nazionale che raccolga le indicazioni
 dai vari luoghi, per arrivare in tempi utili ad una sintesi.
      Molti interventi hanno chiesto la convocazione di un'Assemblea
 specifica per approfondire, come oggi non si poteva fare data la scelta
 tematica circoscritta di questa Assemblea, il legame tra il conflitto
 sociale su precarizzazione/lavoro/reddito e le politiche di guerra.
 Proponiamo dunque che le strutture più direttamente impegnate nella lotta
 contro la guerra, le basi e le spese militari, si riuniscano a Roma (data
 proposta 25 novembre) per preparare innanzitutto, nei dettagli, la
 partecipazione nazionale alla "tre giorni" di lotta (e in particolare alla
 manifestazione internazionale del 15 dicembre) convocata a Vicenza dal
 movimento di lotta No-Dal Molin, iniziativa a cui l'Assemblea odierna
 dà subito piena e convinta adesione. In tale Assemblea le strutture e
 le reti interessate potrebbero discutere in maniera approfondita anche
 di altre possibili iniziative no-war (ad esempio usando il Global Day
 promosso dal WSF per il 26 gennaio per dare vita in tutta Italia a
 mobilitazioni contro la guerra) e di come raccordare tale attività in maniera
 stabile.
      L'Assemblea, infine, propone l'avvio e la sperimentazione di un
 Patto contro la precarietà e per i diritti sociali tra tutte le reti e
 le forze interessate, come raccordo della discussione e delle lotte sui
 temi della precarizzazione, del lavoro, del reddito, dei servizi e
 diritti sociali, basato su assemblee nazionali e territoriali periodiche,
 su gruppi di lavoro articolati e unitari, su un programma minimo comune
 condiviso.



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