[NuovoLab] genova ancora poliziotti in manette

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Aihe: [NuovoLab] genova ancora poliziotti in manette
da il corriere mercantile di genova mercoledi 6 giugno 2007

Poliziotto in manette

Stuprava le donne nelle guardine

Arrestato ieri in questura: è accusato da tre fermate che doveva sorvegliare

L¹assistente capo era già coinvolto sulle violenze denunciate nella caserma
di Bolzaneto durante il G8

In un attimo la sua posizione si è capovolta. Sorvegliava le camere di
sicurezza della questura, è finito in cella. L¹accusa è pesantissima:
violenza sessuale. Tre casi accertati, altri (pare) ancora da chiarire. E¹
quel che rende ancor più torbida ed imbarazzante la vicenda è che tutti gli
episodi contestati sarebbero avvenuti durante il turno notturno di servizio,
e quindi all¹interno delle guardine di via Diaz. A subire le violenze, tra
la primavera e l¹estate di due anni fa, erano state tre giovani romene:
lucciole fermate sui marciapiedi, clandestine, temporaneamente trasferite
nelle camere di sicurezza in attesa di accertamenti.
L¹ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip (su richiesta del
sostituto procuratore Pier Carlo Di Gennaro) è stata notificata nel tardo
pomeriggio di ieri direttamente in questura all¹assistente capo M. P., 46
anni, quasi venticinque anni di servizio alle spalle trascorsi per buona
parte alla guida delle Volanti del ³113². Poliziotto, si dice, dalla doppia
faccia. Efficiente e preparato. E pure impegnato nel sociale: da anni come
volontario guida le ambulanze e le automediche del ³118² per conto di alcune
pubbliche assistenze cittadine. Ma non nuovo ad episodi discussi. In
servizio nel centro di detenzione allestito nella caserma di Bolzaneto in
occasione del G8, nel luglio 2001 M. P. avrebbe usato violenza contro un
manifestante fermato. Il no global raccontò che un poliziotto gli divaricò
le dita della mano fino a spezzaglierla. Per quella vicenda l¹assistente
capo è ancora sotto processo.
In serata M. P. è stato trasferito nel carcere di Marassi dove nei prossimi
giorni sarà sottoposto all¹interrogatorio di convalida davanti al gip.
L¹inchiesta nei suoi confronti era scattata all¹inizio del 2006. All¹epoca
una ragazza romena di 22 anni si era presentata in questura raccontando agli
investigatori della Squadra Mobile di essere stata violentata da un
poliziotto alcuni mesi prima (l¹episodio risale al maggio 2005) all¹interno
delle camere di sicurezza di via Diaz dove era stata condotta in seguito ad
un pattuglione anti-prostituzione scattato nella zona di Sampierdarena. La
testimonianza della giovane straniera era risultata dettagliata quanto
piuttosto attendibile. Oltre alla descrizione dell¹agente, la romena aveva
fornito una serie di particolari molto precisi successivamente verificati
dagli investigatori della Mobile nel corso di vari sopralluoghi compiuti
all¹interno delle guardine (le prime indiscrezioni sulla denuncia presentata
dalla giovane era trapelate sul nostro giornale nell¹edizione del 17 marzo
2006).
Successivamente altre due ragazze, pure loro romene, avevano raccontato di
essere finite sotto le attenzioni perverse di un poliziotto durante la loro
permanenza notturna all¹interno delle camere di sicurezza di via Diaz. Gli
episodi in questione si riferiscono all¹agosto 2005. In un caso la ragazza
era stata stuprata, nel secondo la giovane lucciola era riuscita ad
allontanare il mostro in divisa mettendosi ad urlare. Pure le loro
testimonianze erano risultate credibili. La descrizione del poliziotto
coincideva con quella formulata dalla prima ragazza violentata in guardina.
Ulteriori riscontri erano giunti dagli accertamenti condotti sui turni di
servizio alle camere di sicurezza: quelle notti in servizio c¹era sempre M.
P..
E i colleghi? Le indagini condotte dalla Squadra Mobile e dalla Sezione
interforze della polizia giudiziaria del Tribunale hanno stabilito che le
violenze si erano consumate senza che i colleghi di turno alle Volanti, al
Pronto intervento e all¹ingresso carraio potessero venirne a conoscenza.
Negli ultimi mesi sono stati una decina i sottufficiali e gli agenti sentiti
dai colleghi per ricostruire turni, circostanze, sospetti. E¹ emerso che
nelle notti delle violenze alle camere di sicurezza era in servizio un solo
³operatore², appunto M. P.. La dislocazione delle guardine rispetto agli
uffici al piano superiore delle Volanti isola di fatto quei locali dagli
ambiti frequentati dagli agenti di pattuglia, o in servizio al Pronto
intervento dove, ventiquattro ore su ventiquattro, vengono raccolte le
denunce.
?Andrea Ferro


Il paradosso

Sapevano tutti che era indagato da oltre un anno
Ma nessuno l¹ha trasferito ad altro incarico

Quattro mesi dopo gli arresti choc di due sottufficiali della Sezione
Narcotici della Squadra Mobile coinvolti in una inquietante storia di droga,
un nuova bufera si abbatte sulla polizia genovese. C¹è un passaggio, in
particolare, che dopo l¹arresto di ieri desta perplessità ed imbarazzi. Che
l¹assistente capo M. P. fosse sottoposto ad indagini per presunte violenze
sessuali compiute all¹interno delle guardine della questura era un fatto
noto. Addirittura già nel marzo dello scorso anno attraverso il nostro
giornale erano trapelate le prime indiscrezioni sulla denuncia presentata da
una ragazza romena. Ma in tutto questo tempo l¹assistente capo è rimasto al
suo posto. In due anni nessun trasferimento d¹ufficio ³cautelativo² è mai
stato disposto nei suoi confronti. E infatti nel tardo pomeriggio di ieri M.
P. è stato arrestato sul ³posto di lavoro²: cioé nelle camere di sicurezza
della questura dove alle 19 aveva preso regolarmente servizio per il turno
serale. Al di là del fatto che ogni accusa deve essere provata e che solo
dopo un processo si potranno stabilire le responsabilità del poliziotto, la
decisione di non ³movimentare² l¹assistente capo per evitare un¹ipotetica
reiterazione del reato ha suscitato qualche perplessità anche in ambienti
vicini alla Procura. C¹è infatti un parallelismo che suona stonato. A
febbraio in seguito agli arresti dei due ispettori della Narcotici della
Squadra Mobile (l¹inchiesta è tuttora in corso, ndr), l¹intera sezione fu
azzerata con un provvedimento senza precedenti: venticinque poliziotti (la
maggior parte dei quali del tutto estranei alle indagini condotte dalla
Guardia di finanza) erano stati trasferiti o aggregati ad altri uffici. Un
provvedimento drastico che aveva fatto discutere parecchio in ambienti
sindacali avvelenando un¹atmosfera già pesante tra voci impazzite e sospetti
incalzanti.
a. f.

dal corriere mercantile di genova di giovedi 7 giugno 2007

Le indagini sui presunti stupri in questura

«Sono innocente, lo dimostrerò»

Lo sfogo del poliziotto subito dopo l¹arresto. Ai ³domiciliari² in caserma

Davanti al gip oggi (forse) proverà a ribaltare la verità di chi l¹accusa.
Ai colleghi che martedì sera lo arrestavano ha ripetuto di non aver neppure
sfiorato quelle ragazze. «Lo dimostrerò...», ha sussurrato prima di essere
condotto agli arresti domiciliari come prescriveva l¹ordinanza di custodia
cautelare richiesta dal pm Vittorio Ranieri Miniati. In realtà è tornato in
caserma, visto che lì risulta formalmente domiciliato l¹assistente capo M.
P., 46 anni, accusato di aver stuprato due lucciole romene e di aver
palpeggiato una terza tra il maggio e l¹agosto 2005 mentre prestava servizio
alle camere di sicurezza della questura (il poliziotto è assistito
dall¹avvocato Nicola Scodnik). Storia bruttissima e ingarbugliata, un¹altra
pagina oscura per la polizia genovese segnata da una litania di inchieste
imbarazzanti.
L¹assistente capo (già sotto processo per le violenze compiute nella caserma
di Bolzaneto durante il G8, domani è in programma un¹udienza sul suo caso)
sapeva che avrebbero potuto arrestarlo. Se la sentiva. D¹altronde la voce
circolava con insistenza in questura da più di un anno senza che nel
frattempo nei suoi confronti venisse disposto alcun trasferimento
cautelativo. Le prime indiscrezioni pubblicate dal nostro giornale risalgono
addirittura al marzo 2006. Spifferi che diventano raffiche e svelano
un¹indagine che, al di là della misura cautelare scattata l¹altra sera,
potrebbe riservare nuovi sviluppi. Il coinvolgimento di altri poliziotti
viene categoricamente escluso.
Nel frattempo si definisce l¹impalcatura che regge l¹accusa. Le violenze
contestate al poliziotto si sarebbero consumate in due episodi. Il primo
risale al maggio del 2005 quando, una notte, due ragazze romene ventenni
trasferite nelle camere di sicurezza della questura in seguito ad un
pattuglione lungo le strade di Sampierdarena, erano finite sotto le
attenzioni dell¹assistente capo. Una ha raccontato di essere stata
violentata in un locale attiguo alle guardine, l¹altra di essere stata
palpeggiata e di aver sventato lo stupro riuscendo a divincolarsi. Il terzo
episodio risale all¹agosto successivo. Vittima un¹altra romena, anche lei
ventenne, violentata nell¹area delle guardine situate al piano terra della
questura. Lì per lì nessuna delle tre aveva denunciato il poliziotto.
Solo più tardi, era il gennaio 2006, una di loro si era confidata con un
ispettore che l¹aveva arrestata per aver violato la legge sugli stranieri.
La sua denuncia, relativa all¹episodio del maggio 2005, era stata quindi
raccolta dalla Squadra Mobile. La descrizione del poliziotto era risultata
piuttosto precisa e gli ulteriori accertamenti sui turni di servizio avevano
condotto inequivocabilmente a M. P.. Ma lì per lì le indagini sembravano
destinate ad arenarsi.
Nelle settimane successive era stata identificata l¹altra lucciola. Anche la
sua ricostruzione di quella notte di maggio in questura era risultata
attendibile e circostanziata. Nel frattempo l¹indagine, inizialmente avviata
dal pm Pier Carlo Di Gennaro, era passata ad un altro magistrato, il
sostituto procuratore Vittorio Ranieri Miniati che si era avvalso della
collaborazione degli agenti del Nucleo di polizia giudiziaria presso il
tribunale.
Alla terza giovane romena violentata gli investigatori erano risaliti
nell¹ambito di un altro procedimento su un giro di prostituzione. Per quella
vicenda la ragazza era stata convocata in tribunale come testimone. Durante
una pausa dell¹interrogatorio la giovane aveva raccontato ai poliziotti di
quella notte d¹agosto trascorsa nelle guardine del palazzone di via Diaz.
Sulla base della testimonianza delle tre ragazze gli investigatori avevano
avviato una serie di sopralluoghi alla ricerca di riscontri. Ed erano
arrivate una serie di conferme. Dal posto (un cassetto) in cui il poliziotto
conservava i preservativi (altri sono stati trovati nel suo armadietto),
alla stanza in cui si sarebbero consumate le violenze, un locale attiguo
alle camere di sicurezza e isolato dal resto degli uffici. Gli investigatori
della pg hanno sentito poi una decina di colleghi in servizio nello stesso
turno di M. P.. Uno in particolare, abitualmente in servizio con
l¹assistente capo alla sorveglianza delle guardine e suo sottoposto, ha
detto di essere stato ³allontanato² più volte dal collega con vari pretesti.
Andrea Ferro

Le reazioni

Rabbia e sconcerto tra i colleghi

In questura la nuova buriana impallidisce i volti e fa schiumare rabbia.
«Perché alla fin fine queste storie fanno male a tutti quelli che portano la
nostra divisa», taglia il corto il sindacalista questa volta dietro
l¹anonimato. Dopo l¹arresto choc dei due sottufficiali della Mobile per una
inquietante storia di droga dai risvolti ancora incerti e densi di pesanti
incognite, le violenze alle guardine gettano nuova luce mediatica sulla
questura.
Imbarazzo ai vertici, sconcerto alla base. E la preoccupazione «che non si
faccia di ogni erba un fascio», dice uno che alle Volanti ci sta da
vent¹anni. Non è la difesa corporativa di un¹immagine ma la necessità di
ribadire «che ci sono poliziotti onesti, sani, chiaramente siamo la
maggioranza». Semmai il problema che non sempre la parte buona prevale su
quella disonesta. «Recentemente ci sono stati trasferimenti, anche di
funzionari, sconcertanti...», sbotta l¹ispettore di una squadra
investigativa. Il compito che spetta al questore Salvatore Presenti è di
rimettere in sesto una questura traballante, rimediare ad errori che
affondano le radici anche in precedenti gestioni. Le inchieste sui buchi
neri si sommano in modo impressionante: i rapporti con un faccendiere
siriano da parte di un gruppo di poliziotti, le armi da guerra detenute
illegalmente al reparto mobile di Bolzaneto, i narcotrafficanti in divisa. E
ora gli stupri.