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Da "Il Manifesto" - 29/9/2007
Lettera di Piero Bernocchi (Cobas)
Mi
spiego meglio.
Cari direttori, uno dei vostri giornalisti, Alessandro
Braga, mi ha chiesto la posizione dei Cobas sulla manifestazione del 20
ottobre. L'avevo già espressa in un'intervista con Matteo Bartocci e mi
pareva superfluo ripeterla, ma rispettando il suo lavoro, ho spiegato
le motivazioni del nostro no. E cioè: la piattaforma è assolutamente
generica, fuori dal tempo e dallo spazio, disincarnata da riferimenti
fattuali all'attività disastrosa del governo Prodi su tutti i terreni.
Sembra scritta qualche settimana dopo l'insediamento di tale governo,
non c'è nemmeno il rifiuto degli Accordi del 23 luglio o la richiesta
di ritiro immediato di tutte le truppe dai teatri di guerra, non ci si
oppone alla politica economica e sociale prodiana, liberista quanto
quella berlusconiana. Ho aggiunto che tale genericità era dovuta alla
necessità di tenere insieme i partiti della «cosa rossa» e le aree
sindacali e associative che vi fanno riferimento o che non stanno con
il Partito democratico. Da qui il «politicismo» dell'iniziativa, fatta
soprattutto per dare forza alle aree della sinistra governativa e
sindacale che vogliono ostacolare lo strapotere del Partito
democratico: obiettivo che può legittimamente interessare parti del
«popolo di sinistra» ma non i Cobas, che, insieme a un variegato fronte
di organizzazioni e reti, stanno lavorando per l'Assemblea nazionale
del 7 ottobre, per lo sciopero generale e generalizzato del 9 novembre
e per una possibile manifestazione nazionale successiva, contro gli
Accordi del 23 luglio, la precarietà e la politica economica, sociale e
bellica del governo. Ho infine sottolineato che, soprattutto per il Prc
e il Pdci, la manifestazione era anche un modo per riparare al flop
catastrofico del 9 giugno. Ma era questo l'unico riferimento a quella
giornata. La conversazione, durata una ventina di minuti, la trovo
riassunta, ieri, in una frase che stravolge quanto ho detto, perché
sembro affermare che i partiti in questione «rischiano di ritrovarsi
soli come il 9 giugno». Allora, a piazza del Popolo c'erano non più di
500 persone; al contrario, non dubito che il 20 ottobre saranno in
piazza parecchie decine di migliaia di persone. E non solo perché due
mesi di lavoro «monotematico» svolto dal Prc, dal Pdci, da parti di Sd,
Verdi e Cgil, dalla Fiom, dal manifesto, Liberazione, Carta e varie
associazioni «d'area» garantiscono tali numeri. Ma perché sarà in
piazza quella parte del «popolo di sinistra» che, pure ultra-delusa
dall'attività del governo, pensa utile «tirare la giacca» alla sinistra
governativa, nell'estrema speranza che qualcosa cambi. I problemi per
gli organizzatori non verranno dal 20, ma dal 21, quando Prodi
spernacchierà i manifestanti come ha fatto con quelli di Vicenza, e i
partiti della sinistra governativa ripeteranno che non si può votare
contro il Protocollo del 23 luglio «a prescindere», altrimenti Prodi
cade. E' questo che, ci pare, annulla a priori lo sforzo dei
promotori/trici: ma che non mi passa per la mente di ridicolizzare con
assurdi paragoni con i numeri del 9 giugno.