Italia - 19.4.2007
Top Gun
Alle stelle l'export italiano di armi: 61 per cento in più
Tecnicamente viene chiamata 'tendenza espansiva'. O 'vitalità del settore'. In
parole povere, l'export di armi italiano nel 2006 è cresciuto del 61 per cento
rispetto al 2005, con una quota di 2,19 miliardi di euro che rappresenta il
record degli ultimi vent'anni. A renderlo noto è la relazione preliminare del
governo sull'export delle armi resa nota al Parlamento all'inizio del mese.
Le promesse dell'Unione. Le esportazioni di elicotteri, missili, bombe e via
dicendo, hanno fatto segnare un incremento anche nelle autorizzazioni alle
trattative contrattuali rilasciate dallo stesso governo: 2.192 rispetto a 1.929
nel 2005 e 1.815 nel 2004. Non è detto che tutte le trattative si concretizzino
nella stipula di contratti, ma gli analisti sono concordi nel ritenere che,
sempre in termini tecnici, 'si è estrinsecato un ritrovato dinamismo in un
ambito internazionale caratterizzato da una elevatissima concorrenza'.
L'ottimismo degli economisti - e dei produttori - si scontra con la delusione
di quanti hanno votato il governo Prodi pensando ad un cambiamento di rotta
rispetto al precedente esecutivo, anche alla luce del programma elettorale, con
il quale l'Unione si impegnava, "nellambito della cooperazione europea, a
sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti.
Impegni disattesi.
Le dieci 'sorelle'. Delle prime dieci aziende, infatti, sette fanno parte di
Finmeccanica, di cui lo Stato italiano è il principale azionista. Nelle
esportazioni l'Agusta fa la parte del leone, con 810 milioni di euro, seguita
da Alenia, Oto Melara, AVio, Lital, Selex Sistemi Integrati, Aermacchi, Alcatel
Alenia, Iveco e Galileo Avionica. Gli armamenti italiani hanno come destinazione
gli Stati Uniti, che con l'acquisto del 'Marine One', ovvero l'elicottero
presidenziale fornito dall'Agusta-Westland, coprono da soli il 38 per cento
delle esportazioni con un importo di 810 milioni di euro. Secondi sono gli
Emirati Arabi Uniti, che comprano armi italiane per 338 milioni di euro.
L'esperto. Francesco Vignarca, coordinatore della Rete per il disarmo, parla di
un aumento preoccupante. "Una preoccupazione - ha spiegato a PeaceReporter -
che deriva anche dall'aver scoperto che, mentre prima si credeva che dagli anni
'90 ad oggi ci fosse stata una discesa e una risalita dell'export, spiegata con
l'andamento del mercato, in realtà c'è stato un aumento continuo. Ciò a causa
di un errore nell'applicazione del tasso di inflazione. Poi, va considerata la
destinazione delle armi. Fatta eccezione per gli Usa, i destinatari sono
Emirati, Nigeria, India, Pakistan, Oman, Paesi poco stabili, che per loro
natura o per la loro legislazione non danno alcuna sicurezza che le armi
rimangano lì. La relazione del governo ci dice la destinazione delle armi di
grosse dimensioni, ma non parla di quelle leggere. Armi leggere,
apparecchiature di piccolo calibro e materiale tecnologico possono pertanto
essere 'triangolati', cioè partire da qui e arrivare in un Paese terzo, come
accadde due anni fa ai visori notturni della Galileo, che sono finiti in Iraq
passando per la Siria".
Banche 'armate'. Le banche sono da sempre al centro delle operazioni di vendita
di armi. Il ministero delle Finanze ha rilasciato il 6 per cento in più delle
autorizzazioni di pagamento, dando l'ok a 930 transazioni (erano 876 nel 2005).
Quasi la metà delle transazioni per le esportazioni definitive è stata negoziata
da due istituti di credito: Bnp Paribas (con il 19,47 per cento) e San Paolo-Imi
(con il 29,93 per cento). Quest'ultima ha triplicato il suo volume d'affari,
passando dai 164 milioni di pagamenti ricevuti nel 2005 a più di 446 milioni
nel 2006.
Luca Galassi
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