C 38- collettivo di lettere e filosofia presenta:
Percorsi del 68
Il lato oscuro della forza.
di Augusto Illuminati
DeriveApprodi
LUNEDI 15 OTTOBRE ORE 17
aula 4, facoltà di lettere e filosofia. via Zamboni 38.
presentiamo il libro con:
Augusto Illuminati - autore
Sandro Mezzadra - università di Bologna
Il libro
In questo libro agile e acuto gli anni 60 e 70 vengono ripercorsi attraverso lintreccio di ribellione esistenziale, lotta politica e passione musicale.
Cosa tiene insieme il movimento del 68 e quello del 77 tra loro così spesso contrapposti? Non certo i ricordi nostalgici dei protagonisti, ancor meno la visione buonista che li pone sotto il segno del rinnovamento e della protesta generazionale. Li accomuna piuttosto il lato oscuro, distruttivo e per ciò stesso ricostruttivo di quelle esperienze. La violenza che li traversa e che, quando non rovescia il vecchio, si volge rovinosamente contro i soggetti che la esercitano. Non a caso il rock più duro ne è la colonna sonora costante.
Perché Illuminati sostiene che la memoria, più che custodita, va riattivata, anche nei suoi aspetti più scomodi, per estrarne elementi utili alla comprensione del presente. Unintera generazione fu dispersa da terrorismo, repressione ed eroina con il conseguente blocco del ricambio sociale e politico che ha portato alla sclerosi dellattuale classe politica italiana. Da quella generazione qualcuno pretende ancora «pentimenti». Al contrario, saggio sarebbe ricevere il nucleo positivo degli errori e delle sconfitte di allora, leggere in quegli eccessi il desiderio di un progetto radicale che è sopravvissuto al disastro e che continua a minacciare gli instabili assetti di un mondo ridiventato conflittuale dopo le delusioni della globalizzazione.
un assaggio...
Prologo in cielo
Questa è unapologia del 68. Ripercorso da un testimone smemorato, che non vi ha occupato alcun posto rilevante e dunque ha poco da giustificare o rivendicare sul piano personale, al massimo avrà combinato qualche pasticcio, come tanti. Persuaso nondimeno di aver preso parte, in un angolo, a un evento straordinario, di cui a fatica tenta di ricostruire linsieme, come succedeva allo stendhaliano Fabrizio Del Dongo sperduto nella pianura fangosa di Waterloo.
A quarantanni di distanza abbiamo toccato il giusto mezzo fra il distacco storiografico dei posteri e la testimonianza sospetta dei coevi. I secondi, nella pluralità delle versioni e dei vissuti confermano, appunto, il dato che risulterà più rilevante per gli studiosi futuri: limpossibilità di ricondurre la sequenza, che il nome 68 riassume e semplifica, a ununica linea temporale. Un bel problema di periodizzazione. Lapologia si scosta pertanto sia dallassunzione autoindulgente di tutto quanto accadde nei due decenni Sessanta e Settanta sia dalla pelosa opposizione di un 68 buonista a un 77 criminale, correntemente certificata dalle Procure della Repubblica e dai quotidiani. Tutti hanno fatto il 68 e più o meno hanno tirato uno spinello. Innumeri le loquaci deposizioni. Il 77, invece, Dio ce ne scampi! Come se nel 68 non ci fosse stata Valle Giulia, le azioni armate negli Usa, come se nel 77 non fossero fiorite sedute di autocoscienza e idilli ecologici. Fra il
1972 e il 1976 si erano inestricabilmente annodati interventi, sigle, personale, tematiche che con comodo opportunismo vengono scisse sui versanti dellutopia generosa e dellinfamia terrorista, addensandoli su due anni-simbolo.
La pulsionalità espansiva e la segreta spinta allautodissoluzione sono quasi inseparabili in tutti quegli anni e qui sta anche una delle chiavi per comprendere certe manifestazioni di violenza, che peraltro ci interessa criticare solo come difetti strategici. La coincidenza con la crisi del passaggio dal fordismo al postfordismo esalta la visibilità e nasconde la pluralità dei movimenti, mentre la continuità biografica dei protagonisti e narratori occulta la cesura con tonalità e problematiche degli anni successivi, diciamo brutalmente del XXI secolo degli auspicabili lettori. Meglio rinunciare a opporre i due congiunti flussi eterogenei e tracimanti da un decennio allaltro e constatare piuttosto il loro comune affievolimento e quindi la distanza con quanto di irrimediabilmente diverso verrà dopo: il presente che viviamo e le cui pratiche (dalla politica allinsorgenza e alla militanza) sono ben poco confrontabili. Ormai Palazzo Campana, Valle Giulia, corso Traiano, parco
Lambro, sono «citabili» come Spartaco, Thomas Müntzer, Kronstadt, la colonna Durruti. Evocativi, da difendere con i denti, inutilizzabili. Second Life per delusi e nostalgici, spaventapasseri per rievocazioni mediatiche.
Davanti a una scomposizione in correnti che si sovrappongono senza mescolarsi può darsi solo unapologia di quanto è accaduto e sarebbe potuto accadere, un inventario di saldi e crediti rimasti aperti: per tenerne ferma limpazienza, per non perdere lo stato deccezione intellettuale permanente che allora fu un dato politico e oggi potrebbe valere da approccio storiografico. Il punto prospettico è ambiguo perché non è il luogo né di una sconfitta netta né tanto meno di una vittoria, essendo poco plausibile marcare «giornate» risolutive e in genere vittorie e sconfitte. Che apologia non prenda il significato dellequivalente inglese apology: scusa, giustificazione. Anzi: never apologize, never explain. Sterile è il pentimento, utile semmai la correzione. Tanto più che la vera frattura temporale non è fra 68 e 77, ma con gli anni seguenti, in cui contenuti e riti della politica italiana si sono dispersi episodio minore entro il grande squasso degli equilibri
internazionali e lascesa di inedite contraddizioni interimperialistiche. Ciò nonostante, le categorie con cui pensare il volgere di secolo sono ancora in buona parte quelle elaborate nel tormentoso guado fra 68 e 77.
C38 - UNIRIOT BOLOGNA
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