secolo xix
Rom e paesi abbandonati
CASONIdi Vegni, Avi, Casissa, Noci, Canate di Marsiglia. Nomi di antiche frazioni abbandonate, tutte più o meno sperdute tra i monti. Impropriamente qualcuno li chiama paesi, ma sono piccoli agglomerati di case in pietra, in gran parte diroccate. Testimonianza di un passato rurale che potrebbe tornare a vivere se le istituzioni dessero corpo alla proposta lanciata al Secolo XIX da Edin Hrustic, portavoce dei rom slavi dell'ex campo nomadi della Foce e, oggi, inquilini delle case popolari di Comune e Arte. «Perché - si chiede Hrustic - non dare la possibilità di ripopolare le piccole località disabitate dell'entroterra agli zingari che stentano a integrarsi o accettano con difficoltà la vita nei condomini?». «Io stesso - continua Hrustic, dipendente di una ditta che effettua servizio di rimozione delle auto con carroattrezzi - prenderei in considerazione l'idea di ristrutturare, anche tramite mutuo, un vecchio rustico abbandonato. I lavori di recupero potrebbero essere eseguiti direttamente dagli stessi zingari con l'aiuto delle amministrazioni pubbliche. Il vantaggio sarebbe una vita più autonoma e all'aria aperta: quella che, in fondo, manca a molti di noi».
Questa potrebbe anche essere la soluzione per dare un tetto alle decine e decine di rom romeni che stazionano a Genova in accampamenti abusivi privi di tutto, a rischio di incidenti ed epidemie. Tanto più che il lavoro nei campi, la manutenzione dei giardini e la pulizia dei boschi erano tra le attività tradizionalmente praticate dai rom sotto l'ex regime di Ceausescu. Ma quanto è praticabile l'idea di affidare agli zingari il compito di rivitalizzare remoti presidi montani? L'ipotesi non piace ai volontari della Comunità di Sant'Egidio, da sempre impegnata in prima linea nell'aiuto ai nomadi divenuti stanziali. «Isolare queste persone non è certo il modo migliore per favorirne l'integrazione e sarebbe un passo indietro rispetto al lavoro di tutti questi anni», osserva Claudio Bagnasco, tra i responsabili dell'assistenza ai rom in seno all'associazione no profit di ispirazione cattolica.
Sulla carta, l'operazione sembrerebbe fattibile. Perché sono diversi i borghi-fantasma dell'entroterra e, appunto, perché l'ipotesi non pare sgradita agli stessi rom, slavi e romeni. Ovviamente, non mancano gli ostacoli. Il primo riguarda la difficile accessibilità dei paesi abbandonati. Per esempio Noci, un pugno di case disabitate da decenni nei pressi dell'omonimo invaso che alimenta l'acquedotto comunale e non lontano da Montoggio, è raggiungibile solo attraverso una pessima strada sterrata, preferibilmente a bordo di una jeep. «E pensare che Noci è forse il posto meno isolato», dice Marco Balostro, escursionista appassionato di fotografia, che, insieme a Davide Pambianchi, fotoreporter del Secolo XIX, ha documentato l'abbandono di cinque antichi insediamenti tra la Provincia di Genova e il Basso Piemonte. Luoghi come Avi, vicino a Roccaforte ligure, Rivarossa e Casoni di Vegni, tutti in Valborbera, provincia di Alessandria. E frazioni che gravitano su Genova, quali Casissa, valle di Vobbia, alle spalle di Ronco Scrivia, dove si è conservata intatta un'antica chiesa. O come Lavazzuoli, in Valbrevenna.
Canate di Marsiglia, in alta Valbisagno, è un'altra frazione abbandonata che, però, ha il pregio della vicinanza alla città. «Comunque - conclude Balostro - in tutte queste località, soprattutto d'inverno, la vita è dura. Non a caso '60, gli insediamenti più disagiati si sono spopolati nel giro di poco tempo».
Infatti, il portavoce dei rom "sfrattati" dall'ex campo di via dei Pescatori pensa a sistemazioni meno avventurose: «Ho notizie - dice Hrustic - di ruderi abbandonati sopra Sestri, sul monte Gazzo e nelle vicinanze della discarica di Scarpino». Nelle località Cassinelle e Bianchetta effettivamente esistono modeste dimore in disuso. A Panigaro c'è una vecchia fabbrica di mattoni, accanto a una cava. Potrebbe essere adatta a diventare quell'asilo notturno per romeni senza tetto prima ipotizzato e, poi, ufficialmente accantonato dalla giunta Vincenzi? «Non penso proprio - sbotta Stefano Bernini, presidente Ds del municipio Medio Ponente - Sapete quanto costa la bonifica di una vecchia cava?».
Hrustic non si fa illusioni: «I tentativi dei romeni di riutilizzare case o vecchie fabbriche fuori dai centri abitati sono falliti per l'opposizione della gente del posto. Per quanto mi riguarda, sto bene nella casa popolare e posso benissimo rimanerci. I problemi riguardano solo pochissimi rom. E non è vero che siamo morosi: quelli che erano in ritardo coi pagamenti, hanno cominciato a mettersi in regola».
Vincenzo Galiano
___________________________________
NOCC,
http://nocc.sourceforge.net