Autore: ajorn acharya Data: To: cm-milano@inventati.org Oggetto: [Cm-milano] [Fwd: Re: [cm-Roma] Digest di Cm-roma, Volume 40,
Numero 25]
c'ha velagiro da cm-roma, magari vi interessa e che ne so,
le prime righe sono di chi ha postato su cm-roma, si sta riparlando di
quanto sia piu' o meno efficace o controproducente presentarsi alla
ciemmona nudi (come fecero gli spagnoli)
e' pura accademia, visto la situazione milanoide, ma forse anche di
altre citta' pero' ogni tanto fa bene :)
La questione non sono i nudisti o i centri sociali...per me punto
centrale è davvero il conflitto...e mi piaceva condividere con voi
queste riflessioni tratte da un testo secondo me interessante "Insurgent
city" curato da Giancarlo Paba
Quoto: ... "insurgent planning practices" le iniziative di
pianificazione e di resistenza/trasformazione che si oppongono alla
città esistente (alla sua struttura organizzativa e di potere) e nello
stesso tempo positivamente costruiscono i primi congegni di una città
alternativa e differente. John Friedmann collega queste iniziative alla
dinamica delle cittadinanze in espansione e ad un allargamento
progressivo degli spazi di democrazia . Le nuove cittadinanze creano un
contesto plurale e creativo, una vera e proprio multipli/city,
all'interno della quale diventano praticabili forme di utopia concreta,
achievable, per una più completa fioritura degli esseri umani .
Per noi inoltre il termine insurgent mantiene anche un campo di
risonanze più antico. Insurgence, ha scritto Lewis Mumford, è la
"capacità di superare, attraverso il potere o l'astuzia, attraverso il
piano o il sogno, le forze che minacciano l'organismo" . Le pratiche
individuali e collettive insurgent sono quindi un dato biologico ed
esistenziale, prima che politico, la manifestazione elementare del
diritto alla vita e alla città dei suoi abitanti più poveri e deprivati.
Insurgent, nel senso qui precisato, sono i movimenti stessi dei corpi in
città, degli organismi che vogliono sopravvivenza e speranza di futuro.
I movimenti molecolari: le traiettorie dei corpi nella scena pubblica
della città, alla ricerca di occasioni di vita e di felicità; i
movimenti associati: le interazioni tra i corpi, l'aiuto reciproco, la
solidarietà nell'amicizia e nel lavoro comune; le reti organizzate di
resistenza e di azione: il radicamento delle nuove comunità nello
spazio, nel processo di costruzione o trasformazione dei luoghi e degli
insediamenti.
Insurgent city non è città sovversiva o rivoluzionaria. È però campo di
forze, tensioni, desideri, conflitti, progetti. È l'insieme di azioni
compiute o parziali di trasformazione, di piccole utopie realizzate o di
semplici gesti di sopravvivenza, di manifestazioni di resistenza e di
lotta, di conquiste individuali o collettive, di micropoteri diffusi.
Insurgent non è soltanto l'azione antagonista, spesso semplice negazione
algebrica di una realtà ingiusta. Le pratiche sociali insurgent sono
invece il risultato di intenzionalità collettive positive, progettuali,
costruttive: esse sviluppano l'antagonismo in protagonismo. Pratiche che
stanno su un altro piano, su altri mille piani, talvolta indifferenti al
mondo tradizionale della lotta politica, e delle ideologie. Pratiche
"impolitiche", anche cattive e bastarde, forse proprio per questo
efficacemente politiche.