Autore: ajorn acharya Data: To: cm-milano@inventati.org Oggetto: [Cm-milano] liberazione, sulla ciemmona di roma
boom di notizie sulla ciemmona, per ora ho recuperato questo lo giro
senza leggerlo
Da oggi un fiume di biciclette da tutta Italia attraverserà Roma, sono i
ciclisti che chiedono attenzione e interventi per chi non inquina
E' l'ora della "Critical Mass Interplanetaria"
per tre giorni le due ruote ecologiche sfrattano le auto
Martino Mazzonis
Giacomo ha aperto la sua officina per biciclette da un anno o poco più
sulla parte pedonale di via del Pigneto, un quartiere di Roma dove la
bicicletta è di casa. Ne girano tante perché da queste parti, negli
anni, sono venuti a vivere giovani alternativi e perché il centro
sociale Ex Snia ha ospitato la Ciclofficina Don Chisciotte e si è
battuto per ottenere percorsi pedonali in zona. Nella piccola bottega
c'è via vai.«Manca un giorno, credo che saremo tanti, nonstante le
previsioni del tempo». A Roma c'è la Ciemmona vuol dire grande Ciemme,
abbreviazione di Critical mass e da oggi a domenica nella capitale c'è
quella "interplanetaria". Per tre giorni i pedalatori critici di tutta
Italia e non solo sciameranno con le loro due ruote sulla capitale, ne
diventeranno il traffico.
Ogni anno c'è qualcuno in più dell'anno prima. Basta guardarsi in giro:
chi per portare a spasso i figli la domenica, chi per andare a lavorare,
mollette sui pantaloni ogni mattina, anche nelle grandi città la
quantità di ciclisti cresce in maniera esponenziale. Sarà l'effetto
serra che attenua gli inverni e consente di girare senza accumulare
troppa sinusite, sarà la paura del riscaldamento globale, sarà il prezzo
della benzina o la voglia di buttare giù la pancia senza arrancare in un
fitness club, ma i ciclisti aumentano e con loro cresce la Critical mass
- che ha qualche argomento in più che non la ciccia per spingere a usare
le due ruote.
Ma che cos'è Critical mass? Semplice: un evento che si tiene in 400
città del mondo, dalla giapponese Kobe, a Melbourne in Australia, da
Mumbai a San Francisco, dove tutto è nato nel 1992. Ci si raduna e si
pedala per porre l'attenzione sul diritto a una città migliore, non
fatta per inscatolarsi nelle auto. Si pedala senza preavviso, ci si fa
traffico rallentando quello automobilistico con la speranza di accendere
qualche lampadina nella testa di chi sta ad aspettare. Del resto, se le
bici fossero davvero tante, il problema della convivenza tra due e
quattro ruote nel traffico cittadino si porrebbe anche se le Ciemme non
esistessero. La Critical mass prova a ricordarlo, una volta al mese con
gli appuntamenti locali e poi tre giorni all'anno in questa Ciemme
interplanetaria. Partecipare è anche un modo di scoprire la propria
città senza il rumore e la puzza delle auto in un giorno che non sia
ferragosto: si viaggia circondati dalle altre bici, con qualcuno che si
ferma agli incroci, e ci si gode la città. Chi la organizza? Nessuno, o
meglio, tanti, ma, come recita il manifesto, la Critical mass «è
un'idea, un evento, un'attitudine... non ha leader, non ha
un'organizzazione... semplicemente Critical Mass è fatta da chi
partecipa alla pedalata, non c'è un volantino da dare, ma ognuno/a cerca
di produrre il proprio da distribuire lungo il percorso, improvvisato e
mai prestabilito». Sì, ma chi c'è? Dal militante al grafico che manda la
bozza di manifesto della Ciemmona, dal ciclista fissato al pendolare su
due ruote entrato in contatto con una delle ciclofficine - luoghi di
promozione della bici dove andare ad aggiustare la propria, imparare a
farlo, scambiarsi idee - sparse per l'Italia e l'Europa.
A proposito di Ciclofficine, in questi giorni alla Ex Snia si è tenuto
il Roma bike forum. Sono venuti da Francia, Spagna, Gran Bretagna,
Belgio. Già, come la Ciemme anche le ciclofficine crescono. Sono venuti
a Roma per scambiarsi idee, pratiche, spiegarsi come lavorano, cosa
funziona e cosa no. E a proposito di officine, Giacomo ci racconta
ancora di quella centrale, che aveva la sua sede nella sgomberata Angelo
Mai (laboratorio culturale e non solo occupato in centro città): «Dopo
lo sgombero il Comune ha dimostrato grande interesse per la Ciclofficina
centrale, prima ci hanno promesso una sede, poi una seconda, la terza in
via Baccina l'abbiamo anche ristrutturata a nostre spese. L'interesse si
ottiene solo a ridosso degli sgomberi, quando c'è attenzione. Oggi
stesso ho tentato di capire, facendo il giro degli uffici, come andrà a
finire, ma non sembra che a nessuno interessi». Già, e questo anche
domande classiche sul rapporto tra i movimenti di ogni ordine e grado e
la relazione tra questi e le istituzioni. Bisogna lavorare con i Comuni
per ottenere cose, oppure fare il proprio lavoro come non esistessero,
sensibilizzare e lavorare dal basso?
Eppure la questione del traffico dovrebbe essere primaria e, visto che
in Italia, non sono in molti a promuovere un modo diverso di spostarsi,
una cultura del rapporto con la città che vada oltre il pendolarismo e
la gita da Ikea la domenica, sarebbe utile dare spazio a esperienze come
queste.
«Anche a Milano l'utilizzo della bici è in crescita esponenziale. Lo si
percepisce e anche le associazioni più istituzionali che raccolgono
statistiche lo dicono. Anche a Milano l'amministrazione non se ne
interessa - ci racconta Marcello di una Ciclofficina del capoluogo
lombardo - Paradossalmente è il mezzo più veloce ed economico. Se devi
spendere 10 euro per stare nel traffico è meglio pedalare». Eppure, a
Milano come a Roma le due ruote non sono una priorità. Meglio costruire
i box auto sotto terra che piste ciclabili. Si spende di più. «A Milano
sono state ristrutturate tutte le stazioni, ma non ci sono parcheggi di
nessun tipo». Non come a San Donato: «E' l'Amsterdam del nord - ride
Marcello - Il comune ci ha lavorato, ci sono le ciclabili, parcheggi,
bici pubbliche e la velostazione a ridosso del metrò e delle altre
stazioni di trasporto pubblico». Una cosa semplice e intelligente.
Persino nella smisurata Londra il sindaco Ken Livingstone (che prende la
metro per andare a lavorare) si è messo a costruire piste e parcheggi di
scambio custoditi. Secondo l'indice di ecosistema urbano europeo di
Legambiente l'Italia è indietro. Stoccolma e Copenaghen hanno molte
piste e parcheggi, Vienna ha 62 metri di pista ogni 100 abitanti,
Berlino 19. Da noi non va così: 6 città hanno più di 20 metri per
abitanti e 16 ne hanno 10. Roma, Milano, Napoli sono sotto i due metri -
e a Roma si tratta soprattutto di piste "della domenica". Come se la
bici fosse un lusso e non una possibilità. Come se i ciclisti che
aumentano fossero un fastidio. Come se i sindaci d'Italia non avessero
letto i giornali e non avessero scoperto che il mondo ha un problema con
le fonti energetiche.