Repubblica Genova
Marco Poggi, infermiere, torna a quei giorni dentro la caserma di Bolzaneto.
E dopo le parole di Fournier dice: "Ho provato gioia"
"Io, infame per aver detto la verità"
Raccontò per primo le violenze, fu "invitato" ad andarsene
Ora non è più il solo testimone ufficiale di quei momenti: "Le dichiarazioni
del vicequestore squarciano quel muro di omertà"
MARCO PREVE
«Io ho aspettato venti giorni a parlare e ho ancora adesso il rimorso di
aver atteso troppo tempo. Non so come si sia sentito quel poliziotto a
tenersi dentro la verità per sei anni». Se ha fatto scalpore, e da qualcuno
è stata quasi accolta come attestato di coraggio, la tardiva confessione del
vicequestore Michelangelo Fournier («la notte della Diaz vidi degli agenti
picchiare persone inermi, fu una macelleria messicana» ha detto la settimana
scorsa davanti ai giudici del tribunale di Genova dove è imputato assieme ad
altri 28 colleghi), quando venti giorni dopo la fine del G8, Marco Poggi
raccontò di aver visto picchiare, umiliare e torturare i giovani detenuti di
Bolzaneto, fu bollato come infame.
Lui, che non è mai stato tra gli indagati, era uno degli infermieri del
dipartimento penitenziario in servizio nel carcere speciale del G8. Dopo le
sue denunce - contro poliziotti, infermieri e medici - non lavora più nelle
carceri ma presta servizio in case di cura di Bologna, la sua città. «Mi
hanno fatto capire che era meglio se me ne andavo» racconta.
Gli abbiamo chiesto come si sente a non essere più il solo testimone
ufficiale delle violenze del 2001. «Ho provato gioia - risponde - ma non
perché questo rafforzi le mie dichiarazioni, quanto perché è un altro
importante squarcio in quel muro di omertà».
Dopo le ammissioni di Fournier, alcuni capisquadra della celere potrebbero
chiedere (come anticipato ieri da Repubblica) di essere ascoltati al
processo Diaz, e chissà che non vi sia un qualche effetto simile anche per
il processo per gli abusi di Bolzaneto.
«Non lo so come andrà, dice Poggi - fino ad ora su Bolzaneto ci sono state
mezze verità E io posso anche capire, ma non giustificare i poliziotti, ma i
medici e gli infermieri che hanno scelto una missione, quella di lenire le
sofferenze delle persone, come hanno potuto partecipare o tacere quando
vedevano quegli abusi?»
Poggi ricorda di aver «scritto all´allora vicepremier Fini che a proposito
delle torture in Iraq diceva che gli americani avrebbero punito i colpevoli.
Io gli chiesi cosa aspettavamo noi a fare lo stesso con chi si era macchiato
delle violenze del G8. Non mi ha mai risposto».
La deposizione di Fournier ha riacceso le speranze per una commissione
parlamentare d´inchiesta sul G8. «Io non ci credo più - è il parere di Poggi
che sulla sua esperienza ha scritto anche un libro "Io, l´infame di
Bolzaneto") - il centro sinistra non la farà mai, anche perché i vertici
della polizia hanno legami troppo stretti con parlamentari di peso. La
commissione non si farà mai finché ad esempio ci sarà in parlamento Luciano
Violante».
Marco Poggi anche, dopo sei anni, continua ad essere invitato a convegni e
dibattiti sulla sua esperienza. «Qualche giorno fa sono venuti dei
giornalisti di una televisione tedesca ad intervistarmi. All´estero, Diaz e
Bolzaneto sono vicende che hanno fornito un´immagine tremenda del nostro
paese. Un paese che non è in grado di fare giustizia, di trovare la verità,
perché la vendetta noi non la vogliamo, la lasciamo ai fascisti».
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Carlo
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