L'associazione "Zaatar" aderisce al documento del forum palestina.
Elisabetta Filippi (zaatar)
Le ipoteche sulla Palestina
Comunicato del Forum Palestina
I drammatici sviluppi della situazione e i violentissimi scontri interni 
allo scenario politico palestinese, devono essere valutati nella loro 
interezza e nelle loro possibili conseguenze.
1.. Le responsabilità di quanto accaduto pesano enormemente sulla cosiddetta 
"comunità internazionale" e in modo particolare sull'Unione Europea 
(compreso il governo italiano), che ha assecondato la politica di 
strangolamento dei Palestinesi voluta da USA e Israele. Aver contribuito con 
l'embargo ad affamare la popolazione e a demolire quel minimo di struttura 
statale nei Territori Palestinesi - assecondando l'assedio di Arafat prima e 
la delegittimazione del governo palestinese poi, sistematicamente perseguiti 
da Israele - ha prodotto quella "africanizzazione" della realtà palestinese 
che ha aperto la strada alla ingovernabilità di Gaza. Il degrado, la 
miseria, l'assedio hanno prodotto l'autonomizzazione di gruppi e clan che 
hanno sostituito le istituzioni nella soluzione dei problemi della vita 
quotidiana di quasi un milione di persone rinchiuse in quella prigione a 
cielo aperto che è Gaza. La cinica ostinazione con cui Unione Europea e 
Stati Uniti hanno impedito al governo palestinese democraticamente eletto di 
fare fronte alle esigenze della popolazione, ha volutamente mirato a questo 
risultato.
2.. L'attuale frammentazione dello scenario politico palestinese spazza via 
definitivamente l'inganno e le ambiguità del processo negoziale di Oslo e il 
conseguente ruolo dell'ANP, attraverso la quale si è cercato di liquidare 
l'OLP come organismo unitario della lotta di liberazione palestinese, 
rappresentativo sia della popolazione dei Territori Occupati che dei milioni 
di Palestinesi della diaspora e del loro diritto al ritorno. In questo 
processo, le responsabilità principali sono di Al Fatah, che è stata la 
maggiore organizzazione e la fondatrice dell'OLP ma che si è prestata a tale 
operazione. Nonostante le pressanti richieste dei suoi militanti migliori, a 
partire dai dirigenti detenuti nelle carceri israeliane, la mancata 
autoriforma interna di Al Fatah, che non ha più convocato il suo congresso, 
non ha orientato i suoi militanti e soprattutto non ha voluto fare piazza 
pulita dei corrotti e dei collaborazionisti filo-israeliani al suo interno, 
hanno portato ad una crisi di credibilità profonda e per molti versi 
irreversibile. Oggi l'unica soluzione possibile sarebbe lo scioglimento 
dell'ANP, la conseguente denuncia degli accordi di Oslo (mai rispettati 
dagli occupanti israeliani) e la convocazione del congresso di Al Fatah che 
spazzi via la sua attuale direzione politica e riconsegni 
quell'organizzazione al suo ruolo storico di movimento di liberazione del 
popolo palestinese, accanto alle altre forze della resistenza.
3.. Nella specifica situazione di Gaza, la decisione di Abu Mazen e di Al 
Fatah di forzare la mano, affidando nuovamente nei mesi scorsi la sicurezza 
della Striscia ad un personaggio inviso come Mohammed Dahalan, è stata una 
scelta sciagurata che ha privilegiato l'idea di sostituire una credibilità 
perduta con manipoli di uomini armati e finanziati da U.S.A., Egitto e 
Israele. Questa decisione ha legittimato e scatenato la reazione delle 
correnti più estreme di Hamas, che hanno avuto gioco facile nella 
contrapposizione politica, morale e militare con Al Fatah a Gaza, dove il 
suo volto era rappresentato da personaggi come Dahlan, il cui ruolo di 
collaborazionista, torturatore e corrotto speculatore non era e non è 
sconosciuto a nessuno.
4.. Oggi si affaccia concretamente il rischio che i Territori Palestinesi si 
trasformino in bantustans separati tra loro. Esiste cioè il pericolo che il 
progetto coloniale israeliano si realizzi pienamente con la divisione dei 
Palestinesi tra Gaza, due enclavi in Cisgiordania e un ghetto sempre più 
ridotto a Gerusalemme Est. Questa prospettiva viene oggi invocata da tutti i 
circoli sionisti più aggressivi e non trova proposte alternative da parte 
della cosiddetta comunità internazionale, che anzi sembra pronta a 
collaborare per la realizzazione di questo scenario, con il dispiegamento di 
una forza militare multinazionale a Gaza, irresponsabilmente evocato tempo 
fa dal ministro D'Alema ed oggi rilanciato dal premier israeliano Olmert e 
da Javier Solana per l'Unione Europea (con accezioni diverse tra loro). 
Questa forza non avrebbe altro compito che quello di gendarmeria 
antipalestinese ed è stata giustamente respinta sia da Mustafà Barghouti sia 
da Hamas come forza occupante da trattare di conseguenza.
5.. E' bene che questa situazione venga tenuta presente dai tanti, troppi 
che nel nostro Paese hanno subito la fascinazione dell'intervento in Libano 
e potrebbero ripetere lo stesso errore sostenendo quello a Gaza. A costoro 
chiediamo quale pensano possa essere la reazione di una popolazione che 
subisce da oltre un anno l'affamamento provocato dall'embargo cui è stata 
sottoposta per non aver votato come volevano a Washington e Tel Aviv: come 
si pensa verrebbero accolti dai Palestinesi i soldati dei governi, come 
quello italiano, che hanno contribuito alla disperazione ed alla miseria di 
Gaza e dell'intera Palestina?
6.. Infine, la situazione sul campo, se da un lato ipoteca fortemente le 
prospettive di decenni di lotta di liberazione dei palestinesi, dall'altro 
sposta in avanti le soluzioni possibili, mettendo fine all'ipocrisia dei 
"due Stati per due popoli" e ponendo nuovamente alla discussione la 
prospettiva di "un solo Stato, laico, democratico e multietnico", fondato 
sul concetto di cittadinanza piuttosto che su quello di sangue e religione, 
uno Stato modernamente inteso che ponga fine, almeno in quell'area, 
all'orrore storico degli stati confessionali ed etnicamente puri.
Il Forum Palestina in questi anni si è assunto la responsabilità di tenere 
la questione palestinese dentro l'agenda politica dei movimenti e nel nostro 
Paese, di impedire con ogni mezzo la liquidazione della  "seccatura 
palestinese" nel dibattito e nell'azione politica della sinistra italiana. 
Riteniamo che oggi questo compito non sia affatto esaurito, semmai è più 
drammatico ed urgente. Per questo invitiamo tutte le realtà che in questi 
anni hanno animato la rete nazionale attivatasi intorno al Forum Palestina 
ad incentivare le occasioni di confronto e di iniziativa. Anche se il vuoto 
lasciato dalla scomparsa di Stefano Chiarini non sarà facile da riempire, 
riteniamo di dovere e potere mantenere gli impegni e il lavoro intrapreso in 
questi anni, con il contributo di tutti gli amici del popolo palestinese, 
della pace e della giustizia.
Il Forum Palestina
www.forumpalestina.org
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