[NuovoLab] Mafia e TAV

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Auteur: antonio bruno
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À: ambiente_liguria
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Sujet: [NuovoLab] Mafia e TAV
www.lastampa.it

La nuova 'ndrangheta punta
all'Alta velocità Torino-Milano
MASSIMO NUMA
TORINO
I tentacoli delle 'ndrine calabresi sui cantieri delle grandi opere del
Nord. Poi: nuove e pericolose organizzazioni criminali, nate dalle antiche
cosche ma ormai autonome nel Nord, slegate dal controllo dei boss
d’origine. «Famiglie» radicate da almeno due generazioni, con obiettivi più
sofisticati e lontani dalle tradizionali attività dei clan, narcotraffico
ed estorsioni. Nomi illustri: Morabito, Marando, Belcastro, Megna,
Belfiore, Bonavita, Bruzzaniti, D'Agostino, Ilacqua, Macrì, Mancuso,
Palamara, Polifroni, Romanello, Ursino, Varacolli, Vrenna, Laganà.

L’allarme arriva dalle ultime relazioni della Direzione Nazionale
Antimafia, dedicate alle infiltrazioni delle mafie nel Nord Ovest, e
soprattutto in Piemonte. A rischio gli appalti dell’Alta Velocità
Torino-Milano; e ancora «sotto analisi» alcune grandi opere già realizzate,
anche per le Olimpiadi del 2006. In una relazione alla Dna dei Ros dei
carabinieri, le indicazioni sono chiarissime: «In Piemonte, come in Liguria
e Lombardia, si registra una pervasiva presenza di compagini della
‘Ndrangheta, operanti soprattutto nel settore del narcotraffico, che hanno
investito sul territorio parte dei proventi accumulati con le attività
illecite, realizzando una progressiva infiltrazione del tessuto
politico-economico locale».

Gli analisti dell’Arma entrano nel dettaglio: «Nel tempo, infatti, le
proiezioni della criminalità calabrese, attraverso prestanome, hanno
orientato i propri interessi soprattutto nel settore edile e in altre
attività ad esso collegate, finanziando iniziative anche di rilevante
consistenza, con i capitali derivanti dalle attività delittuose proprie e
delle cosche di riferimento, con le quali mantengono stretti legami.
Logistici e operativi». Poi: «in Piemonte sono sorte progressivamente
imprese edili e di movimento terra, riconducibili a soggetti di origine
calabrese, impegnati anche nei lavori per le opere delle Olimpiadi
invernali e della linea ferroviaria ad Alta Velocità Torino-Milano». Il
quadro dei Ros si fa cupo: «La preminente presenza di articolazioni
‘ndranghetiste non ha impedito alle altre organizzazioni mafiose
tradizionali di orientare i propri interessi verso questa florida realtà
regionale».

Sul tavolo del sostituto procuratore della Dna, Vincenzo Macrì, anche le
valutazioni della Dia, la Direzione Investigativa Anti-Mafia, del Gico
della Guardia di Finanza, della sezione anti racket della squadra mobile di
Torino. Gli investigatori, nella sostanza, sostengono tesi simili o eguali.
Ma il problema, quello vero, è come colpire gli elementi mafiosi. Scrivono
gli 007 della polizia: «Le organizzazioni criminali collegate alla
‘ndrangheta sono predominanti nel territorio, ma non evidenziano quelle
potenzialità criminali palesate nei decenni scorsi o quelle proprie delle
cosche d’origine». Parole solo in apparenza rassicuranti. Perché, dopo, i
detective rilevano che «...Si allarga il raggio d’azione anche verso altre
aree... gli appalti, il lavoro, le risorse pubbliche sono più vicine ai
nuovi interessi economici mafiosi». E più precisamente: «...L’incremento
dei cantieri edili necessari per le Grandi Opere, nel 2006 le Olimpiadi, e
delle opere connesse con l’Alta Velocità Torino-Milano (Cav.to.Mi.) è stato
un momento di grande attenzione e analisi».

Ombre e sospetti diventano concreti e rivelano la nuova struttura del
racket calabrese: «...L’esistenza di collegamenti con le originarie cosche
operanti in Calabria, persistenti in virtù dei legami di parentela tra
alcuni degli affialiati non consente di accertare che cosiddette ‘ndrine,
operanti nell’area di appartenenza, agiscano in funzione di rigide
direttive impartite dai vertici d’origine». Conclusione: «Il ricambio
generazionale e l’oggettiva minore capacità di controllo dei soggetti
indicati del territorio hanno reso i gruppi sempre più autonomi rispetto a
quelli calabresi». Insomma, è nata una nuova organizzazione criminale.
Calabresi di seconda e di terza generazione, interessati solo al business
legale e al riciclaggio. E molto meno alla droga pesante.

Le prove del tentativo di colonizzare parte della rete economica e
produttiva del Nord arrivano anche da altri procedimenti, ancora in corso.
Come quello dedicato alla presenza, in Piemonte, di boss mafiosi, emigrati
al Nord. Alcuni «recentemente scarcerati per effetto dell’indulto».
Un’indagine, delicatissima, che «potrebbe presto ottenere rilevanti esiti
investigativi».

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