Come sempre avviene solo quando la notizia fa scalpore se ne parla!
Non è da ieri che esiste un regime dittariale in Birmania, come ricorda
Amnesty International - è almeno dall'estate del 1988 che nella ex-
Birmania, ridenominata dai colonnelli Myanmar, "vi è una situazione di
sostanziale negazione dei fondamentali diritti umani.
E' giusta e
necessaria la solidarietà internazionale alla popolazione e ai
dimostranti che oggi si è manifestata anche con il "fiocco rosso" da
indossare ma forse è utile cominciare a guardare anche in casa nostra,
in Italia, per capire i legami tra il regime militari e i tanti piccoli
e grandi affari che diversi, chiudendo più di un occhio, portano avanti
da anni.
Sarebbe il caso ad esempio di cominciare a prendere sul
serio quanto le campagne per il boicottaggio del turismo stanno dicendo
da anni. La Burma Campaign UK, in collegamento con i movimenti che si
battono per la democrazia nell'ex-Birmania ha promosso il boicottaggio
del turismo nel Paese asiatico: grazie al settore turistico, le cui
infrastrutture si sono sviluppate grazie al ricorso a forme di
schiavitù e al lavoro minorile, il regime di Myanmar afferma di
ricavare circa 100 milioni di dollari l'anno, circa la metà dei quali
finiscono in spese militari.Chi fa viaggi, chi li promuove lo tenga
presente!
Sempre la Burma Campaign UK ha denunciato le attività della
multinazionale francese Total soprattutto per quanto riguarda il
metanodotto di Yadana, verso la Thailandia, del valore di 1,2 miliardi
di dollari.
Ma è anche ora di cominciare a guardare alle nostre ditte
italiane. Tutte le principali attività economiche e produttive sono in
mano o sono controllate dal regime militare o dallo stato. "Alle
imprese italiane che hanno rapporti commerciali con la Birmania, a
partire da quelle impegnate nel settore forestale, petrolifero, del gas
e minerario, nei progetti di costruzione di dighe ed infrastrutture -
che comportano ingenti profitti per il regime, la violazione dei
diritti umani, sindacali, ambientali - chiediamo di sospendere i loro
rapporti con questo paese, per non contribuire a rafforzare il potere
della giunta, che continua ad utilizzare il lavoro forzato e la
devastazione ambientale come fonte di potere" (comunicato di Cisl, Wwf,
Greenpeace e Legambiente). Confindustria e le Camere di Commercio -
anche periferiche - potrebbero cominciare a muoversi in tal senso, al
di là della retorica delle dichiarazioni di solidarietà al popolo
birmano.
Intanto possiamo cominciare tutti dando un'occhiata a questa
lista di ditte che fanno affari col regime di Ragoon, su
http://www.
burmacampaign.org.uk/dirty_list/dirty_list_details.html.
Senza
dimenticare di ricordare ai Ministeri degli Esteri e della Difesa di
rispondere alla Campagna Control Arms circa la faccenda della vendita
da parte dell'India alla Birmania/Myanmar dell'Advanced Light
Helicopter (gli elicotteri da guerra che Delhi sta vendendo a Rangoon,
sui quali sono installate componenti del sistema frenante prodotte
dall'italiana Elettronica Aster SpA): vendita che, in base alla legge
185/90 sull'export di armi, richiede l'autorizzazione del governo
italiano che deve certificare il destinatario finale prima che una
componente di un sistema militare sia rivenduta a paesi terzi.
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