[NuovoLab] per combattere il lavoro nero si fanno "schiavi p…

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Autor: Edoardo Magnone
Data:  
A: forumgenova
Assumpte: [NuovoLab] per combattere il lavoro nero si fanno "schiavi per legge"!


Reggio Emila - Schiavi per legge

La dichiarazione della Direzione Provinciale del Lavoro

La Direzione Provinciale del Lavoro afferma che i clandestini non possono
avvalersi della normativa che consente, come per tutti i lavoratori impiegati
irregolarmente, di recuperare il salario per il lavoro svolto.

E’ successo ieri a Reggio Emilia durante un tentativo di conciliazione da parte
di quattro lavoratori di origine egiziana impiegati per alcuni mesi come
muratori e piastrellisti nella costruzione di un albergo al Ventasso (appennino
reggiano). I quattro hanno reclamato più volte i soldi che gli spettavano, in
tutto circa 30mila euro, ma in cambio hanno ricevuto minacce dal proprietario
della ditta.

Questi lavoratori, presentando la richiesta di convocazione fra le parti, hanno
seguito l’iter che gli impone la legge per poter poi intraprendere una causa
nel caso in cui la conciliazione non vada a buon fine.

Il direttore della Direzione Provinciale del lavoro, Giulio Bertoni, dichiara,
davanti ad un giornalista di Telereggio: "soltanto un lavoratore aveva i
requisiti per poter risiedere in Italia, gli altri tre hanno posto un’istanza
ma non avevano i requisiti per porre un’istanza. I "clandestini" non possono
attivare il tentativo di conciliazione previsto dall’art n. 410 del Codice di
Procedura Civile presso la nostra direzione né tanto meno, in egual misura, il
tentativo di conciliazione con l’art n. 411 presso un’organizzazione
sindacale".

In realtà non si trova scritto da nessuna parte quanto dichiarato dal Direttore
della Dpl di Reggio Emilia. Si può inoltre aggiungere che nell’ordinamento
italiano esistono delle norme che possono essere applicate anche ai
clandestini. Queste risalgono al Codice Civile del 1942, in particolare, gli
artt n. 2126 e n. 2116, costituiscono la base giuridica per garantire al
lavoratore, anche se clandestino, come a tutti i lavoratori impiegati
irregolarmente sul territorio italiano, il diritto di recuperare le differenze
fra quanto avuto dal datore di lavoro e quanto sarebbe dovuto in applicazione
dei Contratti Collettivi Nazionali. E’ quindi prevista nel nostro ordinamento
la possibilità, anche per i clandestini, di avviare vertenze per il recupero
del salario dovuto.

Davanti alla domanda del giornalista di Telereggio: "cosa può fare allora un
clandestino per poter ottenere ciò che gli è dovuto per un lavoro svolto?" il
Direttore della Dpl risponde: "alcune organizzazioni sindacali o alcune
organizzazioni riconosciute di sostegno agli immigrati possono ricorrere alla
questura per poter ottenere il riconoscimento e la tutela di questi lavoratori
che avranno un permesso straordinario temporaneo e in questi sei mesi di durata
del permesso troveranno un altro lavoro".

Sicuramente il Direttore Bertoni si riferisce art. 18 del T.U.
sull’immigrazione. Ma come sappiamo, e purtroppo molti casi lo hanno
dimostrato, questo non è così scontato nè tantomeno di facile applicazione.
L’art. 18 prevede, quale presupposto per autorizzare la concessione di permesso
di soggiorno per motivi di protezione sociale, che vi sia, non solo situazione
di grave sfruttamento, ma che siano accertate situazioni di violenza e che
questa violenza sia prospettata e minacciata da parte di organizzazioni
criminali o dedite a commettere vari delitti connessi allo sfruttamento degli
immigrati. Questo rende molto difficile, anche in caso di sfruttamento, il
rilascio di tale permesso di soggiorno.

Nel caso specifico, comunque, si è intrapresa anche la richiesta
dell’appilicazione dell’art. 18, ma sussiste anche un problema di tipo
economico, visto il compenso che i lavoratori impiegati irregolarmente devono
ancora ricevere. Per questo motivo si è avviata l’istanza di conciliazione
prevista dalla legge presso l’Ufficio del lavoro.

La decisione di archiviare il verbale per mancanza dei presupposti (codice
fiscale e permesso di soggiorno) avviene in una città dove il 75% dei 60
cantieri ispezionati non è in regola - dati diffusi dal dipartimento di Sanità
pubblica della Ausl - e dove il numero di lavoratori in nero è triplicato
rispetto allo scorso anno (456 nei primi tre mesi dell’anno contro i 145 di 12
mesi fa) - dati forniti dalla stessa Dpl.

Lo scorso mese di marzo, la Provincia, l’Associazione dei Comuni e la Direzione
Provinciale del lavoro di Reggio avevano annunciato un giro di vite contro
tutte le forme di lavoro nero e irregolare. L’alleanza si è posta l’obbiettivo
di sancire una svolta nella lotta a chi sfrutta e mette in pericolo la salute,
la sicurezza e i diritti dei lavoratori. Con il patto stretto si sarebbe dovuta
inaugurare a Reggio Emilia una pagina nuova nella lotta al lavoro nero.

La dichiarazione del Direttore della Dpl dimostra però purtroppo ancora una
volta che si lanciano campagne e si firmano accordi contro il lavoro nero senza
però tenere in considerazione la tutela del lavoratore, unico modo possibile
perchè questa piaga non continui a produrre sempre le stesse conseguenze.

http://www.meltingpot.org/articolo10658.html