[NuovoLab] "Ti saluto Romano"

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Aihe: [NuovoLab] "Ti saluto Romano"
..così titola il manifesto.

Edoardo Magnone

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Ti saluto Romano

Romano Prodi la difende a spada tratta: «Eliminata un'ingiustizia». Prc e Pdci
vogliono cambiarla, per la destra è troppo moderata. Ma la riforma delle
pensioni non piace soprattutto ai diretti interessati: i siti e le redazioni
dei giornali - soprattutto a sinistra - si riempiono di messaggi di sfiducia al
governo. Tra delusione e rabbia. Gianni Rinaldini, segretario generale Fiom, al
manifesto: «E' un accordo a perdere. Ed è pieno di inganni»
(http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/22-Luglio-2007/art19.html)

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Esplode la protesta, sulle pensioni per Prodi sono lavate di capo
La riforma fa infuriare persino la parucchiera della signora Flavia. E la rabbia
corre sul web: e-mail, lettere ai giornali, il sito dell'Unità intasato dai
commenti degli elettori delusi...
Al. Bra.

E se gli italiani si fossero ritrovati una first lady con un taglio punk come
avrebbero reagito? Il rischio ieri è stato corso.
Perché la signora Flavia Franzoni in Prodi, quando è andata a sistemarsi
l'acconciatura dalla sua parrucchiera di fiducia a Bologna, l'ha trovata
intenta a smanettare con la calcolatrice per capire a che età avrebbe potuto
finalmente mettere da parte forbici e shampoo e godersi la sua meritata
pensione. Con il fresco accordo firmato la notte prima dai sindacati e dal
governo lei, che ha iniziato a lavorare a 14 anni, chissà quanto dovrà
aspettare. Un gesto di ripicca quindi, un deciso zac sulla chioma della signora
Prodi sarebbe stato, se non condivisibile, perlomeno comprensibile.
Fortunatamente la professionalità della parrucchiera ha permesso alla signora
Prodi di presentarsi in perfetto ordine, fresca di permanente, al marito, di
ritorno da una scampagnata in bicicletta sui colli bolognesi.
Ma Flavia Franzoni, dopo lo scampato pericolo, non si fa scappare l'occasione
per chiedere lumi al marito, e gli sottopone il caso della parrucchiera. Il
premier non si scompone e serafico spiega: «Si doveva riparare un'ingiustizia
come quella dello scalone, ma è necessario anche tenere i nostri conti in
ordine. Lo stanno capendo tutti, anche se Benigni dice che si andrà in pensione
solo a 96 anni».
Sorride il professore, e si gode il day after della sua battaglia più dura. Del
resto ha al suo fianco il manipolo dei riformisti del governo, che ieri si sono
impegnati in una difesa a spada tratta dell'accordo raggiunto: inizia il
presidente del senato Franco Marini, che giudica «un punto d'approdo positivo»
la firma ottenuta dai sindacati. Dalle colonne di Repubblica spende parole
dolci il vicepremier Francesco Rutelli, che lo definisce «positivo» e
«ragionevole». E Lamberto Dini, fino alla fine critico verso un accordo secondo
lui troppo schiacciato sui sindacati, parla di accordo «politicamente
accettabile». Però avverte: «Adesso non lo si cambia più».
Un parere non certo condiviso dalla sinistra alternativa, che ieri ha continuato
a sparare ad alzo zero sulla riforma: il segretario di Rifondazione comunista
Franco Giordano, convinto che la partita «è ancora apertissima», promette
battaglia, attraverso la mobilitazione del paese e una durissima opposizione
parlamentare. E butta lì una frase che suona minacciosa: «In autunno decideremo
se restare al governo». Ancora più duro il Pdci. Oliviero Diliberto si dichiara
«irritatissimo» e promette che il suo partito non cederà. E pure tre
parlamentari di Sinistra democratica, sebbene i vertici del loro partito
avessero giudicato l'accordo in maniera positiva, ieri hanno annunciato di non
starci. Sono Piero Di Siena, Silvana Pisa e Massimo Brutti, che ritengono
indispensabile «ascoltare attraverso il referendum i lavoratori» e «trasferire
poi il risultato in un'iniziativa parlamentare che modifichi i contenuti più
discutibili dell'accordo».
Basterebbe questo a non far dormire sonni tranquilli al premier che invece,
forte del risultato appena ottenuto e fiducioso del fatto che la pausa agostana
dei lavori riporterà a più miti consigli gli alleati commenta con un ironico «ci
sono divergenze? Mi stupirei del contrario». La coesione dimostrata dai
riformisti, di contro alla spaccatura della sinistra alternativa, fa sì che il
premier gonfi i muscoli, convinto che in autunno i ruggiti di adesso si
trasformeranno in tenui miagolii. E che ancora una volta, di fronte alla
possibilità della caduta del governo, la sinistra ingoi un nuovo rospo. La qual
cosa può anche essere possibile. Ma non sono certo disposti a farlo i tanti
elettori del futuro partito democratico che ieri hanno riempito il sito
dell'Unità con commenti non certo teneri nei confronti dell'accordo. «Il
riformismo cialtrone che anima il centrosinistra ha ultimato l'opera iniziata
dalla band berlusconiana», «fa schifo», «tanto valeva tenerci Berlusconi», «è
una pagliacciata» sono alcuni dei commenti più moderati. Lo stato d'animo è
questo: «forse quando Berlusconi definì coglioni gli elettori del
centrosinistra aveva ragione». E se anche si reggerà alla prova del voto in
autunno, difficilmente questi elettori vorranno ritrovarsi un'altra volta
«cornuti e mazziati».

Da pagina 5 del 22 Luglio 2007 de "Il Manifesto"

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/22-Luglio-2007/art21.html