Autore: massimiliano.piacentini@tin.it Data: To: forumlucca Oggetto: [Forumlucca] I: che bella città!
----Messaggio originale----
Da: marcospette80@???
Data: 29-giu-
2007 6.55 PM
A: <destinatari-ignoti@null>, <null@null>
Ogg: [gsc] che
bella città!
VERONA
L'Arena
Venerdì 29 Giugno 2007
Clamoroso
blitz della Digos. Trovati simboli neonazisti. Tra le accuse
associazione per delinquere e violazione della Mancino
*Pestaggi in
centro, denunciati 17 ragazzi*
I raid partivano da Piazza Erbe.
Aggressioni con botte a chi «era diverso»
Si incontravano nei bar del
centro e organizzavano le aggressioni Tra le
vittime, ragazzi del sud,
giovani di colore e della Chimica
di Giampaolo Chavan
«Ci sono
solo la violenza e le aggressioni nella loro testa». Gli
inquirenti
fotografano così la nuova inchiesta su 17 giovani, accusati
di aver
compiuto almeno una dozzina di aggressioni in città a partire
dal
marzo 2006 fino ad oggi. Ma l'indagine assume un aspetto decisamente
più inquietante se solo si pensa che, oltre alle accuse di
associazione
per delinquere finalizzato alle lesioni, c'è anche quello
di violazione
della legge Mancino, la normativa contro la
discriminazione razziale.
I 17 indagati, insomma, avrebbero compiuto
per più di un anno una sorta
di «caccia al diverso», in centro città,
partendo sempre dai loro luoghi
di ritrovo, i bar tra piazza Erbe e
corso Portoni Borsari tra uno spritz
e l'altro.
Ieri il procuratore
Guido Papalia ha ordinato agli uomini della Digos,
coadiuvati dai
colleghi della Mobile, di svolgere 17 perquisizioni. E
ciò che è
emerso dalla «visita» degli uomini della questura non fa altro
che
aumentare l'allarme sociale per l'attività di questi giovani, tutti
compresi tra i 17 e i 25 anni. Ieri sul tavolo della Questura, era in
esposizione il materiale sequestrato dagli agenti della Digos agli
indagati, catapultati nell'inchiesta.
Spiccavano tra l'altro alcuni
manganelli, di cui uno anche retrattile,
due pugnali, quattro
coltelli, un paio di taglierini, un'accetta, alcune
armi da guerra
fedelmente riprodotte tra le quali una pistola ed un
mitra, alcune
senza il tappo rosso così come richiesto dalla legge,
libri che negano
l'olocausto, bossoli senza ogiva, petardi per
lanciarazzi oltre ad una
bandiera con il simbolo nazista ed un
gagliardetto sempre con effigie
riconducibili ad ideali di estrema destra.
Non mancavano, infine,
adesivi del Veneto fronte Skinheads. «Alcuni di
loro», hanno spiegato
ancora gli investigatori, «frequentano anche Forza
Nuova, altri,
invece, fanno parte dei sostenitori della curva sud
dell'Hellas ma
l'aspetto politico rappresenta solo un paravento per
giustificare la
loro voglia di violenza».
L'inchiesta è partita nel marzo del 2006
quando in Questura sono
iniziate ad arrivare alcune segnalazioni di
risse che si verificavano in
centro. «Si era messa in moto una vera e
propria recrudescenza di questi
episodi di violenza» hanno spiegato
ieri gli investigatori, coordinati
dai dirigenti della Digos, Luciano
Iaccarino e Luca Rainone.
Sono stati sufficienti pochi giorni agli
agenti della Digos per capire
che quelle zuffe non erano affatto
episodi isolati ma aggressioni
organizzate. E i partecipanti a questa
banda, a parere dell'accusa,
cercavano anche il più innocente dei
pretesti pur di muovere le mani.
Qualche esempio? «Hanno trovato un
ragazzo con lo skate board che, a
loro parere, non ci sapeva fare.
Così prima l'hanno insultato e poi
l'hanno picchiato» rivelano dalla
Questura.
Per non parlare dei giorni prima di Verona-Napoli del maggio
scorso. Ad
un malcapitato con la maglietta del Lecce che camminava in
piazza Erbe:
«Prima gli hanno chiesto se era un "terrone"» spiegano
gli
investigatori, «e poi l'hanno massacrato». Un altro episodio è
avvenuto
in corte Sgarzarie nel marzo scorso quando ad un giovane è
stata
spaccata una bottiglia in testa. Subito dopo, si è scatenata una
rissa
tra opposte fazioni dei sostenitori dell'Hellas.
Un altro
episodio risale al 27 novembre del 2006 quando due giovani
della
Chimica furono feriti a colpi di spranga a San Michele Extra. In
quello stesso giorno, alcuni degli indagati avrebbero picchiato un
giovane in piazza Erbe. La sua colpa? Era seduto e, a parere degli
indagati, con quell'atteggiamento avrebbe danneggiato Verona che «è
una
città di classe».
Guai anche a mangiare i kebab: un paio di
avventori dei locali di questa
specialità araba sono stati picchiati
solo perché, evidentemente, i
gusti del palato delle malcapitate
vittime non coincidevano con quelli
di alcuni dei 17 indagati.
E, una
volta, ad una testimone che chiedeva perché stavano picchiando
altre
due vittime, la risposta è stata chiara: «Sono due punk, abbiamo
il
diritto di pestarli...».
- Il procuratore Papalia
*«Fenomeno
preoccupante però sono stati maldestri»*
La prima segnalazione risale
al novembre dello scorso anno
«Un fenomeno preoccupante soprattutto
perchè da quanto è emerso questo
gruppo operava una sorta di controllo
del territorio. Maldestro, forse,
visto che siamo riusciti a
individuarli, ma preoccupante perchè diretto
a "punire" chi non era
omologato con il loro modo di pensare. Per questo
l'ho definito
preoccupante». Il procuratore capo Guido Papalia per mesi
ha seguito
il lavoro della Digos, a partire dalla prima segnalazione di
un'aggressione a giovani della sinistra radicale avvenuto in novembre.
«Sì, è stato il primo e credevamo si trattasse di un caso isolato ma
poi
abbiamo visto che c'erano analogie con altri episodi più
preoccupanti,
come quello a volto san Luca per esempio. Le aggressioni
sono poi
continuate, a Bardolino, e pareva strano, ma anche in
occasione dei
festeggiamenti dei 100 anni del Maffei, sempre dirette a
punire giovani
"non omologati"». Mesi di osservazioni e indagini
culminate con il
provvedimento a firma del procuratore che autorizzava
le perquisizioni.
«Sono tutti giovani, speriamo questo sia sufficiente
a far sì che il
fenomeno si blocchi. Abbiamo ipotizzato anche che
avessero dato vita ad
un'associazione organizzata proprio per questo
tipo di comportamenti.
Vedremo». (f.m.)
- L'identikit dei
protagonisti
*Figli di professionisti, ma anche di operai*
Scoperte
cassette che contengono filmati delle azioni violente. Molti
frequentavano la curva dell'Hellas
Dicono gli investigatori:
avevano l'obiettivo di controllare il loro
territorio, il centro di
Verona. È andata male, però, perchè i loro nomi
e le loro «gesta»
erano al vaglio degli investigatori già da tempo. Dal
marzo del 2006,
per la precisione. Quando con pedinamenti, riprese di
telecamere in
centro, appostamenti e raccolta certosina di
testimonianze, hanno
identificato i 17 giovani, tutti simpatizzanti di
destra o aficionados
della curva sud.
Fino a ieri mattina alle 6, quando a svegliarli è
arrivata la
scampanellata degli agenti della Digos. Erano una
cinquantina i
poliziotti, sparpagliati nelle 17 abitazioni degli
indagati. «I giovani?
Non diamo i loro nomi ma appartengono a famiglie
di tutti i tipi»
rivelano ancora gli investigatori. Tra loro, quindi,
figli di noti
professionisti ma anche di operai e impiegati.
Genitori,
dicono ancora in Questura, senza tanti grilli per la testa. Al
contrario dei figli. Alcuni degli indagati avevano in casa un po' di
tutto, dai simboli nazisti, ai coltelli, alle armi, ai pugnali, agli
adesivi del Veneto fronte skinheads e della Fiamma tricolore. Si
conoscevano tra loro, rivelano gli investigatori. Molti frequentano la
curva sud, aggiungono.
Tutti uniti dalla stessa passione, è la tesi
della procura: la violenza
contro chi non è come loro o,
apparentemente, non appartiene alla loro
ideologia. Alcuni indagati
avevano iniziato a collezionare anche video
con filmati che
riproducevano scontri tra tifoserie in Italia o
all'estero. E poi
cassette con tanti pestaggi. «C'è evidentemente un
commercio
clandestino di queste cassette» rivelano gli inquirenti. Ma
alcuni
degli indagati, sostengono ancora in Questura, per soddisfare la
loro
«passione», navigano anche ore e ore su internet pur di scaricare
filmati con aggressioni, bastonate e quant'altro. Ieri gli agenti
della
Digos hanno mostrato alcuni «saggi» di queste immagini in
Questura, a
dir poco, inquietanti.
E così, nel mirino degli indagati
sono finiti uno dopo l'altro chi si
presentava, soprattutto in centro,
con vestiti o modi di fare che non
combaciavano con i loro gusti.
Tanto da costringere il procuratore Guido
Papalia a formulare anche
l'accusa di violazione della legge Mancino, la
normativa che punisce
chi compie o promuove atti di discriminazione
razziale. (gp.ch.)
-
L'intervista
*«Macché gang, mi dedico al volontariato»*
Ribatte così
uno dei diciottenni indagati. E ieri è arrivato in ritardo
all'esame
di maturità
«Non siamo un branco, non siamo una gang, alcuni
indagati non li conosco
neanche. È ingiusta l'accusa di associazione a
delinquere».
Non vuol dire il suo nome, ha 18 anni, ammette solo di
essere uno dei
destinatari dell'ordine di perquisiziome del
procuratore Guido Papalia.
E si dichiara innocente, completamente
estraneo a pestaggi di
chicchessia, avvenuti in centro. «Al massimo,
esco per fare
volontariato, ma non scriva dove, potrei essere
riconosciuto» dice. È
giovanissimo, ha la testa rasata e la giornata
di ieri se la ricorderà
per sempre. Non solo per la perquisizione ma
anche per l'esame orale
alla maturità. Ieri doveva presentarsi in un
liceo della nostra città
per superare l'ultimo scoglio dopo le tre
prove scritte ma è arrivato in
ritardo. «Gli agenti mi hanno
trattenuto a casa durante la
perquisizione» rivela, «e, così, mio
padre si è recato a scuola per
spiegare i motivi del ritardo». Nel
frattempo, i poliziotti della Digos
hanno svolto la perquisizione.
Hanno trovato la sciarpa gialloblu che
gli è stata sequestrata e un
adesivo. «Gli agenti hanno controllato
anche il computer ma non me
l'hanno portato via: avevo anche la tesina
dell'esame» racconta
ancora. Una prova sull'eroe partendo da El Alamein,
la battaglia del
1942 con la Folgore coinvolta per passare poi a
D'Annunzio. Poi, via
la corsa verso scuola e «non è stato facile
spiegare alla commissione
il motivo del ritardo».
Ma più di tutto gli preme dire che «lui con i
pestaggi non c'entra
niente. Ho solo assisitito ad un aggressione e
sono stato chiamato in
Questura come persona informata sui fatti». Più
di tutti, fa male
l'accusa di associazione a delinquere: «Così si
rovina la vita ad un
giovane come me che ha solo 18 anni». E poi lo
stadio per lui non
rappresenta un motivo di svago: «Non ci vado da un
anno e mezzo e non
sono andato neanche quando c'è stata la partita tra
Verona e La Spezia».
Muova la sua testa con tutti i capelli rasati:
«Questo taglio non è una
firma», dice fedele ai suoi ideali, «ma uno
stile di vita. E poi non
tutti gli indagati miei amici hanno i capelli
cortissimi come i miei».