Maledire l'in/civilità delle aziende, svelare le ipocrisie dei
governanti, alimentare la cospirazione precaria " Slogan riportato
su un manifesto del primo maggio Milanese.
Il primo maggio stesso la Cgil si accorge dell'inserto mayday,
pubblicato da "il manifesto" che anticipa alcune parti dell'irriverente
ed incazzato free press dei precari " city of gods". Immaginiamo lo
sguardo solerte ed indignato dei funzionari,
i commenti increduli, le telefonate roventi, le frasi concitate " come
si permettono" " li schiacciamo come insetti" " li voglio vedere
strisciare"" questa ce la pagano" Come non pensare all'espressione, in
quegli sguardi, in quelle parole, del
Potere umiliato che vuole riaffermare la propria forza secolare. Sono
sufficienti qualche articolo e qualche tg per gustare
la solita retorica che ogni potentato - da berlusconi alla chiesa - usa
contro la satira che lo colpisce: queste cose in un paese ( in una
sinistra ) civile non devono accadere!
Nei giorni successivi sentiamo il Manifesto scusarsi, più e più volte. I
redattori di City of Gods, da sempre sensibili e solidali con
chi subisce delle intimidazioni, spediscono una lettera in cui
si assumono ogni responsabilità. Questa viene pubblicata, contrariamente
alle promesse, tagliata nelle sue parti più critiche e
viene impachettata in una pagina di lettere e commenti veramente poco
dignitosi. Va bene la solidarietà ma se l'esercizio di ogni potere, a
destra come a sinistra, si tramuta in censura, e la voce grossa trova di
fronte a sé sguardi sempre abbassati, ci chiediamo, qual è il luogo da
cui ripartire per costruire una società differente senza che il luogo
stesso sia aperte del problema.
Fino a che ci saranno i precari e le precarie, fino a che ci sarà la
precarizzazione, ogni logo, ogni brand, ogni simbolo diventeranno
terreni di contesa, attraversamento e stravolgimento. Il perché è chiaro
e scritto nelle tante paroline che circondano l'opera di subvertising in
questione, nell'allegato autogestito del primo maggio precario, Mayday,
sul quotidiano più volte citato precedentemente.
(Avvertenza: le Parti in MAIUSCOLO sono quelle “tagliate” da Il Manifesto)
Gentile Redazione del Manifesto,
alla luce delle polemiche e delle prese di posizione che sono seguite alla pubblicazione dell'inserto di due pagine
sulla MayDay milanese all’interno del Manifesto del 1 maggio, in qualità di autori dei contenuti e delle pubblicità
ivi espresse, vorremmo ricordare che il subvertising è patrimonio del movimento e delle nuove forme di
comunicazione in un contesto di concentrazione e manipolazione dell'informazione crescente,
così come l'etica hacker si oppone alla privatizzazione dei saperi e dei
diritti di proprietà intellettuale.
In secondo luogo, il subvertising che ha come oggetto la Cgil, è ben accompagnato dal contenuto
ironico e di denuncia degli articoli riportati nelle due pagine che fanno da contorno, di cui ci assumiamo
la totale responsabilità.
E' necessario inoltre chiarire un equivoco. Non volevamo accusare di tradimento la Cgil, per
il semplice motivo che l'accusa di tradimento presuppone un cambiamento di posizioni e/o di
alleanze. La Cgil (e il governo di Centro Sinistra) sono stati invece coerenti, hanno molto parlato
di precarietà ma non hanno mai attuato misure concrete per dimostrare nei fatti di voler cambiare
la precarizzazione.
Gli esempi possibili sono numerosi e non c’è spazio per ricordarli
tutti. Si parte con l'approvazione del Pacchetto Treu e del lavoro
interinale. Questo dovrebbe riguardare solo i lavori di consulenza,
invece il lavoro interinale viene introdotto soprattutto nel settore
dell’artigianato, dell’edilizia e della metalmeccanica. Poi, abbiamo
la firma del contratto dei tessili del maggio 2004, la pantomima della
non accettazione della Legge 30, con la sottoscrizione della stessa
a livello locale grazie all’applicazione del decreto 848 che, guarda
caso, recepisce la legge 30. Per non parlare dell'accordo Atesia
anti-precari firmato nel 2006 e del costante tentativo di mantenere
salde le posizioni del lavoro garantito a spese dei precari e degli
esternalizzati. Dulcis in fondo, l’impossibilità per i precari di
diventare membri delle Rsu e quindi di essere direttamente presenti
al tavolo delle trattative (vedi il tavolo sul Welfare di Damiano,
dove i precari non ci sono e di precariato, infatti, non si parla).
Da questo punto di vista, la confusione che il subvertising
volutamente cerca, è uno strumento potente per svelare
l'incoerenza tra le dichiarazioni e le pratiche. E' l'inganno
che svela l'inganno, e non ci sorprende che la Cgil l’abbia presa
tanto male.
Vogliamo anche ricordare che la MayDay rappresenta, almeno dal punto di vista simbolico, il vero
1 maggio della condizione precaria, che è condizione strutturale, esistenziale e generalizzata.
E vogliamo ringraziare Il Manifesto per lo spazio che ci ha concesso, perché le due pagine del giiornale
del primo di Maggio sono state una delle poche occasioni per dar voce ai precari, che, non a caso,
per farsi sentire, hanno ideato e prodotto una free-press precaria, City of Gods.
Ribadiamo che il Manifesto non ha responsabilità alcuna sul contenuto delle pagine riprese da
City of Gods. L'unica sua responsabilità è quella di averci ospitato e di essersi comportato "democraticamente".
Elemento che, nel contesto dell'informazione attuale è ormai una rarità (un'opinione critica espressa dal Palco
di San Giovanni viene considerata alla stregua di terrorismo).
Forse, il Manifesto ha commesso un errore grafico, decontestualizzando una pubblicità che era conncepita
per una pubblicazione non ufficiale e dichiaratamente parodistica. Con Il Manifesto, infatti, ci eravamo
accordati per pubblicare l'intero City of Gods”, il free press precario. Poi, questioni di spazio hanno
consentito solo la comparsa di un'”assaggio” del nostro giornale.
Respingiamo qualsiasi tentativo di intimidazione. Siamo disponibili ad aprire un confronto con laa Cgil a
360 gradi, senza peli sulla lingua, sui contenuti e sulle critiche apparse su City of gods sulle tematiche della
precarietà, magari dalle pagine del Manifesto stesso.
Un’ultima precisazione. Non siamo né Cobas, né pazzi ma Agenti dell'Intelligence Precaria ee tra i
promotori della MayDay di Milano. Soprattutto siamo precari e incazzati, produciamo critiche e creiamo
politica attraverso strumenti e modalità differenti dall’usuale. D’altronde, diversamente da
Dolce & Gabbana e dalla Cgil non abbiamo inserzioni e abbonamenti da
far valere nell’arena informativa.
Agenti dell'Intelligence Precaria