[NuovoLab] liberazione su genova 21 luglio 2007

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liberazione 21.7.07

Tra chi ha sfilato e chi era in piazza, c'erano almeno mille persone
Manifestanti di allora e delegazioni da Vicenza, Val Susa, Ferrara
Genova 2001-2007,
«Siamo qui e dove serve»

Checchino Antonini
Genova nostro inviato
«Fu lui a convincerci di restare calmi, eravamo molto determinati. Nessuno
decise di ripartire». Veniva da Napoli, Migliore, dove il 17 marzo 2001 la
polizia aveva assalito un grande corteo no global. «Non credevamo proprio
si potesse ripetere in grande quell'orrore che avevamo attribuito
all'impazzimento della questura».
In parecchi hanno issato le tende al Carlini, oggi giocheranno a pallone,
condivideranno lo spazio anche per discutere, proiettare video e stare
ancora insieme. Ma ieri era il giorno del ricordo più dolente, del ritorno
in Alimonda, del minuto di silenzio quando le lancette si appuntano
sull'ora in cui la pistola di un carabiniere mise fine alla vita di un
ragazzo di 23 anni che aveva raccolto un estintore proprio per difendere se
e gli altri, dopo tre ore di scontri nella trappola di Via Tolemaide.
Quando l'ordine pubblico fu violentato proprio da chi avrebbe dovuto
tutelarlo. E' un rito collettivo che si ripete ogni anno con minime
variazioni. E si ripeterà fin quando non ci saranno verità e giustizia.
Qualcuno continuerà a cantare, leggere poesie, lasciare piccole cose e
striscioni sulla grata all'angolo della chiesa. Un ritorno «bello, doloroso
e necessario nello stesso tempo», spiega Betta Piccolotti, una dei due
coordinatori nazionali dei Gc. Ieri, in una piazza ingombra dalla invasiva
postazione di La7, circolavano anche copie della mostra sui Luoghi
resistenti, le lotte di comunità, ideata e realizzata dai milanesi del
Progetto comunicazione, gli stessi che avevano fatto il Libro bianco a un
anno da quel luglio, in collaborazione con Socialpress. Pochi o tanti,
Haidi Giuliani esorta a non farsi venire il complesso dei numeri. «Bisogna
esserci e qui e dove serve: Vicenza, la Val Susa, Ferrara…».
Ieri, comunque, si era almeno in mille, tra chi ha sfilato e chi ha atteso
in piazza. E c'erano manifestanti di allora, vittime dei pestaggi,
militanti politici e sindacali, parlamentari della sinistra radicale,
cittadini genovesi e delegazioni da altri luoghi dove hanno scavato i
social forum (Bologna, l'Abruzzo, Firenze, Asti), c'era Rosa Piro, la mamma
di Dax ucciso anche lui a 26 anni dalle coltellate fasciste, come Renato
Biagetti a Roma solo un anno fa, c'era Francesco Barilli, l'animatore del
sito delle Reti meno invisibili, c'era Italo Di Sabato dell'osservatorio
contro la repressione (un'iniziativa dei gruppi parlamentari Prc), c'era
Paolo Beni, leader dell'Arci che consegnerà in serata al comitato
PiazzaCarloGiuliani, con Roberto Presciutti, l'amministratore delegato di
Liberazione, il ricavato della distribuzione del video-denuncia che
ricostruisce la vicenda di Piazza Alimonda. C'erano parecchi dei portavoce
del Gsf, da Raffaella Bolini (Arci, reduce dalla cerimonia della dedica ad
Angelo Frammartino della sala dei deuptati del Prc) ad Alessandra Mecozzi
(Fiom), da Alfio Nicotra a Luciano Muhlbauer e poi Luca Casarini, Francesco
Caruso, Antonio Bruno fino a Vittorio Agnoletto, all'epoca "portavoce dei
portavoce", adesso eurodeputato Prc, promotore dell'assemblea di domani
contro il progettato G8 in Sardegna, e firmatario, tra gli altri, di una
lettera ai parlamentari dell'Unione, polemica sull'avvicendamento De
Gennaro-Manganelli e che chiede una vera inchiesta parlamentare.
"De Gennaro ha Amato i Mangnelli" si leggere sullo striscione, felice per
sintesi ed efficacia, di centri sociali genovesi e Network delle comunità
in movimento, tirato fuori nell'inatteso fuori-programma: un corteo non
autorizzato, pacifico e senza tensione, fino alla questura dove una
delegazione di cinque ragazze, lo porterà fino all'uscio della polizia
sotto la quale risuonavano le parole delle due poliziotte che esultavano
per l'omicidio di un ragazzo di 23 anni. Sui muri, a segnare il cammino del
corteo, volantini che cucivano le foto dei misfatti di polizia al G8 con
gli slogan accattivanti della pubblicità di Arma e ps, tipo "vicini alla
gente". «E' stata la risposta alla provocazione del Coisp, un sindacatino
di ps che voleva manifestare in Alimonda - spiega l'altro coordinatore dei
Gc, Federico Tomasello mentre il deputato Caruso chiede scusa ai genovesi
per l'occupazione temporanea della strada - ma questa iniziativa vuole
denunciare la promozione di De Gennaro subito dopo la sua iscrizione al
registro degli indagati per la Diaz».

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Speakers corner" con il prete della Comunità di San Benedetto al Porto
Don Andrea Gallo, testimone
della trappola di via Tolemaide

Genova nostro inviato
«Carlo è da tutte le parti, adesso sta al Dal Molin. Penso che arriverà
anche alla Maddalena dove vogliono fare un altro G8». Come se non fosse
bastato quello di sei anni fa qui a Genova, vuole dire Andrea Gallo quasi
80 anni, prete e partigiano, che ieri ha dato appuntamento ai giornalisti a
palazzo Ducale. Nel 2001 era qui il cuore della kermesse dei cosiddetti
otto grandi. Ora è finalmente tornato alla sua normalità: ci sono mostre di
grande livello e un bar famoso per i cocktail. E' aperto a tutti fino a
notte fonda. E con l'arrivo del prete della Comunità di San Benedetto al
Porto e di Luca Casarini dal nord-est è una specie di speakers corner,
luogo dove si può prendere parola. I nordestini, arrivati da Padova,
Bologna ma soprattutto Vicenza, srotolano uno striscione: "Governo Prodi
vergogna. De Gennaro macellaio".
Prima dell'abbraccio con Casarini, don Gallo aveva ricordato di essere
«testimone della trappola di via Tolemaide», quando centinaia di
carabinieri e poliziotti hanno preso d'assalto il corteo regolarmente
autorizzato che scendeva dal Carlini verso la zona rossa sparando
tonnellate di gas Cs e decine di pistolettate. Quel giorno di sei anni fa
furono assaliti e violentati tutti i cortei che volevano assediare
simbolicamente la zona rossa. Dopo ore di scontri, tra i manifestanti che
provavano a difendersi perché non avevano vie di fuga, la pistola di un
carabiniere mise fine alla vita di un ragazzo di 23 anni.
Il caso sarà archiviato, ma per 25 manifestanti ci sarà l'incredibile
incriminazione per devastazione e saccheggio. Un video presentato da pochi
giorni dalla segreteria del Genoa Legal Forum rivela che a turbare l'ordine
pubblico furono in realtà i reparti che l'avrebbero dovuto tutelare. Per
questo don Gallo chiede un'assoluzione per i venticinque. Chiede un
«segnale», sarebbe un «inizio di pacificazione». «L'anno prossimo -
continua - vorrei una vera riconciliazione» auspica ricordando che, prima
di essere il teatro della più grande violazione dei diritti civili in
Occidente dal '45, Genova fu la città che tenne a battesimo la battaglia
per la smilitarizzazione della polizia. Di presente e futuro, più che del
passato, vorrà parlare anche Casarini. «Il G8 2001 è stata l'espressione
più tragica e visibile di cosa succede quando la democrazia si chiude». Un
concetto valido soprattutto dove gli aerei della Nato bombardano le
popolazioni civili, secondo Casarini per il quale gli anni passati da
quelle di luglio «pesano come montagne»: «non è così per tutti sennò non si
capisce perché De Gennaro è stato promosso da capo a supercapo della
polizia». L'iniziativa al Ducale è il modo che centri sociali e Comunità di
San Benedetto ha scelto per continuare a denunciare la repressione «con
semplicità e naturalezza». C'è uno «spazio pubblico» da tenere aperto e che
rischia di «essere soffocato dalla politica ufficiale: tutti i germi della
repressione stanno in quella separatezza», dice ancora Casarini presentando
i suoi compagni di viaggio vicentini e lanciando un'ultima toccata alle
«coperture bipartisan» nei confronti dei vertici della polizia sotto accusa
a Genova, ma tutti promossi dopo quei fatti. Lo sgombero di campi rom da
parte di sindaci del centrosinistra, il mantenimento dei Cpt, l'aumento
delle spese militari sono per Casarini il segnale di una strategia di
«ordine e sicurezza che vale per una minoranza. A Genova a essere
salvaguardati sono stati solo in otto. Genova per noi, ora, è soprattutto
Vicenza».
E' dalla città veneta, mobilitata contro la nuova base Usa che arrivano i
segnali peggiori. Ne parla Franco Pavin che è tornato a Genova per la prima
volta dal 20 luglio di sei anni fa: «Da noi l'aria è pessima. E' stata
sgomberata due volte la sede della Cub, il sindacato schieratissimo con il
no a Dal Molin. Ufficialmente viene detto che è successo per finita
locazione, ma loro avevano pagato l'affitto fino a settembre. Nella sede
sono intrappolate anche 1.500 dichiarazioni dei redditi e sembra che
stamattina sia stato arrestato uno di quelli che ieri era andato a
riprendersi la sede. Lo sgombero di una sede sindacali è roba da ventennio.
Per questo diventa fondamentale l'appuntamento che abbiamo lanciato per un
campeggio a settembre che difenda il presidio permanente».
Che. Ant.


21/07/2007

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"Eppure il vento soffia ancora...." Pierangelo Bertoli (1942 - 2002)

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