[Incontrotempo] Antifa Linke Berlin // G8 - cinque dite sono…

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Author: collettivo soccom
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Subject: [Incontrotempo] Antifa Linke Berlin // G8 - cinque dite sono un pugno!
Le giornate di protesta contro il vertice del G8 a Heiligendamm sono
passate. In ogni caso erano un passo avanti per il movimento
extraparlamentare tedesco, perché erano molto più di una settimana di
divertimento sulla costiera baltica. Abbiamo mobilizzato e
organizzato, abbiamo fondato reti e siamo intervenuti con la nostra
pratica.
Ora è il tempo di riflettere, analizzare e tirare le somme. Il
prossimo passo è un dibattito già cominciato ma non ancora finito.
Noi, come ALB, riportiamo la nostra discussione attuale, anch’essa non
ancora terminata.

Cinque dita sono un pugno!
Le azioni contro il vertice G8 a Heiligendamm.

Dalla ‘battle of Seattle’ in poi, dove nel 1999 la conferenza dei
ministri dell’OMC ha dovuto iniziare i lavori di fronte ad una sala
vuota perché sulle strade bruciavano le barricate, ci sono state
alcune centinaia di migliaia di no-global sulle strade: militanti, ma
anche partecipanti ai vertici alternativi ed ai forum sociali.

Fanno parte del movimento internazionale che cominciava a formarsi
alla fine degli anni ‘90 per un’emancipazione sociale e contro il
neoliberalismo globale. Le azioni anti-vertice della sinistra radicale
hanno per obiettivo la distruzione della rappresentanza simbolica del
potere transnazionale. Insieme con le giornate d’azione e le grandi
manifestazioni di massa, erano le immagini degli scontri nei centri di
Goteborg, Genova o Ginevra a veicolare il messaggio evidente: Non
sosteniamo un dialogo con i potenti del sistema misantropo.

Anche le proteste contro il vertice 2007 diventavano storia. A
Heiligendamm siamo riusciti a disturbare realmente la messa in scena
del G8.
Più di 10.000 persone ritardavano l’arrivo delle delegazioni del
vertice mercoledì, 6. Giungo 2007. Tutte le strade d’accesso erano
bloccate, gli antagonisti entravano nella zona vietata intorno al
luogo del vertice. I collaboratori e i traduttori non potevano
raggiungere Heiligendamm per ore, solamente le vie aeree e marittime
erano aperte, finché anche lì penetravano i gommoni a tal punto da
riuscire a vedere la sala del convegno.

Il successo dei blocchi è il successo della base del movimento, che
puntava con determinazione e fiducia al suo obiettivo. Il progetto
viveva nei tanti attivisti che preparavano i blocchi per mesi. Questa
esperienza documenta lo sviluppo della protesta no-global e rinforza
la sinistra internazionale.
Dimostra che con noi bisogna farci i conti!

Abbiamo partecipato all’organizzazione e realizzazione
dell’opposizione al G8 nell’ambito della rete nazionale ‘Sinistra
Interventista (SI)’. Le nostre priorità erano la manifestazione di
massa del 2. Giungo e la campagna ‘Block G8’. Di seguito ci esprimiamo
dunque solo su queste due giornate di mobilitazione e non sulla
totalità delle iniziative contro il G8 come i giorni di protesta
“agricoltura globale”, “fuga e migrazione”, “contro militarismo,
guerra e tortura”, il blocco dell’aeroporto militare Rostock-Laage, il
contro vertice o il “Move against G8”. Il nostro scopo era di creare
grandi alleanze fra gli oppositori del vertice e di sostenere in
quelle sedi la posizione della sinistra antagonista.

Alla manifestazione di massa partecipavano circa 80.000 persone.
Questo risultato è un enorme successo per noi anche perché l’abbiamo
raggiunto senza una gran partecipazione dei sindacati o dei partiti
della sinistra istituzionale – a differenza delle mobilitazioni
no-global finora. La manifestazione era organizzata prevalentemente
dal basso, ovvero dal movimento extraparlamentare, non istituzionale e
internazionale, come d’altronde tutte le altre iniziative e la
struttura stessa necessaria all’organizzazione della settimana nel suo
complesso.

Il 2. Giugno Rostock diventava una fortezza in uno stato di polizia.
Gli elicotteri volteggiavano sulla città, la popolazione locale non
osava uscire sulle strade, la lunga campagna diffamatoria della
polizia e dei media contro “i brutali no-global” otteneva l’effetto
desiderato. La maggior parte dei negozi e ristoranti rimanevano chiusi
su raccomandazione della polizia. Le squadre di polizia corazzate, le
vetrine inchiodate e l’equipaggiamento potente con i mezzi di sgombero
e con gli idranti d’ogni modello offrivano l’immagine della
situazione. Già prima che il primo sasso fosse lanciato, la predizione
della violenza si era auto-avverata.

‘Make Capitalism History – Rendi storia il capitalismo’
Lo spezzone ‘make capitalism history’ della ‘Sinistra Interventista’
era con circa 8.000 partecipanti il più grande della manifestazione.
Gli scontri con la polizia alla fine del corteo erano un momento che
non lasciava spazio alle solite interpretazioni moderate che vedono in
un dialogo con la controparte la possibilità di cambiamento della
società. Opponevano un rifiuto chiaro all’idea di un movimento che
delega e si appella al G8. Lo scontro di piazza non poteva essere
ignorato e per questo il successivo dibattito sulla violenza era
ancora più importante per i media e gli avversari politici così da
ridurre lo spezzone ai luoghi comuni del ‘nero’ e del ‘violento’.
Dando uno sguardo allo scenario completo predisposto dello stato ed
agli attacchi delle squadre di polizia al nostro spezzone, non poteva
che essere giusto e importante difendersi insieme e vincere su questi
attacchi almeno per un certo lasso di tempo.
Le immagini degli scontri fornivano la giustificazione che i
provvedimenti di sicurezza disposti dallo stato per mesi hanno
richiesto. Il danno materiale reale e il numero dei poliziotti feriti
non corrispondevano per niente a quello che i media volevano fare
credere sulla ‘battaglia di Rostock’. Ancora una volta il dibattito
sulla violenza la faceva da padrone. I media divulgavano qualsiasi
menzogna propagandistica, l’ultima parola di ogni telegiornale aveva
sempre come protagonista il portavoce della polizia. Di fronte alla
dimostrazione di forza dello stato, alcuni portavoce delle
organizzazioni interne alle reti non riuscivano a restare sulla giusta
rotta. Si moltiplicavano i commenti sugli scontri ai margini della
manifestazione che venivano percepiti da alcuni come una presa di
distanza dalla radicalità espressa dalla piazza in quei momenti. Delle
parole dei portavoce di ATTAC non ci stupiamo, esprimono la linea
politica dei suoi dirigenti.

Anche l’addetto stampa della SI e del nostro gruppo purtroppo non era
indenne a tale potere e lasciava intendere improbabili prese di
distanza. In questi giorni anche noi subivamo la forza del potere
statale, eravamo sopraffatti dalla ressa dei media e dalla forza della
loro campagna diffamatoria e ciò ha fatto si che ci prestassimo con
alcune parole al gioco di polizia e media mainstream. Questo non
corrispondeva alla posizione né del nostro gruppo né del portavoce e
sosterremo in futuro che singoli compagni non possono rappresentare né
gruppi né organizzazioni in pubblico senza avere un costante
collegamento col collettivo.

Block G8
Il primo giorno di vertice, mercoledì, decine di migliaia persone non
tenevano conto del divieto per le manifestazioni dentro la zona
vietata di Heiligendamm. Collettivamente sfidavamo gli idranti e i
lacrimogeni, beffavamo la polizia e con i nostri corpi andavamo
concretamente contro ogni divieto posto dallo stato.

I blocchi di massa non hanno rappresentato per noi un momento di
militanza meno efficace della manifestazione di pochi giorni prima. In
quell’occasione migliaia di persone si auto-organizzavano, erano
determinati e sapevano cosa volevano. La sua forma era una miscela
delle diverse tradizioni di protesta. Nella sintesi di questa pratica
tutti hanno trovato il loro ruolo. L’idea attraeva la più vasta
partecipazione possibile funzionando molto bene nella fase
introduttiva e creando una base per la sua realizzazione nella
pratica.

La divisione fra il ‘Black block’ di sabato e le/gli “attiviste/i dei
blocchi non-violenti” della settimana successiva non esiste in realtà,
di qualsiasi colore fossero i maglioni. Le/gli attiviste/i agivano
contro le zone vietate, gli idranti e gli sbarramenti della polizia.
Fanno parte dello stesso ambito dei partecipanti alla manifestazione.
Si tratta delle/gli stesse/i avversarie/i del vertice, antifasciste/i,
antirazziste/i, attiviste/i per la pace e delle/gli altre/i
attiviste/i dei movimenti europei.

Tante/i militanti delle strutture moderate non tenevano conto della
campagna diffamatoria, dei tentativi d’intimidazione e delle decisioni
dei loro funzionari che andavano sempre più a destra prendendo le
distanze e consigliando di non partecipare ai blocchi. Insomma una
politica emancipatrice che punta al dialogo con la base delle
organizzazioni e non con i dirigenti, sempre più intrisi a logiche di
potere. Le/gli attiviste/i hanno capito che erano i media e i
portavoce delle loro organizzazioni e non i militanti a volerli
strumentalizzare.

La polizia non voleva fare uscire sui media le immagini delle
operazioni brutali compiute in questo giorno. La simulazione di una
strategia che puntava alla riduzione della violenza non deve trarci in
inganno in quanto anche nei giorni dei blocchi il diritto di
manifestazione era abolito, come è stato possibile vedere per esempio
nel divieto alla manifestazione in programma. La polizia cercava e
trovava situazioni ad hoc in cui un suo intervento sembrasse
legittimo, per ottenere poi come risultato arresti e gravi feriti fra
le/i partecipanti. Se i blocchi risultavano in ogni caso un grande
successo è solamente grazie alle/ai migliaia di partecipanti che sono
riusciti a realizzare, dopo una preparazione di mesi, il sistema a
cinque dita.

Block on
Durante la preparazione delle giornate contro il vertice abbiamo
sempre messo in rilievo che il vertice è una messa in scena simbolica
che ha l’obiettivo di legittimare lo status quo e mantenere invariate
le condizioni del capitalismo globale. Il successo e il fallimento del
movimento devono essere misurati con la capacità di contestare la
funzione sociale del G8. Siamo riusciti a delegittimare questo vertice
e con questo anche le condizioni globali che sono rappresentate in
maniera simbolica dal G8?

La nostra risposta è si. Tanto la manifestazione quanto i blocchi di
massa si traducevano con la loro inconciliabilità e il loro carattere
non appellativo nella delegittimazione del G8. Insieme abbiamo reso
visibile la resistenza contro l’ordine mondiale cui spetta di
assicurare l’efficienza del mercato mondiale capitalista.

Il carattere del movimento no global 2007 ha mutato sensibilmente per
il mancato interesse delle strutture di sindacato e dei partiti della
sinistra istituzionale. A paragone di altre grandi mobilitazioni
internazionali contro i vertici abbiamo avuto una partecipazione
minore. D’altra parte però tutti i presenti erano molto più militanti
e radicali nell’espressione della pratica politica. Questa esperienza
avrà sicuramente effetto per le future mobilitazioni. Ci si è
emancipati finalmente dalla delega alle grandi strutture sindacali e
di partito della gestione anche infrastrutturale delle iniziative.
Campeggi totalmente autogestiti, la grande visibilità di uno spezzone
antagonista alla testa del corteo, per finire con il completo
autofinanziamento della settimana ne sono la palese dimostrazione.
Tanti giovani hanno portato la propria partecipazione. Le loro
esperienze collettive politicizzano e radicalizzano una nuova
generazione di protesta.

Non si possono dimenticare le misure repressive, a cominciare dal
cambiamento della legge di polizia della regione del
Mecklenburg-Vorpommern. Più di 17.000 poliziotti in azione. L’esercito
schierato all’interno dei confini statali con la funzione fittizia di
‘supporto tecnico’. Anche se la missione degli aerei tornado per la
sorveglianza dello spazio aereo riceveva molte critiche dall’opinione
pubblica dopo il vertice, lo stesso non si può dire per l’inquietante
presenza dell’esercito, passata quasi inosservata. Durante le giornate
di Rostock si contavano in più di 1.000 gli arresti. Il diritto di
manifestare era limitato pesantemente con tanti divieti alle
iniziative. Il paragrafo §129 (atti terroristici) ritornava in voga.
Settimane prima del vertice, l’accusa dell’esistenza di
un’associazione terrorista dava la scusa per un’ondata di
perquisizioni, che ancora oggi colpiscono le/i cosiddette/i
“avversarie/i del G8”. La solidarietà fra le diverse realtà del
movimento di Heiligendamm avrà nei prossimi mesi la possibilità di
mostrarsi nella politica antirepressiva.

Finalmente sembra essere entrato nelle coscienze un diffuso consenso
anticapitalista fino a poco tempo fa appannaggio dei gruppi della
sinistra radicale. In più la maggior parte della base attivista può
confermare che non si è lasciata dividere dalla campagna diffamatrice
e dalla pressione repressiva dello stato malgrado le differenze
vissute nel quotidiano svolgimento della pratica politica.
Questa esperienza comune alle diverse anime del movimento era la base
del nostro successo contro il G8. Un momento importante per tanti
partecipanti da tutta europa, che sappiamo discuteranno la possibilità
di applicazione dell’esperienza vissuta all’interno delle rispettive
realtà di movimento. E anche per noi, questa dichiarazione è solo
l’inizio di una valutazione più particolare del lavoro svolto insieme
alle diverse componenti che operano sul territorio nazionale ed
internazionale. Discuteremo e rifletteremo ancora sulle forme
d’organizzazione e d’azione.
Il movimento no-global, dichiarato morto da tanti, è tornato e
manifesterà la sua resistenza più radicalmente di prima.

Siamo venuti per restare!
Antifaschistische Linke Berlin – Sinistra Antifascista Berlino
Giungo 2007


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