Autore: massimiliano.piacentini@tin.it Data: To: forumlucca Oggetto: [Forumlucca] 16 anni
TORMENTATO A SCUOLA: «SEI GAY». SI UCCIDE
Torino, il ragazzo si è
accoltellato e poi si è gettato dal quarto piano. La madre del 16enne:
avevo protestato con la preside, ma non è cambiato niente
giovedì 05
aprile 2007 , di il Corriere della Sera
TORINO - «Sei come
Jonathan. Ti piacciono i ragazzi, sei gay…». E giù battute e parolacce.
Forse i suoi compagni non capivano fino in fondo quanto lo ferivano con
quelle frasi, ma per Marco, 16 anni, seconda superiore in un grande
istituto tecnico, quel tormentone durato un anno e mezzo è stato
troppo. E martedì ha deciso di farla finita: prima una coltellata
mirata al petto, poi il volo dalla finestra di casa, al quarto piano di
un quartiere residenziale. All’ospedale, per qualche ora, i medici
hanno tentato di rianimarlo,ma è stato inutile. Marco è morto e ora la
Procura si accinge ad archiviare il caso: non ci sono dubbi, è stato un
suicidio. A provarlo c’è anche una lettera che racconta ogni dettaglio
nel linguaggio ironico e agrodolce degli adolescenti. E una
conclusione: «Non ce la faccio più».
La madre di Marco, Luisa (i nomi
sono di fantasia) è arrivata in Italia più di vent’anni fa dalle
Filippine. Ha lavorato e lavora come collaboratrice domestica, ha
sposato un agricoltore italiano che vive poco lontano da Torino e dal
quale è separata, e da lui ha avuto tre figli di 17, 16 e 13 anni.
Marco era il secondo, quello che le dava più soddisfazioni con i
risultati a scuola: «I problemi — racconta ora la donna, tra le lacrime
— sono cominciati più di un anno fa, in prima superiore. Mio figlio era
dolce, sensibile, non alzava mai la voce, non partecipava a certi
giochi e non litigava con nessuno. I compagni l’hanno preso di mira, ce
l’avevano con Jonathan, quello del Grande Fratello. Era un modo per
dirgli che era gay, poi aggiungevano altre cose… ».
Luisa non è stata
a guardare, dopo aver parlato a lungo con suo figlio ed essersi fatta
raccontare nei dettagli quello che succedeva a scuola, è andata nell’
istituto frequentato dal figlio, ha chiesto e ottenuto di incontrare la
vicepreside che diMarco era anche insegnante. E per un po’ le cose sono
andate a posto, almeno in apparenza. «La signora ci ha parlato di
questi problemi già nell’inverno dell’anno scolastico 2005-2006. Ha
avuto un lungo colloquio con noi, al quale sono seguiti rimproveri da
parte nostra ai compagni che avevano schernito Marco», conferma la
dirigente scolastica dell’istituto, uno dei più antichi e prestigiosi
della città. «Purtroppo — prosegue — a questa età, succede spesso che
la sensibilità di un ragazzo non sia compresa dagli altri, ma non c’era
alcun bullismo né l’intenzione di far male, solo degli sciocchi scherzi
involontariamente crudeli. Da quel momento, per noi non c’è stato più
alcun segnale di disagio né da parte del ragazzo né della famiglia».
La preside ricorda perfettamente quel ragazzino magro, silenzioso e
studioso: «Marco andava bene a scuola, aveva 7 e 8 in tutte le materie
e 10 in condotta. Pensandoci oggi, la sua sensibilità poteva anche
nascondere una grande fragilità, ma qui a scuola si traduceva
soprattutto in studio e rispetto delle regole. Siamo sconvolti,
addolorati, abbiamo parlato con la mamma di Marco da poco e siamo a
disposizione per chiarire ogni dettaglio che possa servire a
ricostruire questa tragedia». A casa, a pochi isolati dalla scuola, dal
liceo e dalle medie frequentati dagli altri due figli, Luisa non sa
darsi pace e ricorda quegli scherzi pesanti, che quest’anno erano
ricominciati: «Gli dicevo: "Marco, stai tranquillo, non hai nessun
problema, fai amicizia con i compagni, esci…". Ma lui non riusciva a
seguire i miei consigli, dopo la scuola tornava subito a casa, giocava
al computer o ci metteva dentro i suoi dvd. A volte piangeva, poi mi
diceva: "Mamma, non è nulla, è passato". Lo spingevo fuori perché
frequentasse la piscina, due volte alla settimana lo faceva… ».
Lunedì mattina, Marco è uscito alle 8 come al solito, ma poi ci ha
ripensato ed è rientrato a casa: «Non voglio andare a scuola, mamma,
sono stanco, lasciami riposare». Era così bravo, i suoi voti era così
alti che la signora Luisa non si è preoccupata. Martedì mattina Marco
ha rassicurato la madre: «E' tutto a posto, ripasso la lezione e vado a
scuola, vai a lavorare tranquilla ». L’ha lasciata uscire, poi si è
ucciso. In quella lettera che ora è in mano ai carabinieri il suo
ultimo, disperato, atto di accusa.
Vera Schiavazzi
05 aprile 2007
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ANCH'IO VITTIMA DI BULLISMO ANTIGAY
La testimonianza di un 18 enne.
Gaynews fa appello ai lettori perchè ci raccontino la violenza subita a
scuola
giovedì 05 aprile 2007 , di La redazione
Pubblichiamo la
testimonianza di Marco F. uno studente romano diciottenne vittima di
bullismo fin dalle elementari. Invitiamo i lettori vittime di bullismo
antigay ad inviarci la loro testimonianza(segreteria.grillini@gmail.
com)
Stefano Bolognini
Redazione Gaynews.it
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Mi chiamo Marco
F., ho 18 anni, e voglio vuotare il sacco, per la prima volta.
Fin
dalle elementari sono stato chiamato con appellativi dispregiativi,
come "frocio" o "checca".
I miei compagni, ignari ma perfidi, mi
sottoponevano per la mia diversità caratteriale (ero considerato troppo
dolce), per il mio disamore verso il calcio (per loro era impossibile
che non mi piacesse), per il fatto che non mi lasciassi coinvolgere
nelle loro stupide iniziative o giochi, a scherzi e improperi, fino a
tentativi di denudarmi in pubblico per accertarsi della mia
sessualità.
Per la mia timidezza, le maestre non si sono mai accorte
di tutto questo e l'unica volta che ho reagito con violenza a questi
comportamenti, dando per difesa un calcio ad un mio compagno, mi hanno
difeso, ma non sono riuscite a comprendere il gesto di quel bambino che
non aveva mai alzato le mani verso qualcuno.
Con il passaggio alle
scuole medie, il clima intimidatorio non è cambiato, anche perchè
alcuni vecchi compagni delle elementari avevano influenzato quelli
nuovi, portandoli a fare quello che loro facevano.
Un bambino di 11
anni non riesce a razionalizzare le proprie propensioni sessuali,
quindi continuavo a subire passivamente, anche se la mia progressiva
crescita psicologica faceva sì che le mortificazioni fossero solo
verbali, grazie fortunatamente ad un maggiore controllo a cui vengono
sottoposti gli alunni alle scuole medie.
Sia per la scaltrezza dei
miei compagni a non pronunciare certe frasi in presenza degli
insegnanti, sia per una certa tendenza al menefreghismo che
caratterizza parte del corpo docente, ho dovuto continuare a
"difendermi" da solo, perchè provavo vergogna oltre ad un po’ di
orgoglio, a raccontare questi fatti agli adulti.
La parte peggiore
della vita scolastica era l'ora di educazione fisica, quando ci
dovevamo recare allo spogliatoio.
Lì, forti del fatto che nessuno li
potesse sentire, si lasciavano andare alle battute più oscene,
ipotizzando l'inesistenza del mio sesso fino all'omosessualità di mio
padre.
Uno degli episodi peggiori, consumatosi stavolta in aula, è
stato quando, mentre la “prof” di scienze spiegava il sistema
respiratorio, alcuni compagni, sempre di sesso maschile, si sono
avvicinati per accertarsi se la mia respirazione fosse addominale o
pettorale, cioè maschile o femminile.
Naturalmente, dall'insegnante
nessuna reazione.
Con il passaggio alle superiori, il cambiamento
radicale delle persone, anche per quanto riguarda l'estrazione sociale,
e una maggior consapevolezza sia mia che altrui delle questioni legate
all'omosessualità, il clima, si è leggermente disteso, anche se
inizialmente mi erano stai comunque affibbiati gli stessi appellativi
che mi incollato negli anni precedenti.
Ora sono dichiarato con
qualche compagna e il mio compagno di banco e va molto meglio.
Non ho
mai pensato al suicidio, non l'ho fatto perchè ho un carattere forte e
ho imparato a non curarmi delle opinioni altrui anche se questo
obiettivamente mi a portato ad essere un po’ isolato.
Oggi si è ucciso
un mio quasi coetaneo a Torino.
E' il gesto estremo di una persona
che non è stata capita e aiutata.
Per la sua gentilezza ed educazione,
qualità che spesso si percepiscono come disvalori, è stati preso di
mira.
Provo un profondo disprezzo verso le persone che lo hanno
portato a fare quel gesto ed estrema solidarietà verso di lui e la sua
famiglia.
So purtroppo che questi non sono sentimenti che cambiano le
cose.
La scuola non può fare molto. Molte delle iniziative che da essa
vengono promosse sono completamente ignorate dagli alunni.
Servirebbero iniziative rivolte non a noi giovani, ma agli adulti
perchè si facciano carico di indirizzare i propri figli (noi!) alla
tolleranza.