Sul disegno di legge del Governo che consentirà il prelievo forzato del codice
genetico e la creazione del database nazionale (costo totale = 11 milioni di
euro; costo singolo test = 80 euro) allego intervista uscita sul manifesto.
"Gli innocenti stiano tranquilli? Lo diceva anche il Mein Kampf"
Parla un attivista della tutela della privacy: «Sbagliato accettare i controlli
con noncuranza. In Gran Bretagna i dati archiviati sono stati rubati e
rivenduti ad aziende private»
Sara Menafra
«Limitare i controlli forzosi dovrebbe essere un diritto esercitato da ciascuno
di noi». Marco Calamari è un informatico che ha fatto della lotta per la tutela
della privacy una ragione di battaglia quotidiana. E' tra i fondatori del
progetto Winston Smith, una rete informatica che, prendendo in prestito il nome
del protagonista del romanzo di Orwell «1984», mette a disposizione
gratuitamente tecnologie «anti-spionaggio». Ed è tra gli autori del progetto di
legge presentato dal radicale Maurizio Turco sull'obbligo di cancellazione dei
dati informatici.
Sembra che il progetto di legge di banca dati del dna, in arrivo al consiglio
dei ministri, si basi sul modello inglese, così come chiedeva Francesco
Rutelli. Come funzionano le cose in Gran Bretagna?
Il database inglese è quello nato per primo, le sue informazioni vengono messe a
disposizione di qualunque organizzazione, in sostanza i dati raccolti per il
terrorismo si usano per combattere l'evasione fiscale. Recentemente qualcuno
aveva proposto di estenderne l'uso alla generalità della popolazione, ma al
momento l'idea è bloccata, un po' perché il progetto è costoso, un po' per le
polemiche legate alla vulnerabilità di questo archivio, che ha già subito una
serie di furti e violazioni. Già oggi quel database riguarda un numero
consistente di cittadini, anche perché chi ci finisce non può esserne
cancellato.
C'è modo di tutelare la propria privacy da questa costante acquisizione di dati?
Tutelarsi da archivi previsti per legge è molto difficile. Ma lo è soprattutto
perché i cittadini accettano di sottoporsi a questi controlli con noncuranza.
Il «chi non ha niente da nascondere non ha nulla da temere» non sta in piedi.
E' la base della società totalitaria, e infatti ne parlava anche il Mein Kampf.
Negli ultimi anni noi estremisti della privacy ci siamo accorti che il problema
non è la tecnologia, perché l'evoluzione delle macchine apre nuovi spazi anche
a chi cerca di prendersi delle garanzie. Piuttosto sono le macchine legali ad
essere preoccupanti, perché non sono né perfette né garantiste, ma erratiche
anche quando non pilotate. La nostra associazione ha cercato di impegnarsi nel
dare servizi a tutti, nel fornire la possibilità di usare sistemi come
Anonymous remailer e Pgp. Ci sembrava una cosa meritoria per i cittadini e
invece siamo stati guardati con sospetto.
Le Br hanno archiviato i loro computer in Pgp...
Ma hanno usato anche una Renault 4 per metterci il cadavere di Moro eppure
nessuno ha vietato l'uso delle Renault 4.
Quella italiana è una società molto controllata o poco?
Dal punto di vista tecnico e pratico i rischi del controllo sono più o meno gli
stessi qui come negli Stati uniti. Dal punto di vista legale saremmo più
tutelati, sia dalla legge sulla privacy sia dalla Costituzione. Abbiamo una
base legalmente garantista che viene però stiracchiata di volta in volta.
E se queste norme servissero davvero a far diminuire i reati?
Fino ad ora non mi risulta che questo genere di controlli abbia fatto la
differenza. Anzi, vorrei vedere un controesempio, qualcuno che mi dicesse
«abbiamo fatto questo solo grazie al dna». E capire comunque le conseguenze.