Ciao tutti,
per favore la fate girare anche agli altri amici? La connessione e'
lentissima e non sempre riesco a spedire a tutti.
Grazie e un abbraccio.
Elisabetta
Samira e' una volontaria di Assomoud, lavorava a Naehr el Bared ora come
altri 26.000 palestinesi e' profuga qui a Beddawi, dove lavora al centro
Assoumoud come "social worker", assiste i profughi. La sua famiglia
possedeva 5 case, ora sono tutte distrutte. Mi accompagna in una delle 7
scuole dove sono alloggiate circa 500 famiglie. E' una scuola dell'UNRWA.
Ieri ingenuamente ho pensato che la notizia della fine del conflitto a Naehr
el Bared, culminato con l'uccisione del leader di Fatah al Islam "Shaker al
Abssi" e l'uccisione di altri 30 combattenti (ma qui le cifre sono
discordanti), avesse portato un po' di felicita' per i profughi, ma
visitando la scuola ho cambiato idea. Nessuno e' felice, hanno perso tutto,
hanno le case distrutte. Se qualcuno aveva dubbi sull'ostilita' dei
palestinesi nei confronti di Fatah al Islam qui se li puo' togliere tutti,
la popolazione civile si sente vittima tra loro e i soldati libanesi, prova
rabbia nei confronti di entrambi.
La famiglia di Samira come tutte altre si trova a condividere la stessa aula
scolastica con altre 4 famiglie. La convivenza forzata in ambienti cosi'
ristretti crea tensioni anche tra i profughi. La scuola e' affollata da
circa un centinaio di famiglie, fa caldo, caldissimo, ci sono 50 gradi e
l'umidita' e' altissima. Tre bagni per gli uomini e tre bagni per le donne.
Il rischio d'infezione, il disagio psichico... ad un certo punto non sono
riuscita a trattenere le lacrime. Non sono riuscita a dire una sola parola
di conforto... vivono in queste condizioni da 3 mesi.
Samira mi spiega che i soldati libanesi hanno razziato le case e hanno
rubato tutto quello che profughi avevano lasciato, mobili, vestiti, soldi,
gioielli, tutti i loro averi. Nessuno dei profughi sa quando potra'
ritornare al campo che dovra' in ogni caso essere bonificato dagli ordigni
inesplosi. Un giornalista entrato nel campo questa mattina parlava di un
odore insopportabile causato dai cadaveri. Sono state distrutte 6mila
abitazioni. Per la ricostruzione ci vorra' un anno, forse 2 ma molti temono
che restino solo parole. Usciamo dal centro, fuori c'e' una barella su cui
e' disteso un anziano, ha un tumore alle ossa e non puo' camminare. L'hanno
messo all'esterno perche' e' piu' "fresco"
Torniamo al Centro di Assomoud, dribblando decine e decine di bambini che
giocano per strada tra i liquami e la spazzatura, ovunque un puzzo
terribile, la rete fognaria gia' precaria non regge il triplicarsi della
popolazione nel campo. Non ci sono spazi per giocare e in 2 giorni ho gia'
visto diversi bambini con ferite anche serie al viso e alla testa dovute a
cadute o a giochi pericolosi con le pietre.
Al nostro arrivo al centro assisto al via vai continuo dei profughi, oggi
vengopno distribuite scarpe, soprattutto per i bambini, coperte (donate da
Timberland?) e viene dato un piccolo contributo economico. Nella stanza
accanto si distribuiscono medicine. Poi con Waida, la volontaria di cui sono
ospite da oggi, vado a pranzo da Abdallah Barake, anche il direttore del
centro Assomoud e' dovuto fuggire con la famiglia da Naehr el Bared nel
cuore della notte e in pigiama. Vive in un palazzo vuoto, il proprietario e'
un palestinese del campo che vive in Danimarca, cosi' tutto lo stabile e'
stato destinato all'accoglienza dei profughi.
Certo qui le stanze sono piu' spaziose, c'e' pulizia rispetto alle scuole
dove si trovano gli altri profughi. Ma fa impressione vedere che la famiglia
Barake vive in un appartamento completamente vuoto, privo di qualunque
mobile o suppellettile da 3 mesi, le uniche cose presenti sono alcune
stuoie, alcuni materassi a terra e alcuni scatoloni con biancheria e
abbigliamento donate a loro come agli altri.Tutto cio' che possiede,
compresi i documenti sono rimasti a Naehr el Bared. La figlia Nada dovra'
cambiare scuola, probabilmente ne frequentera' una qui a Beddawi, perche'
quella del suo campo e' stata completamente distrutta.
Elisabetta (zaatar)
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