Szerző: marku Dátum: Címzett: movimento CC: cerchio Tárgy: [Cerchio] lo scheletro (meritevole) nell'armadio della coscienza!
ma quel sacco vuoto d'immondizia di scheletrino fassino dove cazzo vive?
dopo aver individuato nell'a.d della fabbrica più aiutata dallo stato dal
fascismo ad oggi
il modello di socialdemokratiko di ampie vedute che produce e distribuisce
nella supposta equità
ora ritoglie fuori il cancro, da sempre cavallo di battaglia di tutte le
destre del mondo della meritocrazia
LA MERITOCRAZIA NON E' MAI ESISTITA!!!!!!!!!!!!!
ma ieri quando truccavano i test di ammissione alla facoltà dove viveva lo
scheletro
si potrebbe parlare di meritocrazia forse solo nella società
socialdemocratiche del nord europa ove parrebbe esistere un senso di
appartenenza e di collettivizzazione del bene comune sicuramente ad un
livello stratosfericamente superiore a quello dell'italietta delle caste e
dell'ignoranza telemediatica.
ma da persona di sinistra dico al merdoso sodale che il dovere di qualsiasi
persona o entità che dicasi di sinistra deve essere quello di far si che
nella società civile non esista il meritovole, ma il consapevole di vivere
in una società multietnica e multidisciplinare oltrechè multiculturale
ove si rispettino tutte le scelte e i punti di forza di chi li possiede ma
soprattutto le eventuali debolezze sociali, culturali ed umane in genere di
chiunque di noi.
Non meriti quindi ma pane, salute, conoscenza e giustizia sociale!
Le aperture di Fassino e le scelte del PdLa spesa pubblica non aiuta i
debolidi Francesco Giavazzi
L'intervista al segretario dei Ds Piero Fassino, pubblicata l'altro ieri
dal Corriere, è un modo concreto per rispondere alla sfiducia crescente
che i cittadini dimostrano verso la classe politica. Le parole di Fassino
sono coraggiose: «L'Italia è frenata da un asse trasversale e
conservatore. Quella destra che ha ingenerato la paura dell'Europa,
dell'euro, di un mercato aperto. Ma anche a sinistra si fa fatica a capire
che se è giusto essere contro la precarietà, è invece sbagliato
rifiutare una flessibilità connaturata a un mercato non più racchiuso nei
confini nazionali ».
«La sola parola "merito" in Italia è ancora tabù. La sinistra ha sempre
pensato che il merito fosse un trucco dei ricchi per fregare i poveri, non
capendo che è esattamente il contrario. È grazie al merito, al talento
che il povero può annullare le differenze sociali e avere le stesse
opportunità ». «La sinistra ha sempre difeso i deboli: chi è più
debole se perde quel poco che ha è privo di tutto. Comprensibile una
reazione istintiva di difesa che però rischia di essere velleitaria e
perdente. Non è arroccandosi che si ottengono maggiori certezze».
Perfetto. Ma sono disposti Piero Fassino e il Pd a tradurre queste
affermazioni coraggiose in decisioni coerenti, a cominciare dalla prossima
Legge finanziaria? Ecco alcuni problemi concreti. È sempre più evidente
che la spesa pubblica concertata fra governo e sindacati non è il modo per
difendere i deboli. L'aumento delle pensioni minime deciso a luglio (che
pure Fassino nella sua intervista difende) ha favorito solo in piccola
parte i veri poveri, cioè le famiglie degli otto milioni di pensionati che
non arrivano a 750 euro al mese, l'80% dei quali non raggiunge neppure i
500 euro.
La quota principale dei soldi stanziati andrà alle famiglie dei lavoratori
tipicamente iscritti ai sindacati, gli stessi che hanno beneficiato più di
altri dell'abbassamento, da 60 a 58 anni, dell'età minima per andare in
pensione con 35 anni di contributi. Famiglie certo non ricche, ma neppure
tra le più povere del Paese. Anche l'abbassamento dell'età minima per
andare in pensione è stato pagato dai meno fortunati. Nel prossimo
decennio costerà circa 10 miliardi di euro. Di questi, quasi la metà
verranno da un aumento dei contributi (fino a 3 punti di aliquota in più)
dei parasubordinati, cioè tassando i «precari », che sono i lavoratori
meno protetti. Come deve essere costruita secondo il Pd la prossima Legge
finanziaria? Usando l'extra gettito fiscale per far fronte a nuove spese
sociali— che ancora una volta non aiuterebbero i veri poveri —o per
finanziare una negative income tax che restituisca denaro alle famiglie
più bisognose? Il maggior ostacolo che priva i precari di un futuro è la
rigidità dei contratti a tempo indeterminato.
L'assunzione a tempo indeterminato è oggi troppo rischiosa per il datore
di lavoro e così i precari rimangono tali per sempre. A Milano due
settimane fa Walter Veltroni si è detto favorevole alla proposta di un
contratto unico (tutti precari all'inizio e tutele crescenti con
l'anzianità), un'idea di Tito Boeri e Tiziano Treu che Nicolas Sarkozy sta
cercando di realizzare in Francia. Cesare Damiano non è d'accordo: «Non
sarò io il ministro che tocca l'articolo 18», ha detto in quell'incontro.
Con chi sta Piero Fassino? Il sindacato non ha mai caldeggiato
l'introduzione di sussidi di disoccupazione generalizzati (siamo l'unico
Paese avanzato a non averli). Preferisce la cassa integrazione negoziata
caso per caso, che dà al sindacato — e alle Unioni industriali — un
motivo per esistere. È disposto il Pd a farne una priorità della prossima
Finanziaria?
Le imprese, pubbliche e private, ricevono dallo Stato aiuti pari a circa il
2 per cento del Pil. La maggior parte va alle aziende del Mezzogiorno, ma
non c'è evidenza che questa messe di fondi pubblici abbia mai aiutato
quelle regioni a crescere. Il ministro Bersani propone di cancellarli tutti
e trasferire quei fondi in investimenti in infrastrutture, a cominciare
dall' infrastruttura più importante oggi nel Mezzogiorno, la certezza
della legge e l'ordine pubblico. È disposta la sinistra di governo a
imporre questa scelta in Finanziaria? Una conseguenza dell'assenza di
meritocrazia è l'invecchiamento della nostra classe dirigente. Il Comitato
dei 45 nominato per costituire il nuovo Partito democratico non include una
sola persona sotto i 40 anni! Epensare che più di un terzo degli elettori
ne ha di meno. L'età media del comitato—come hanno notato Vincenzo
Galasso e Francesco Billari su la voce.info—si aggira intorno ai 57 anni:
tutto il potere è concentrato nelle mani di cinquantenni e sessantenni, la
generazione cui appartiene la maggioranza dei leader politici del nuovo
partito.
Costoro hanno accettato di farsi aiutare da qualche «padre nobile» (due
componenti del comitato hanno più di 75 anni), ma non hanno ritenuto
necessario coinvolgere i ventenni o i trentenni, cioè coloro che in futuro
dovranno votare per il nuovo partito. E quando si è trattato di nominare
un nuovo membro del cda della Rai per «dare nuovo impulso all' azienda»
come ha detto il ministro dell'Economia, la scelta è caduta su un manager
di 77 anni. È questo il merito, onorevole Fassino?
26 settembre 2007