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From: csaintifada 
To: intifadaSent: Thursday, April 05, 2007 2:10 PM
Subject: [ez:] DI RITORNO DAL GLOBAL MEETING....
DI RITORNO DAL GLOBAL MEETING.
Il 30-31 Marzo ed il 1° Aprile si è tenuto, al Centro Sociale Occupato 
Rivolta di Venezia, il Global Meeting. L'incontro è stato globale a 
tutti gli effetti: erano presenti compagni e compagne da ogni angolo del 
mondo, dall'America (sia latina che del centro e del nord), dall'Asia 
(particolarmente illuminante l'intervento dell'intellettuale Wang Hui che 
ha descritto molto bene la situazione tumultuosa del "sub-impero" 
cinese), dalla regione mediorientale ed ovviamente da tutta Europa. Erano 
perciò rappresentate gran parte delle lotte, delle conflittualità, delle 
resistenze dei movimenti che si oppongono al nuovo ordine mondiale 
governato da una "monarchia" statunitense in crisi, ma non disposta a 
lasciare lo scettro tanto facilmente. 
Il corposo ed elevato dibattito che si è sviluppato in questa tre 
giorni è partito, infatti, dalla constatazione della crisi 
dell'unilateralismo USA, causata dalle varie resistenze disseminate nel globo, a cui le 
classi dominanti stanno rispondendo con una riarticolazione formale del 
comando che ha preso il nome di multilateralismo. Di fronte ad esso - 
che certa sinistra vuol far passare come una forma più umana e 
democratica di gestione del potere, ma che invece per noi è solamente una nuova 
configurazione della governance, più subdola ma ugualmente distruttiva 
ed opprimente visto tra l'altro che ha perso completamente ogni 
connotato neo-keynesiano - i movimenti devono saper contrapporre una nuova 
fase del conflitto. Il ciclo di lotte partito da Seattle nel 1999 si è 
concluso con le mobilitazioni contro la guerra in Iraq del 2003; ora 
dobbiamo ripartire. Per farlo la formula che è stata proposta è quella 
pattizia: le varie realtà in movimento e di movimento che hanno difeso la 
loro totale autonomia dai partiti e dai governi che tentavano di 
inglobarle, si sono impegnate a stipulare dei patti di lotta su obbiettivi 
comuni che hanno la funzione, oltre a quella di fomentare conflitto, di 
identificare un'area, un terreno condiviso in cui sviluppare il processo 
costituente della moltitudine, la produzione di soggettività. Il 
percorso è complesso, non lineare, non supportato da un'ideologia organica, ma 
questi sono limiti che possono trasformarsi in aspetti positivi se 
riusciamo a cogliere nella sua interezza le potenzialità dei nuovi 
movimenti. Dobbiamo avere il coraggio di superare le vecchie categorie e 
reinventarne di nuove, non frutto - certo - della nostra fantasia ma 
dell'analisi dell'idealità e delle metodologie che hanno assunto le battaglie 
sociali e di difesa del territorio di oggi.
Il fatto da rilevare e per noi ben augurante per il futuro, è che 
questa descrizione della fase attuale, qui riassunta per sommi capi, e le 
proposte per superare l'impasse dei movimenti formulate dai primi 
relatori del venerdì mattina, sono state accolte dalla stragrande maggioranza 
dei presenti. Ciò è avvenuto non per cooptazione ideologica, ma perché 
i termini con cui il capitale globale esercita il suo dominio sono gli 
stessi in tutto il mondo ed anche le resistenze che i popoli pongono in 
essere in America sono le medesime di quelle europee o asiatiche. 
Certamente ogni paese, ogni continente, ogni lotta ha le sue caratteristiche 
peculiari ed i contesti socio-economici-politici cambiano da regione a 
regione, ma in tutti i partecipanti al Global Meeting c'era la 
consapevolezza di essere di fronte ad un cambiamento epocale della struttura 
del capitale che, globalizzandosi ed esplicitandosi dovunque con nuove 
forme di sfruttamento, deve avere una risposta adeguata dalle 
soggettività ribelli del pianeta. Anche l'assemblea tutta italiana della domenica 
pomeriggio, presenti i portavoce delle varie popolazioni in lotta del 
paese (Val di Susa e Vicenza su tutte), ha ribadito la propria 
disponibilità ad iniziare un percorso con queste coordinate.
In questa ricerca delle nuove istituzioni della moltitudine, in questo 
percorso che si è raffigurato con la formula di "esodo costituente", il 
ruolo dei Centri Sociali, per quanto riguarda quel pezzetto d'Europa 
chiamato Italia, è quello di essere il centro territoriale di 
ricomposizione dell'intera forza lavoro sociale. Se è l'intera vita che è entrata 
in gioco, se la forza lavoro (sempre più precaria ed immateriale) si è 
molecolarizzata e non è più sindacalizzabile nelle forme del 
sindacalismo novecentesco, i Centri Sociali devono cercare di ricomporre il 
lavoro sociale e di riaprire il dibattito e l'interazione con e su tutte le 
forme della vita per riportarle a dimensioni politiche. Il lavoro è 
arduo, duro e dai tempi indefinibili, ma il dovere di compierlo è 
sacrosanto perché le conflittualità del XXI secolo lo richiedono a viva voce.
CSA INTIFADA 
www.ecn.org/intifada
         
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