Prodi in Israele, trincea comune
Si può cambiare il mandato delle truppe in Libano, si deve fermare a ogni costo
l'atomo di Tehran... Il premier italiano visita Olmert e sottoscrive tutto
Michele Giorgio
Gerusalemme
Un paio di anni fa la nota pacifista italo-israeliana Manuela Dviri, a proposito
della politica accondiscendente del governo Berlusconi nei confronti di Israele,
commentò che «un vero amico è quello che non teme di dirti che stai sbagliando e
non quello che ti esorta ad andare avanti anche se stai commettendo gravi
errori».
Parole che suonano bene anche per Romano Prodi. In visita ufficiale in Israele,
il presidente del consiglio italiano ieri, superando generosamente ragion di
stato e diplomazia, ha dato carta bianca a Israele su tutto: Iran, Abu Mazen,
Hamas.
Ha fatto capire che esiste una identità di vedute perfetta con lo stato ebraico
anche a proposito del Libano, affrettandosi ad assicurare il parere favorevole
dell'Italia ad un possibile cambiamento delle regole d'ingaggio per i militari
dell'Unifil - il punto più delicato dell'intera missione - se a richiederlo
saranno le Nazioni unite, evidentemente su pressione di Israele che desidera
una linea più dura dei caschi blu contro Hezbollah. Olmert ha subito aggiunto
che «i 2.500 soldati italiani della missione Unifil svolgono un lavoro
importante e continueranno ad agire efficacemente, secondo il mandato dell'Onu,
contro Hezbollah».
Sull'Iran Prodi ha garantito il sostegno pieno dell'Italia alle posizioni (e
anche ai piani?) di Israele. «Siamo assolutamente d'accordo: l'Iran non può e
non deve avere nessuna capacità militare nucleare», ha detto il presidente del
consiglio durante la conferenza stampa congiunta al termine dei colloqui
bilaterali con Olmert, che da parte sua ha fatto una dichiarazione di guerra:
«Non potremo mai consentire che uno Stato (Iran) che fa appello alla
distruzione di Israele possa possedere un arsenale nucleare. Va fatto di tutto
per impedirglielo». Di tutto cosa? Su questa frase di Olmert, che lascia
intravedere un attacco militare contro Teheran, Prodi non ha sentito il dovere
di precisare la posizione del suo governo. «Abbiamo scambiato idee - ha
proseguito il presidente del consiglio - su come arrivare a questo comune
obiettivo...Teheran che deve rinunciare a qualsiasi programma nucleare
militare. L'Iran non ha alcun bisogno dell'arma nucleare per esercitare il suo
ruolo di potenza internazionale. Se vuole esercitare quel ruolo, deve
contribuire a stabilizzare la regione e la corsa al nucleare va proprio nella
direzione opposta». E' ovviamente giusto che l'Italia dichiari la sua ferma
opposizione alla proliferazione nucleare e, in questo caso, ad un possibile (ma
non accertato) programma atomico segreto di Teheran.
E' paradossale però che Prodi abbia scelto di riaffermare la contrarietà
dell'Italia al nucleare militare mentre visita l'unico paese del Medio Oriente
che possiede armi atomiche, che non ha firmato il trattato di
non-proliferazione e continua a mantenere una pericolosa ambiguità sul suo
arsenale non convenzionale.
Come Prodi ha tenuto a sottolineare ieri mattina nel discorso tenuto durante la
cerimonia di saluto al suo arrivo all'ufficio del premier Olmert, la politica
dell'Italia nei confronti di Israele non cambia «a prescindere dal colore del
governo».
Ed impercettibili si fanno le differenze tra Berlusconi e Prodi quando al centro
degli interessi dei due paesi c'è la cooperazione su sicurezza e militare. Di
ciò il presidente del consiglio ieri non ha parlato ma è presumibile che abbia
confermato a Olmert che il suo governo osserverà punto per punto il memorandum
d'intesa che Berlusconi stipulò con Israele per la cooperazione nel settore
militare e della difesa. Memorandum che il 17 maggio 2005 è divenuto una legge
composta di 11 articoli e anche di un capitolo tenuto segreto al Parlamento per
«motivi di sicurezza». La legge prevede la «cooperazione nella ricerca, nello
sviluppo e nella produzione» di tecnologie militari tramite «lo scambio di dati
tecnici, informazioni e hardware». Vengono inoltre incoraggiate «le rispettive
industrie nella ricerca di progetti e materiali» di interesse comune.
Un paio d'anni fa Voice of America, citando fonti israeliane, riferi' che Roma e
Tel Aviv hanno concordato lo sviluppo congiunto di un nuovo sistema di guerra
elettronica, con un primo finanziamento di 181 milioni di dollari. Sotto la
cappa del segreto militare può avvenire di tutto, pertanto le tecnologie
italiane potrebbero essere utilizzate per potenziare le capacità di attacco di
Israele che è un paese un guerra e occupa territori arabi e palestinesi in
violazione di risoluzioni dell'Onu.
Oltre ad Olmert, Prodi ieri ha incontrato il leader dell'opposizione Netanyahu,
i ministri della difesa e degli esteri Ehud Barak e Tzipi Livni e il capo dello
stato Shimon Peres. Ha visitato il Museo dell'Olocausto e la cittadina di
Sderot, bersaglio frequente dei razzi artigianali Qassam. Oggi vedrà a Ramallah
il presidente palestinese Abu Mazen e il premier Salam Fayad e visitera' il
campo profughi di Deheishe (Betlemme). Non avrà contatti con i leader di Hamas.