[NuovoLab] ALDOVRANDI a giudizio 4 poliziotti

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Cinzia Gubbini
Rinviati a giudizio per omicidio colposo. Ci sono voluti quasi due anni, ma
per i poliziotti di Ferrara coinvolti nella morte di Federico Aldrovandi
comincia il processo. Ieri il giudice per le indagini preliminari Silvia
Migliori ha deciso che ci sono tutti gli elementi perché Enzo Pontani, Monica
Segat-to, Fabio Forlani e Luca Pollastri vengano processati: la prima udienza è
stata fissata al 19 ottobre. Gli agenti non si sono presentati in aula e si
sono avvalsi della facoltà di non rispondere. La richiesta degli avvocati della
difesa (che non hanno chiesto il rito abbreviato) di non luogo a procedere è
stata respinta.
Per la famiglia di Federico, morto una mattina di settembre del 2005 mentre
tornava a casa dopo una serata passata con gli amici, è il primo spiraglio di
luce. Per tutto questo tempo hanno dovuto sopportare il sospetto che loro
figlio se la fosse cercata quella scazzottata coi poliziotti, e che ad
ucciderlo fosse stato «un malore» dovuto alle droghe che aveva assunto. Prima
versione avanzata - e difesa -dalla questura, ma sostenuta an-che dal
procuratore capo Severino Messina.
Cosa abbia ucciso Federico si potrà ora stabilire in tribunale, in un processo
pubblico e trasparente. Niente di più di quello che ha sempre chièsto la
famiglia di Federico. Ieri in aula c'erano la madre, Patrizia Moretti, il padre
lino e anche il fratello di Federico, Stefano. Fuori, oltre ai giornalisti, non
c'erano i parenti degli imputati, ma diversi poliziotti tra cui il capo della
polizia giudiziaria di Stato presso la procura, fidanzato della poliziotta
imputata.
Emozione forte per la famiglia Aldrovandi: «Questo è il vero inizio», ha detto
Patrizia Moretti. Lino Aldrovandi, solitamente defilato, ha detto chiaro e
tondo davanti alle telecamere: «Per me la scelta dei poliziotti di restare in
silenzio è la condanna più pesante». E' d'altrondestato un muro quello contro
cui hanno dovuto lottare loro e gli amici di Federico. Un clima inquietante,
con una iniziale tran-che delle indagini, prima che alla prima pm subentrasse
l'attuale sostituto Nicola Proto, piena di stranezze: in questi giorni alla
procura di Ferrara è stata aperta una inchiesta «bis» che mira a ricercare le
responsabilità di chi ha condotto le indagini. Sono saltati fuori i brogliacci
delle trascrizioni delle chiamate effettuate quella notte al 113. Erano stati
manomessi, gli orari cambiati e posticipati ad arte. E in una cassaforte sono
stati trovati campioni di sangue di Federico mai consegnati al magistrato. Ma
c'è anche una terza indagine, scaturita da una delle querele piovute sulla
testa dei giornalisti che si sono occupati del caso, e che invece sta
producendo una serie di interrogatori per verificare se quanto denunciato -
testimoni avvicinati da uomini della polizia prima di incontrare il magistrato
- sia effettivamente accaduto. Queste le premesse. Ieri gli avvocati della
difesa hanno sottolineato le incongruenze delle indagini, ma non ne hanno
chieste di nuove esprimendo, almeno, la volontà anche da parte degli imputati
di accertare la verità. Nessuna dichiara-zione all'uscita, ma solo un
comunicato stampa congiunto dei quattro legali: «Non c'erano le condizioni per
giungere a una simile conclusione». Sia le indagini che le perizie, spiegano,
«hanno evidenziato la mancanza di un nesso causale tra l'azione di contenimento
degli agenti e la morte del giovane», mentre le «svariate sostanze» assunte da
Federico hanno avuto «sicura incidenza sul decesso». Federico, sostengono è
morto per una excited delirium syndrome, evento «improvviso, imprevedibile e
inevitabile». «Doverosa, obbligata e legittima» fu invece la condotta dei
quattro agenti, che chiamarono il 118. Per questo, conclude la nota, gli
imputati non sono preoccupati e «attendono con serenità il giudizio». Per gli
avvocati delle parti civili, invece, il rinvio a giudizio è un risultato
atteso. «E' un passaggio molto importante - osserva il legale Alessandro
Gamberini - sia per la famiglia, che ha lottato affinchè Sulla morte di loro
figlio non scendesse il silenzio, che per le attese sociali che si sono create.
Se ci sono responsabilità, verranno accertate».Intanto, i brogliacci scoperti
dalla procura hanno aperto nuovi scenari. Anche il pm Proto ha detto in aula
che ci sono delle «ombre in-quietanti» sulla fase iniziale dell'intervento dei
poliziotti. Convinto sostenitore che le urla di Federico, avvertite quella
notte da diversi abitanti di via Ippodromo - da cui sarebbe scaturito
l'intervento delle volanti - potrebbero invece essere state conseguenza di un
precedente «incontro-scontro» tra Federico e i poliziotti è un altro degli
avvocati della famiglia, Fabio Anselmo. Su questo ha incentrato il suo
intervento in aula. All'uscita, si è tolto qualche sassolino dalla scarpa: «Ci
hanno chiamato sciacalli perché ci opponevamo alle dichiarazioni del questore
Graziano e del procuratore Messina, che assolvevano l'operato della polizia.
Alcuni di noi hanno ancora un procedimento disciplinare aperto all'ordine degli
avvocati». L'ipotesi di un contatto precedente tra Federico e gli agenti andrà
sostanziata. Il dibattimento è tutto da fare, e la partita ancora aperta. Come
sottolineato dagli avvocati della difesa, il nesso di casualità non è stato
ancora chiaramente dimostrato, e quello sarà uno degli elementi centrali del
processo. Ma la cosa più importante per far sì che nuovi testimoni si facciano
avanti: ci sono tante persone che quella notte hanno visto e che ancora non
hanno parlato.

Fonte: “il manifesto” del 21/06/07

hasta siempre
ub




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Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal
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Ugo Beiso