[Incontrotempo] NAPOLI MAY DAY 07. APPELLO

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Author: diabolik
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To: Ml di Incontrotempo
Subject: [Incontrotempo] NAPOLI MAY DAY 07. APPELLO







Appello di convocazione X la NApoli may Day 07
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Appello per la costruzione della Napoli May Day 2007

Scrivere un appello ai movimenti, ai comitati, ai collettivi, alle
associazioni, al mondo del lavoro e del "non lavoro" per costruire
insieme  la May Day Parade del primo maggio a Napoli: per un istante
abbiamo pensato  (sperato...?!) che bastasse copiarne qualcuno degli
anni scorsi... Non per  pigrizia. Non per ritualità.  Da diversi anni,
infatti, e attraversando molte città europee, la May Day  parade
rappresenta un esperimento consolidato di emersione delle domande,
delle identità e delle lotte presenti nel molteplice universo della
precarietà sociale e lavorativa. Costruzione di uno spazio comune che si
  misura continuamente con la sua stessa precarietà e col suo divenire.
  Ricerca di linguaggi e di pratiche, monitoraggio e valorizzazione di
quella  microfisica delle resistenze poste in essere dal lavoro vivo,
mentre viene  continuamente scomposto dal comando per riconnettersi poi
nella fabbrica  sociale.
  Precarietà e precarizzazione sono ormai largamente riconosciute come
le  cerniere che collegano le vecchie forme del lavoro, aggredite dal
liberismo,  depauperate del salario diretto e indiretto e perfino del
diritto alla  pensione, con le nuove realtà di lavoratori a tempo
determinato, in affitto  o interinali, contorsionisti della prestazione
a chiamata, operatori a  progetto, cognitari, studenti....  Figure senza
cittadinanza: un esempio per tutti è quello dei migranti, per i  quali
il lavoro è concepito giuridicamente come pura "sfruttabilità",
subalternità del diritto alle necessità della macchina produttiva.
Tutti soggetti che si trovano ormai di fronte alla necessità di
riscrivere  l'alfabeto dei bisogni e riconquistare quasi completamente
un proprio  statuto dei diritti.   Poco o niente è cambiato col
passaggio dal governo nazionale di una destra  liberista, populista e
inflazionista ad un centrosinistra liberista e  tecnocratico, pronto a
riproporre i feticci di Maastricht e del debito per  continuare con
l'opera di demolizione del welfare state. Entrambi brillano
nell'assoluta mancanza di proposte per tutelare le nuove realtà sociali
e  lavorative.
  La stessa proposta di “flexurity”, spacciata come riforma contro  la
precarietà, sta invece dentro la deregolamentazione del mercato del
lavoro: si vuole rendere accettabile la flessibilità coprendo con un
misero  sussidio di cittadinanza alla campana il periodo tra un lavoro
ed un altro.  Un ipotesi che al sud in particolare non coprirebbe
alcunché e tanto più  pericolosa, se venisse utilizzata come merce di
scambio per la riforma  pensionistica e la libertà di licenziamento.
Perciò il mondo dei precari ha cominciato a far da sè!
"Reclame the Money" ("Reclama Reddito") è diventata negli anni una
rivendicazione sempre più riconosciuta, che prova ad attraversare le
aspettative del lavoro diffuso e di quello negato. Reclama reddito,
lavoro o  non_lavoro, e insieme i diritti alla salute, ai saperi, alla
libertà di  movimento, all'abitabilità, all'accesso e alla comunicazione.
  E' cresciuta inoltre la consapevolezza che di fronte a modelli di
profitto  così aggressivi verso il pianeta, la precarietà del reddito e
del lavoro si  rifletta nella precarietà dell'ambiente e della salute.
  Importanti mobilitazioni locali e nazionali, così come la pratica
dell'azione diretta (autoriduzioni, blocchi ecc), hanno amplificato
queste  battaglie sul piano simbolico e della comunicazione e contro di
esse si è  scatenata una repressione rapida e feroce con processi penali
contro  centinaia di precari e di precarie.   Perfino l'empasse con cui
questi movimenti si misurano rappresenta una  questione aperta ma non
certo sconosciuta: la difficoltà ad agire pienamente  il nuovo spazio
pubblico europeo, il problema di associare continuità e  cooperazione
alla forza dei conflitti simbolici e puntuali, la necessità di
ricomporre movimenti "senza centro" con dispositivi di reciproco
riconoscimento e mutualità tra le lotte territoriali...
Eppure fra le mille ragioni per aggiornare collettivamete questa
riflessione, una ci è sembrata più pressante delle altre: è
l'accelerazione  precipitosa e particolare che questi processi stanno
vivendo a Napoli!  Innanzi tutto l'informalizzazione delle relazioni
economiche, dei  dispositivi sociali e abitativi ha una preponderanza
sui segmenti urbani più  "tradizionali" che ha pochi eguali in tutto
l'occidente. Un processo di  deregulation vertiginoso ma senza tutele,
come attesta la cifra ormai  "fossilizzata" del 60% di disoccupazione
giovanile "ufficiale"!   In questo contesto si sviluppa la crescita di
una violenza non solo  verticale, ma anche orizzontale tra i ceti
subalterni. Una realtà che non si  può ridurre, come spesso viene fatto,
alla presenza delle bande armate  dell'economia extra-legale o alla
speculare militarizzazione poliziesca, che  pure soffocano le
potenzialità di una riscossa sociale effettivamente  consapevole.
C'è un reale disastro sociale con cui fare i conti!   L'inflazione degli
ultimi anni, malamente camuffata dall'arrivo dell'euro,  ha
vertiginosamente aumentato la precarietà sociale ed esistenziale
(affitti  delle case cresciuti di otto volte in dieci anni, ventimila
mutui abitativi  abbandonati solo nell'ultimo anno). Politiche insieme
liberiste e  clientelari, come nella gestione della sanità pubblica,
stanno facendo il  resto. L’ assenza di una seria e continuativa
programmazione di spesa  sociale, il taglio di servizi ed il
peggioramento delle condizioni di lavoro  degli operatori sono la
cartina di tornasole dell’effettivo impegno  istituzionale.   Sul piano
imprenditoriale, l'aggressione speculativa al territorio e ai beni
comuni (a partire dall'acqua ) sembra diventata l'unica opzione per
rendite  sempre più parassitarie.
Di fronte a questa realtà che non riesce nè a rappresentare nè ad
afferrare,  il ceto politico locale, impegnato nel più tranquillo
naufragio che si  ricordi, sembra preoccupato soltanto, e
paradossalmente, di conservarsi. E  di fare affari... Incurante della
delegittimazione sociale, sordo ai  conflitti sempre più virulenti. Come
nel caso dello smaltimento dei rifiuti,  in cui il governo locale e
quello nazionale sono stati incapaci di costruire  soluzioni condivise,
fuori dall'influenza delle ecomafie e del grande  capitale. Il
cosiddetto “piano rifiuti”, compromesso tra improvvisazione e
speculazione, è ridotto alla programmazione di una lunga lista di stupri
  ambientali da Acerra a Serre, dal Lo Uttaro al Vallone di San Rocco.
Si costruiscono così continui diaframmi rispetto ai cittadini,
espropriati  di ogni ruolo decisionale. Una condizione forse abituale
per chi è  storicamente sottomesso alle servitù militari NATO ed alla
crescente  militarizzazione del territorio (ultima clamorosa notizia la
conferma che il  porto di Napoli è sistematicamente utilizzato dai
sommergibili nucleari,  nell'ignoranza di tutta la popolazione). Ma
anche un laboratorio della  globalizzazione liberista: Napoli e la
Campania sono diventate un avamposto  europeo nei processi globali di
privatizzazione del potere pubblico.  Commissariamenti, privatizzazioni,
esternalizzazioni sono alcuni dei  dispositivi di governo che
deresponsabilizzano politicamente la classe  dirigente e ne appaltano o
nascondono le funzioni. Dal commissariamento  regionale sui rifiuti ai
tentativi di privatizzazione dell'acqua, dalle  società di
trasformazione urbana (STU) all'esternalizzazione delle funzioni
amministrative. In quasi tutte le funzioni di governo del territorio i
cittadini devono interfacciarsi con consigli d'amministrazione di
soggetti  privati o di società miste. Il Comune, la Provincia, la
Regione, si  propongono sempre più come renditieri "irresponsabili"
dell'attività di  queste società. E' la strada condivisa dal DDL
Lanzillotta e dal governo  Prodi.   Particolarmente grave in questo
contesto è l'appalto ad un'aggressiva  azienda privata, la Gest-Line, di
tutti i crediti amministrativi. Una sorta  di usura legalizzata con cui
si pensa di occultare la rimozione del welfare  informale che in questi
anni ha tamponato la totale assenza di una politica  di sostegno ai
redditi.
A Napoli e in Campania, insomma, la questione democratica coincide più
che  mai con la questione sociale!    Fuori e contro questi comitati
d'affari, che attecchiscono ormai in ogni  partito, i territori hanno
visto fiorire forme di mobilitazioni dal basso,  comitati di quartiere,
assisi democratiche e reti per la difesa dei beni  comuni (l'acqua, il
territorio, la salute, la scuola, l'accesso ai saperi,  l’abitabilita’)
che hanno affiancato le lotte più tradizionali dei precari e  dei
disoccupati.   Dai nuovi fermenti dell'università e del precariato
cognitivo alle  resistenze contro la devastazione del territorio, dalle
lotte dei  disoccupati “storici” a quelle dei lavoratori della Ergom e
dell’Alfa/Avio  contro i processi di ristrutturazione selvaggia: queste
vertenze vivono,  purtroppo, in una inefficace separatezza mentre
cercano ancora un linguaggio  condiviso, un comune tessuto connettivo.
Per una presa di parola forte che  si faccia finalmente cambiamento
politico!  Per questi percorsi l'organizzazione della May Day 2007 è la
possibilità di  attraversare uno spazio comune in cui annodare i tanti
fili che si stanno  già tessendo e per tesserne di nuovi. Per
sperimentare una narrazione  collettiva che vada oltre l'occasione e
prosegua lungo i percorsi di  movimento e di autorganizzazione a
cominciare dal prossimo appuntamento del  19 Maggio a Napoli indetto
dall’Assemblea Popolare di Serre, in difesa della  salute e
dell’ambiente e contro la logica dell’incenerimento dei rifiuti.   Per i
movimenti italiani la Napoli May Day 2007 è un potenziale snodo perché
continui a crescere quella cooperazione tra i precari e le precarie che
  sovverta la miseria del presente. Ed è anche un punto di verifica:
nella costruzione asimmetrica del nuovo spazio pubblico europeo e
mediterraneo, Napoli col suo laboratorio di contraddizioni, di
conflitti, di  globalizzazione informale e liberista, rappresenta una
parte di quel "futuro  di sotto" con cui è necessario misurarsi per
conquistare un altro mondo  possibile!




Precari e precarie Napoli May Day