[Forumlucca] di antonio ingroia

Supprimer ce message

Répondre à ce message
Auteur: laura picchi
Date:  
À: alessiociacci, calinde, talithacianca, compagnobelmonte, g.corazzi, davininadia, dirittichfouka, dirittichfouka, dirittimigranti, doiandrea, giovanna.duranti, forumlucca, franco.nolli, g.sensi80, gaiarosi, gianfrancolanzani, gicavalli, info, laurapicchi56, linda.lachina, lucca, marcobonuccelli, m.marcucci, maria.itri, marisa.pareto, martinelli, m.ciancarella, mrseye, info, nicpuc, rsensi, salahchfouka, salvonico, sergio.flamigni, s.ram, toussaint, tommaso.panigada, vbertini, vg.bertini, tifeoweb, werner.eckl, ymane
Sujet: [Forumlucca] di antonio ingroia
L´eredità scomoda di un intransigente       di ANTONIO INGROIA 
Oggi torneremo in via D´Amelio, quindici anni dopo. Un po´ più stanchi, un po´ più soli, un po´ più consapevoli. Un quindicennio è sufficiente per un bilancio. Delle luci e delle ombre, delle conquiste e delle perdite, dei pieni e dei vuoti. Torneremo sui luoghi di quella tremenda strage col rimpianto delle perdite e con la consapevolezza della memoria. In coloro i quali quel giorno vi accorsero con la morte nel cuore prevarranno ricordi amari e un insopprimibile senso di vuoto, la sensazione di una ferita profonda, mai rimarginata, delle assenze più delle presenze, perché le cose che abbiamo smarrito soverchiano quelle che abbiamo conquistato. La scomparsa di uomini, insostituibili punti cardinali come Borsellino e Falcone, della cui lezione avvertiamo quotidianamente lo smarrimento. Eredità non soltanto scomode, ma soprattutto inattuali in una Sicilia, in un´Italia, che
da uno scandalo all´altro ha lasciato alle proprie spalle ogni questione morale e ogni principio di responsabilità, penale, politica, etica. Quelle istituzioni, che specie negli ultimi giorni avevano voltato le spalle a Borsellino in vita, sembrano avergliele voltate anche da morto. Dimenticato, tranne che nei giorni delle commemorazioni ufficiali.Dimenticata, soprattutto, la sua intransigenza morale, che viene perfino dissimulata, mistificata, diffondendo falsi santini per far dimenticare la forza delle sue denunce pubbliche, come quella dell´estate del 1988 sullo smantellamento del pool antimafia e del suo metodo, che gli fece rischiare il procedimento disciplinare, e come il suo aspro j´accuse del 25 giugno 1992 alla Biblioteca comunale, quando, alludendo alla vicenda della mancata nomina di Falcone al posto di consigliere istruttore, ricordò che, anche a causa del tradimento di
un «Giuda», «il Paese, lo Stato, la magistratura che forse ha più colpe di ogni altro, cominciò a farlo morire il 1° gennaio del 1988», fino a definire «nefasti» certi interventi della Cassazione che «continuarono a far morire Giovanni Falcone». Un Borsellino addolorato e amareggiato certamente, ma giammai accomodante. Ecco perché con lui sembra scomparsa anche quella civile capacità di indignarsi, come lui sapeva, di fronte al «puzzo del compromesso morale, dell´indifferenza, della contiguità e quindi della complicità».E con la rimozione della lezione di Borsellino e Falcone abbiamo assistito anche alla neutralizzazione di altri lasciti ed eredità, come quella di Gian Carlo Caselli, escluso da una legge contra personam, recentemente dichiarata incostituzionale, dal diritto di concorrere alla carica di procuratore nazionale antimafia; o quella di Gherardo Colombo, dimessosi dalla
magistratura per occuparsi di libri nella convinzione dell´attuale insufficienza dello strumento giudiziario per costruire un´Italia delle regole.Non soltanto scomparse di uomini e di eredità, ma anche scomparse di documenti. Come l´agenda di Borsellino che forse conteneva (o contiene?) la chiave dell´accelerazione del progetto stragista, da ricercare presumibilmente nei suoi ultimi incontri. Come certe sentenze di condanna, definitive e no, di imputati "eccellenti", che vanno ignorate, nascoste all´opinione pubblica, cancellate, perché raccontano una verità diversa da quella che interessa diffondere. Perché sostenere che tutti i "colletti bianchi" processati per collusione mafiosa sono stati assolti serve ad alimentare la falsa rappresentazione di una realtà mafiosa fatta soltanto di latitanti braccati e qualche lontano "cugino" e "zio d´America", una mafia estranea alla "buona
società" siciliana, che da quelle sentenze risulta invece pienamente integrata nella realtà criminale.E che dire della scomparsa dei fatti? Della scomparsa di quei fatti che più volte hanno fatto scrivere ai giudici dei vari processi per la strage di avere acquisito «riferimenti, allusioni, elementi concreti che rimandano altrove, ad altri centri di interesse, a coloro che in linguaggio non giuridico si chiamano i "mandanti occulti", categoria rilevante non solo sotto il profilo giuridico ma anche sotto quello politico e morale». Fatti sui quali sembra gravare una congiura del silenzio, sintomo di una palese remora a fare i conti con la parte più oscura e imbarazzante della nostra storia. È amaro constatare che questi ultimi quindici anni sono stati troppo spesso appuntamenti mancati con la verità e la giustizia, teatro di troppi accomodamenti e trattative inconfessabili.
Difficile essere ottimisti in questo contesto. Ma la lezione di Borsellino ci aiuta ancora una volta: non abbassare mai gli occhi e guardare oltre le macerie, saper valorizzare i pochi ma preziosi successi, le conquiste più sofferte che danno nuovi orizzonti. Non sono stati quindici anni inutili, gettati al vento. Dipende da ciascuno di noi saperne trarre il meglio, dimostrando di essere all´altezza di un passato così importante.Ma ciò sarà impossibile fin tanto che non si riuscirà a dare una "scossa" al nostro Paese, fin tanto che non venga avviata una vera politica delle riforme, a cominciare da un´autentica riforma della giustizia e della legislazione antimafia, senza la quale resteremo cittadini di una democrazia fragile, dove i poteri democratici appaiono deboli e in balia di altri centri di potere extra-istituzionali. Il tutto mentre anche la mafia sembra attraversare
un´analoga fase di subalternità rispetto a quel ceto politico-finanziario che è sempre stato il suo più forte alleato e che oggi ha il suo momento di massimo potere d´influenza, esercitato a più livelli e in più sfere.Ecco perché fare tesoro della lezione di Paolo Borsellino significa tornare oggi in via D´Amelio con una maggiore consapevolezza delle difficoltà della sfida, per riproporre il coraggio civile dell´indignazione collettiva e della pubblica denuncia di collusioni e connivenze, ma anche della capacità di concepire ambiziosi progetti di riforma in grado di contrastare il predominio di un sistema politico-economico criminale sempre più pervasivo.   LA REPUBBLICA EDIZIONE palermo  19 LUGLIO 2007 Calcio, Quiz, Sudoku, Scacchi… Inizia la sfida su Messenger, GRATIS!