Lo zolfo di Mirafiori
By: Carla Casalini - Inviata il 20/5/2007 - Ore: 13:54
da "Il Manifesto" del 19/5/07
Mirafiori, i cortei interni che ieri hanno ripercorso il fabbricone della
Fiat nello sciopero contro la manomissione delle pensioni non traggano in
inganno. Non portano materia per nostalgici di passate stagioni di lotta ma
un ben più pesante carico simbolico gettato fra le gambe del presente. E una
grande responsabilità. Là dove c'è ancora una possibilità di presa di parola
visibile, quasi una felice congiunzione di unità di luogo, tempo, azione da
rappresentazione classica, gli operai di Mirafiori dicono infatti di una
insofferenza ben più generale. Dietro di loro traspare l'umor sulfureo che
condividono col vasto mondo fratturato di prestatori d'opera, contorsionisti
del lavoro precario, dispersi nei territori e a quanto pare più
indecifrabili per la «politica». In verità , l'affare pensioni parla a
tutti. In questione non è solo la sorte di donne e uomini d'età - cui è
doveroso riconoscere civile dignità nella vita tarda, con reddito connesso,
nelle attuali società di capitalismo onnivoro che succhia direttamente
creatività sociale, non solo nei luoghi canonici della produzione. E loro
creatività hanno diffuso e diffondono, in primis le donne. In questione è un
imbroglio sul futuro, per giovani e meno giovani. E' questo governo che lo
perpetra, proprio nel dirsi sollecito sul domani dei prossimi cinquant'anni
della «popolazione»: tanto sollecito da decidere che da oggi tutti dovranno
stare peggio. Questo è l'aumento dell'«età pensionabile», così come la
«revisione dei coefficienti» - ossia abbassare subito le pensioni per donne
e uomini dalle «carriere lavorative» discontinue, ossia milioni di di
lavoratori. L'imbroglio del futuro sulle «pensioni» rivela perciò il suo
proprio carattere di «affare» sul presente: succhiare soldi da operai e
prestatori d'opera per riversarli a favore delle imprese e del mercato
finanziario. Ovvio, perciò, il sostegno a Prodi e Padoa Schioppa dei leader
imprenditoriali, Montezemolo in testa. Peccato che i dati confermino che non
esistono realmente pensioni «anticipate» in Italia, che ad abbassarne la
media sono esattamente le imprese che continuamente buttano fuori lavoratori
non più che cinquantenni - cieche rispetto al know how , al sapere di cui si
privano. L'accordo per la mobilità lunga - prepensionamenti - preteso dalla
Fiat ne è fulgido esempio: taccia dunque lo sconveniente grido padronale. Né
vale, da parte della rissosa maggioranza politica, invocare le richieste di
«riforma delle pensioni» che verrebbero all'Italia dall'Unione europea.
Sappiamo che l'iniziativa parte sempre dai governi nazionali, che a
Bruxelles è chiesta una risposta di «sostegno». La conclusione, oggi, vista
anche la performance del governo rispetto al pubblico impiego - il disdire
accordi già presi - è una sola. Se il traballante Prodi deve cadere, meglio
che cada sul lavoro, sulle pensioni.
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