Lähettäjä: Tommaso Vitale Päiväys: Vastaanottaja: ML movimenti Bicocca Aihe: [movimenti.bicocca] Che cosa resta del femminismo? (Zapruder)
Inizio messaggio inoltrato:
> Da: <stefano.agnoletto@???>
> Data: 19 luglio 2007 14:26:33 GMT+02:00
> A: rivistoriantago@???
> Oggetto: [Rivistoriantago] Testo della recensione di Zapruder n. 13
> su Liberazione di oggi
> Rispondi a: stefano.agnoletto@???,
> rivistoriantago@???
>
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> Femminismo nel mondo?
> E' più vivo che mai
>
> L'ultimo numero della rivista di storia "Zapruder" a cura di
> Liliana Ellena e
> Elena Petricola, fa un bilancio di quello che resta
> a livello internazionale. Dalla lettura degli articoli emerge una
> risposta
> netta, decisa: resta moltissimo, anche tra le giovani donne
>
> Luisa Passerini
> Che cosa resta del femminismo? - si chiedono le curatrici
> dell'ultimo numero
> di "Zapruder". Molto, posso rispondere come lettrice, dopo aver
> visto il
> fascicolo, evidentemente frutto di un lavoro lungo e meditato.
> Molto, perché
> nuove voci e nuovi punti di vista si sono manifestati negli ultimi
> tempi, da
> pubblicazioni provenienti dalla Società italiana delle storiche
> (come "Genesis"
> su femminismi e culture oltre l'Europa e Altri femminismi a cura di
> Teresa
> Bertilotti, Cristina Galasso, Alessandra Gissi, Francesca Lagorio)
> all'insieme
> degli scritti raccolti ora in "Zapruder" - Donne di mondo. Percorsi
> transnazionali dei femminismi , a cura di Liliana Ellena e Elena
> Petricola,
> Odradek, pp. 160, euro 10. Dopo e grazie a questi lavori, potremo
> riprendere in
> modo più meditato la riflessione su continuità e discontinuità del
> femminismo
> italiano.
> Alle origini di questo "Zapruder" sta l'intento delle curatrici -
> espresso
> nell'editoriale Femminismi di frontiera dagli anni settanta a oggi
> - di
> interrogarsi su temi come la discontinuità e l'eredità del
> neofemminismo, la
> dislocazione contemporanea delle soggettività femministe in nuovi
> contesti, e
> le diverse posizionalità all'interno del femminismo. Sebbene il
> taglio proposto
> sia apertamente decostruttivo - «ci ha guidate soprattutto il
> desiderio di
> mettere in primo piano quelle pratiche che hanno proposto, rivisto
> e scardinato
> le teorie elaborate negli ultimi trent'anni» - in realtà il
> fascicolo ha un
> carattere costruttivo rispetto all'intento di documentare i
> rapporti tra il
> femminismo occidentale e la nascita di movimenti femministi
> postcoloniali.
> Ciò è soprattutto evidente nella parte centrale, dedicata a due saggi
> rispettivamente sull'ecofemminismo in India, di Laura Corradi, e sulle
> biografie di tre femministe africane tra diaspora e afrocentrismo,
> di Sara
> Tagliacozzo. Questi scritti arricchiscono la nostra comprensione di
> tali realtà
> postcoloniali e contemporaneamente offrono spunti per aprire il
> dibattito su
> dilemmi e problemi che oggi ci interessano tutte e tutti. Il saggio
> di Corradi
> sul contrasto tra l'approccio essenzialista del femminismo indiano,
> che ha
> proposto il principio femminile come legame immediato con la natura
> dea-madre
> (per esempio: Vandana Shiva), da un lato, e l'approccio social-
> costruzionista,
> dall'altro lato. Questo secondo interpreta il rapporto donna-natura
> come una
> costruzione sociale e culturale, mentre accusa le essenzialiste di
> limitare la
> loro critica al colonialismo e alla globalizzazione, senza giungere ad
> attaccare a sufficienza l'oppressione patriarcale locale (per
> esempio: Bina
> Agarwal e Meera Nanda). A sua volta, Tagliacozzo mette in luce
> pensieri e
> attività di femministe africane che riprendono - in affascinanti
> utopie
> contemporanee - il retaggio delle società matriarcali pre-
> coloniali, rischiando
> tuttavia un "etnocentrismo invertito" che risulterebbe in una
> scorciatoia
> ideologica. Questa scorciatoia, che nasce in parte da una certa
> ostilità
> all'antropologia e alla storiografia femminista occidentali, ignora
> sul piano
> ideologico quello che le stesse intellettuali femministe africane -
> come la
> sociologa-etnografa nigeriana Ifi Amadiume, la scrittrice e
> drammaturga
> camerunese Werewere Liking, e la psicologa e teorica Amina Mama,
> attualmente
> direttrice dell'African gender institute di Cape Town - concorrono
> a mettere in
> luce, cioè che le loro realtà sono inserite a pieno titolo nei flussi
> transnazionali di persone e culture della modernità globale.
> E' un merito delle due autrici esporre con chiarezza questi dilemmi e
> problemi, senza nasconderli dietro un atteggiamento di mero
> ascolto, talvolta
> adottato - anche con buone ragioni - dagli intellettuali occidentali.
> L'atteggiamento di ascolto è stata una giusta reazione alle precedenti
> posizioni eurocentriche, e per certi versi può essere tuttora
> valido. Tuttavia,
> ormai è tempo di riconoscere che dilemmi e conflitti intellettuali
> simili
> attraversano l'occidente che in passato fu colonizzatore e le aree
> che in
> passato furono colonizzate, che l'occidente non è affatto, e non lo
> è mai
> stato, un tutto unico e coerente, e che l'esito dei dibattiti che
> possono
> scaturire dal riconoscimento di diverse posizioni ci riguarda
> profondamente e
> da vicino. Tutto ciò mi sembra particolarmente vero per quanto
> riguarda il
> femminismo. Il solo ascolto è inadeguato non solo perché potrebbe
> nascondere un
> senso inconfessato di superiorità, ma anche perché i problemi in
> questione sono
> urgenti a livello globale: forme di essenzialismo femminista sono
> ancora
> diffuse ovunque, a vari livelli e in modi diversi, e altrettanto lo
> sono
> varianti dell'etnocentrismo, talvolta non bieche, ma ingenuamente
> ottimistiche
> nel rilancio di culture del passato. Per questo mi sembra più
> adeguata una
> conclusione problematica come quella di Sara Tagliacozzo che non
> quella più
> ottimistica di Laura Corradi.
> Un altro contributo importante di questo "Zapruder" è la rilevanza
> data alle
> immagini, in tutto il numero, ma soprattutto nell'inclusione di due
> dossier
> fotografici, l'uno di Marilaide Ghigliano sugli incontri femministi
> internazionali degli anni Settanta, e l'altro di Maila Iacovelli su
> donne del
> Mali in tempi recentissimi. In entrambi colpisce l'allegria di
> alcune donne al
> lavoro o in dialogo tra loro, ma soprattutto con entrambi si pone
> una sfida
> alla storiografia, di saper interpretare queste fonti, che
> rappresentano una
> nuova frontiera della ricerca storica.
> Proprio sul piano storiografico, i due saggi che aprono il
> fascicolo sono
> consistenti e di notevole spessore critico. Vincenza Perilli
> ricostruisce con
> intelligenza e dovizia di documentazione la storia dell'analogia
> tra razza e
> genere, gettando nuova luce sulla storia del femminismo, e
> ricordando che
> questa analogia, "imperfetta", ha contribuito a rendere invisibili
> le donne non
> bianche. La sua analisi giunge a colpire il presente, nell'additare
> una certa
> "storiofobia" del femminismo italiano della differenza e
> soprattutto nel
> richiamare l'attuale dibattito sui-sulle migranti, che Perilli
> invita a maggior
> concretezza. Un filo comune a questo saggio e al successivo, di
> Paola Guazzo, è
> l'attenzione al linguaggio, una tradizione propria a molte ali del
> femminismo.
> Guazzo la declina con finezza a proposito della traduzione e
> ricezione di testi
> internazionali - come quelli di Adrienne Rich e Monique Wittig - nella
> riflessione dei gruppi lesbici italiani dagli anni Ottanta agli
> anni Novanta,
> con una rivisitazione che si rivela preziosa nel ripercorrere
> questa storia
> ancora insufficientemente conosciuta.
> L'ultimo "Zapruder" contiene altri interventi più brevi su temi di
> notevole
> interesse, dalla questione del velo (Chiara Bonfiglioli) alla
> "questione
> femminile" in Antonio Gramsci (Martina Guerrini), dal pensiero di
> Mario Mieli
> (Cristian Loiacono) alle notizie sull'anagrafe dei partigiani e delle
> partigiane in Emilia-Romagna (Sara Galli), dall'Archivia della Casa
> internazionale delle donne a Roma (Emanuela Fiorletta) a una
> critica dei libri
> di testo sul concetto di totalitarismo (Gino Candreva) e a un
> pertinente
> bilancio dell'esperienza della "Feminist Review", che ha conosciuto
> conflitti
> laceranti, ma anche passi avanti significativi sul tema del
> rapporto tra razza
> e genere (Enrica Capussotti). Il fascicolo comprende anche tre belle
> interviste, la prima di Stefania Voli alla femminista storica
> Angela Miglietti,
> traduttrice di Noi e il nostro corpo ; la seconda di Silvia Bonanni
> a Gabriella
> Romano, regista e autrice che ha condotto e usato testimonianze di
> donne
> lesbiche per il suo lavoro; e la terza di Carla Pagliero ad Alina
> Marazzi,
> regista di documentari di natura storica e biografica di grande
> suggestione.
> Il fascicolo si chiude con un breve intervento a firma collettiva
> (una ben
> nota prassi dei movimenti delle donne) di A/matrix su
> biotecnologie, corpi e
> immagini. Mi rallegra udire questa voce che mi parla
> contemporaneamente da una
> vicinanza e una distanza. Riconosco (o ritrovo dopo lungo tempo, e
> apprezzo) la
> pervicacia nel voler «dire la nostra su tutto ciò che riguarda le
> nostre vite»,
> il tono del dissenso radicale, la rivendicazione della politica
> come piacere,
> la volontà di autonomia ma anche di dialogo, la voglia di sovversione,
> l'interesse per l'immaginario e le parole da scegliere, nonché la
> passione per
> la performance di ispirazione situazionista. La lontananza non è
> sui temi, che
> reputo centrali e cruciali, e sui quali condivido le posizioni
> espresse
> («l'accesso per tutte e tutti alle nuove tecnologie» e la negazione
> della
> biologia come destino), ma - implicitamente - sul tema del limite.
> Un segno ne
> è la dichiarazione che «l'età ci interessa poco», il che può
> sembrare coerente
> dopo la negazione della determinazione biologica. Ma qui entra la
> consapevolezza del limite: a me l'età interessa invece molto, da
> qualche tempo,
> e in particolare la vecchiaia, proprio come tramite per toccare il
> limite, sia
> della vita sia della rivolta, limite che nessuna negazione del
> determinismo
> biologico può ignorare. Tuttavia mi piace che "Zapruder" si chiuda
> su questo
> rilancio al futuro e su questa apertura di una scommessa politica,
> apparentemente senza limiti
>
>
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