[NuovoLab] La neonata rivoltosa del Cpt di Gradisca

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Autore: Edoardo Magnone
Data:  
To: forumgenova
Oggetto: [NuovoLab] La neonata rivoltosa del Cpt di Gradisca


di Giovanni Maria Bellu

tratto da: repubblica.it
e riportato in: http://www.meltingpot.org/articolo11199.html

Domenica sera, cioè alla vigilia della discussione sul codice deontologico su
giornalismo e immigrazione, a Gradisca d’Isonzo è scoppiata una rivolta degli
ospiti del locale Centro di permanenza temporanea. L’ennesima rivolta. Nei
quindici giorni precedenti ce n’erano già state altre due. Una situazione
allarmante. Tanto che, appena due giorni prima, le autorità locali avevano
chiesto al governo un aumento dell’organico delle forze dell’ordine.

Forse è stato per questo clima di allarme che domenica le forze dell’ordine,
ormai dichiarate ufficialmente "insufficienti", hanno agito in modo da
dimostrare d’essere comunque in grado di cavarsela. Hanno usato i lacrimogeni.
Sarebbe stata una normale, anche se un po’ rude, operazione di contenimento di
una sommossa se il gas dei lacrimogeni - evidentemente ignaro delle
disposizioni di legge - non avesse confuso il Centro di permanenza temporanea
col confinante Centro di prima accoglienza per andare ad avvolgere una bambina
eritrea di otto mesi, figlia di una donna che aveva appena presentato la
domanda per l’asilo politico.

La notizia della neonata intossicata è stata lanciata per la prima volta
dall’Ansa alle ore 8,04 di lunedì, meno di un’ora prima che cominciasse la
discussione sulle regole alle quali i giornalisti dovrebbero attenersi quando
si occupano di immigrati e, in particolare, di rifugiati politici. Una
discussione sulla quale pesano le perplessità, per esempio, dell’Unci, l’Unione
cronisti italiani, che vede nella stessa esistenza di un codice deontologico un
pericolo potenziale per la libertà di stampa.

Naturalmente la concomitanza tra i due eventi - intossicazione della neonata e
dibattito - è del tutto casuale. E’ infatti una di quelle diaboliche
coincidenze che a volte danno ai fatti di cronaca la forma della parabola.

Mentre si ragionava sull’opportunità di suggerire agli operatori
dell’informazione di non enfatizzare a sproposito la nazionalità dei criminali,
o di non confondere l’etnia con la religione, o di non pubblicare informazioni
private idonee a mettere e rischio la sicurezza degli esiliati politici, si
verificava un evento raro, se non unico, nella storia recente dell’ordine
pubblico. E questo fatto veniva riportato sommariamente, quasi sempre senza
commenti, non da tutti i giornali né da tutte le televisioni.

La bambina per fortuna sta bene. Dopo una notte di osservazione è stata dimessa
assieme alla madre. Caso chiuso, dunque. Il fatto che un’esiliata politica si
trovasse in un luogo a rischio, dove si erano già verificati episodi di
violenza, assieme alla figlia di pochi mesi, è evidentemente considerato "poco
notiziabile", cioè di routine. Un po’ come quell’altra faccenda, accaduta la
settimana prima alla metropolitana di Roma: una rumena quarantenne gettata sui
binari e ridotta in fin di vita da una donna italiana. Chi ha letto con
attenzione le cronache locali, di certo l’ha letta. Forse qualcuno avrà trovato
qualche analogia con un’altra vicenda, eguale e contraria, avvenuta a Roma,
sempre nella metropolitana, alcuni mesi fa. Se ne parlò per settimane.

Ecco una rassicurazione per i colleghi perplessi a proposito del codice
deontologico. E’ assolutamente impossibile che quelle ovvie regolette possano
diventare un limite alla nostra libertà. Il luogo nel quale la esercitiamo
veramente non è nello scrivere le notizie. Ma nel darle. O nel non darle.