[NuovoLab] I monaci chiamano non lasciamoli soli. Un appunta…

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Autor: testoni@arciliguria.it
Datum:  
To: forumgenova
Betreff: [NuovoLab] I monaci chiamano non lasciamoli soli. Un appuntamento.
Segnalo che da Sinistra Giovanile mi è arrivata
informazione che
--> domani, venerdi 28 alle 16.30 in piazza deferrari c'è
un presidio "autoconvocato" di solidarietà ai monaci
birmani. Arci genova sarà presente.

Giro alla lista, per conoscenza
1) il link ad una articolo del Manifesto del 25 settembre "I
monaci chiamano, non lasciamoli soli"
http://www.birmaniademocratica.org/Documento.aspx?docid=271
2) una presa di posizione di arci nazionale.

ciao, laura
Laura Testoni,
Arci Genova

------------comunicato Arci nazionale-----------
Fermare la repressione in Myanmar

La pacifica protesta popolare contro la giunta militare che
da quarantacinque anni tiene il paese sotto una feroce
dittatura ha dovuto contare la sua prima vittima.

La polizia ha sparato contro i manifestanti a Yangoon e ha
ucciso un monaco. Moltissimi sono gli arresti. Nel paese è
stato imposto il coprifuoco.

Ci associamo all’appello di Amnesty International che
chiede al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di
inviare urgentemente in Myanmar una sua missione. Chiediamo
al Governo Italiano di fare pressioni in questa direzione.

Il mondo non permetta che una grande esperienza democratica
e nonviolenta venga soffocata nel sangue. Si muova tutta la
diplomazia del mondo.

Sottoscriviamo l’appello promosso dalla CISL, da
Legambiente, dal WWF e da Greenpeace e che qui sotto vi
inoltro:


La Birmania è un paese martoriato da decenni di violenta
dittatura, che ha imposto l’arbitrio come legge e come
modalità di governo. Un paese che ha raggiunto il triste
primato di essere il primo produttore di metanfetamine al
mondo, il secondo per produzione di oppio, il primo per
bambini soldato e per la presenza di lavoro forzato.

Inoltre il Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, da ormai 12
anni, è costretta a durissimi arresti domiciliari, mentre
oltre mille prigionieri politici, sono vittime di torture ed
abusi durante la detenzione, a causa dei quali molti hanno
perso la vita. Il regime militare inoltre si rifiuta di
avviare un serio dialogo tripartito con procedure e scadenze
condivise con tutte le parti interessate, a partire dalla
Lega Nazionale per la Democrazia e le organizzazioni delle
nazionalità etniche, ed ha lanciato un inaccettabile
processo di "Convenzione Nazionale" per una costituzione,
che manterrebbe il potere nelle mani dei militari.

Centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini sono
tutt'ora costretti al lavoro forzato, da parte sia dei
militari, sia delle autorità locali, e sono spesso
obbligati alle deportazioni forzate, mentre sono comuni la
detenzione e le esecuzioni, torture, stupri, utilizzati come
mezzo di potere.

Continua la repressione di tutti i fondamentali diritti
umani e sindacali. Gli attivisti del lavoro, le loro
famiglie, amici e conoscenti vengono costantemente
arrestati, torturati e condannati a pesanti pene detentive,
mentre Il regime militare ha dichiarato il sindacato birmano
FTUB una organizzazione terroristica.

Accanto alle violazioni dei fondamentali diritti umani e del
lavoro si aggiungono la gravissima violazione dei diritti
ambientali con la distruzione ed il taglio illegale delle
foreste di teak, il dissennato sfruttamento minerario, la
costruzione delle dighe sul fiume Salween, che ridurranno
alla povertà oltre 500.000 contadini e pescatori
danneggiando irrimediabilmente il delicato ecosistema
locale.

Poiché tutte le principali attività economiche e
produttive sono in mano o sono controllate dal regime
militare o dallo stato, l'ILO ha approvato nel 2000 una
Risoluzione che chiede a tutti i governi, agli imprenditori
e alle organizzazioni sindacali: "di rivedere i loro
rapporti con la Birmania e di adottare le misure appropriate
affinché tale paese Membro, non possa trarre profitto da
questi rapporti, per perpetuare o sviluppare il sistema di
lavoro forzato". A causa della persistenza del lavoro
forzato, tale risoluzione è stata integrata dalla
richiesta ai governi di introdurre ulteriori misure, ivi
compreso nei confronti degli investimenti diretti esteri e
dei rapporti con le imprese birmane statali o di proprietà
di militari.

Chiediamo:
alle imprese italiane che hanno rapporti commerciali con la
Birmania e alle multinazionali, a partire da quelle
impegnate nel settore forestale, petrolifero, del gas e
minerario, nei progetti di costruzione di dighe ed
infrastrutture - che comportano ingenti profitti per il
regime, la violazione dei diritti umani, sindacali,
ambientali - di sospendere i loro rapporti con questo paese,
per non contribuire a rafforzare il potere della giunta, che
continua ad utilizzare il lavoro forzato e la devastazione
ambientale come fonte di potere;

agli enti locali, alle Regioni, al governo Italiano:
di impegnarsi attivamente per la attuazione della
Risoluzione ILO nei confronti delle imprese e di istituire
un sistema di disincentivi e di monitoraggio e rapporto
regolare all'ILO, sul comportamento delle imprese;

di sostenere il rafforzamento della Posizione Comune
dell'UE, inserendo nell'elenco delle imprese con le quali
è proibito oggi promuovere accordi e collaborazioni
economiche, anche le imprese di proprietà dello stato e
dei militari, così come richiesto dal governo birmano in
esilio e dall’ILO, a partire dai i prodotti del settore
del legno;

di sostenere attivamente le organizzazioni democratiche e
sindacali birmane e il governo in esilio;

di continuare a fare pressione per il rilascio immediato e
senza condizioni del Premio Nobel per la Pace Aung San Suu
Kyi e di tutti gli altri prigionieri politici, in
particolare di Myo Aung Thant; sindacalista dell'FTUB,
condannato all'ergastolo;

di rifiutare il riconoscimento del processo di "Convenzione
Nazionale" e la costituzione illegittima, predisposta dal
regime, sostenendo invece l’impegno del movimento di
opposizione democratica, per la promozione di una
costituzione democratica e federale;

di sostenere attivamente il dialogo specifico nelle
istituzioni EU, ASEAN Association of South East Asian
Nations – Associazione delle Nazioni dell'Asia
Sud-Orientale, ASEM Asia-European Meeting. e SAARC South
Asian Association for Regional Cooperation – Associazione
per la cooperazione regionale dell'Asia del Sud., e con i
paesi più interessati, per spingere il regime militare ad
avviare un efficace dialogo politico con la partecipazione
di tutte le parti interessate: i gruppi etnici e la Lega
Nazionale per la Democrazia, come condizioni indispensabili
per l'istituzione di una vera e propria democrazia e dello
stato di diritto;

di richiedere il pieno rispetto delle foreste della Birmania
e delle comunità che le abitano;

di richiedere alle organizzazioni internazionali e
regionali, comprese le istituzioni finanziarie, di
interrompere i prestiti e qualunque altro progetto che
coinvolga la Birmania, ad eccezione di quei casi
specificamente previsti per la attuazione delle
raccomandazioni dell’OIL e per la lotta contro HIV/AIDS,
malaria e tubercolosi;

di lavorare per la adozione al Consiglio di Sicurezza ONU,
di una Risoluzione, che costringa la giunta ad un tavolo
negoziale per la democrazia con tutte le parti interessate a
partire dall’NLD e dalle organizzazioni dei gruppi etnici.

Per informazioni e per firmare l'appello clicca su:
www.birmaniademocratica.org



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Laura Testoni
Presidenza Arci Genova
Settore Solidarietà internazionale e Pace
Via S. Luca 15/11 I-16124 Genova
tel 010-2467506 fax 010-2467510
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