di Giovanni Maria Bellu
tratto da: repubblica.it
e riportato in:
http://www.meltingpot.org/articolo11199.html
Domenica sera, cioè alla vigilia della discussione sul codice deontologico su
giornalismo e immigrazione, a Gradisca dIsonzo è scoppiata una rivolta degli
ospiti del locale Centro di permanenza temporanea. Lennesima rivolta. Nei
quindici giorni precedenti ce nerano già state altre due. Una situazione
allarmante. Tanto che, appena due giorni prima, le autorità locali avevano
chiesto al governo un aumento dellorganico delle forze dellordine.
Forse è stato per questo clima di allarme che domenica le forze dellordine,
ormai dichiarate ufficialmente "insufficienti", hanno agito in modo da
dimostrare dessere comunque in grado di cavarsela. Hanno usato i lacrimogeni.
Sarebbe stata una normale, anche se un po rude, operazione di contenimento di
una sommossa se il gas dei lacrimogeni - evidentemente ignaro delle
disposizioni di legge - non avesse confuso il Centro di permanenza temporanea
col confinante Centro di prima accoglienza per andare ad avvolgere una bambina
eritrea di otto mesi, figlia di una donna che aveva appena presentato la
domanda per lasilo politico.
La notizia della neonata intossicata è stata lanciata per la prima volta
dallAnsa alle ore 8,04 di lunedì, meno di unora prima che cominciasse la
discussione sulle regole alle quali i giornalisti dovrebbero attenersi quando
si occupano di immigrati e, in particolare, di rifugiati politici. Una
discussione sulla quale pesano le perplessità, per esempio, dellUnci, lUnione
cronisti italiani, che vede nella stessa esistenza di un codice deontologico un
pericolo potenziale per la libertà di stampa.
Naturalmente la concomitanza tra i due eventi - intossicazione della neonata e
dibattito - è del tutto casuale. E infatti una di quelle diaboliche
coincidenze che a volte danno ai fatti di cronaca la forma della parabola.
Mentre si ragionava sullopportunità di suggerire agli operatori
dellinformazione di non enfatizzare a sproposito la nazionalità dei criminali,
o di non confondere letnia con la religione, o di non pubblicare informazioni
private idonee a mettere e rischio la sicurezza degli esiliati politici, si
verificava un evento raro, se non unico, nella storia recente dellordine
pubblico. E questo fatto veniva riportato sommariamente, quasi sempre senza
commenti, non da tutti i giornali né da tutte le televisioni.
La bambina per fortuna sta bene. Dopo una notte di osservazione è stata dimessa
assieme alla madre. Caso chiuso, dunque. Il fatto che unesiliata politica si
trovasse in un luogo a rischio, dove si erano già verificati episodi di
violenza, assieme alla figlia di pochi mesi, è evidentemente considerato "poco
notiziabile", cioè di routine. Un po come quellaltra faccenda, accaduta la
settimana prima alla metropolitana di Roma: una rumena quarantenne gettata sui
binari e ridotta in fin di vita da una donna italiana. Chi ha letto con
attenzione le cronache locali, di certo lha letta. Forse qualcuno avrà trovato
qualche analogia con unaltra vicenda, eguale e contraria, avvenuta a Roma,
sempre nella metropolitana, alcuni mesi fa. Se ne parlò per settimane.
Ecco una rassicurazione per i colleghi perplessi a proposito del codice
deontologico. E assolutamente impossibile che quelle ovvie regolette possano
diventare un limite alla nostra libertà. Il luogo nel quale la esercitiamo
veramente non è nello scrivere le notizie. Ma nel darle. O nel non darle.